Si respira aria di Guerra Fredda. Ieri, venerdì 2 agosto, il segretario di stato americano Mike Pompeo ha annunciato il ritiro degli Stati Uniti dal Trattato sulle Forze Nucleari Intermedie (INF).
Il trattato in questione venne siglato nel 1987, due anni prima del crollo del muro di Berlino che sancì il termine della Guerra Fredda. I firmatari, Gorbachev e Reagan, si accordarono per l’eliminazione di tutte le testate nucleari a corta e intermedia gittata. Grazie a questo storico accordo vennero disattivati i missili americani Perishing 2, schierati in Germania occidentale, Italia e Olanda; ma anche i missili balistici targati URSS in Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria.
L’accordo, sopravvissuto al crollo dell’Unione Sovietica, era stato ereditato dalla Russia che, alle prese con la ricostruzione nazionale, aveva tutte le ragioni per rispettarlo e, soprattutto, farlo rispettare. Le prime difficoltà sono infatti emerse negli ultimi dieci anni, con la rinnovata espansione dell’influenza russa sul continente europeo; ma anche a causa dello sviluppo cinese, una superpotenza che, essendo esclusa dal trattato, può avvalersi di vantaggi bellici piuttosto consistenti.
La fine del trattato rischia inoltre di avere drastiche conseguenze per il continente europeo che, nuovamente, rischia di trovarsi in prima linea nel rinnovato scontro dal nostalgico sapore di Guerra Fredda tra l’America di Trump e la Russia di Putin.
Lo scoppio delle tensioni, però, non è colpa del Tycoon. Risale, bensì, all’amministrazione Obama.
Già nel 2014, in piena crisi crimeana, infatti, Barack Obama aveva mosso pesanti accuse alla Russia. In particolare quella di aver sperimentato un missile nucleare da crociera proibito dal trattato. Le accuse non sono state provate in alcun modo e, tutt’oggi, non esistono prove a sostegno di un’effettiva violazione del trattato da parte dei russi. Sarebbe tuttavia ingenuo non collocare questo sospetto della Casa Bianca accanto ad altri fatti accertati.
Da una decina d’anni, infatti, la Russia ha ricominciato a progettare e costruire armamenti altamente tecnologici. Una corsa agli armamenti che il Cremlino giustifica con la necessità di combattere il terrorismo islamico ma che, di fatto, ha sostenuto l’invasione della Crimea e il riemergere dell’influenza russa in numerose nazioni asiatiche ed europee. Non è dunque impensabile che, in uno scenario simile, la Russia possa aver violato il trattato in questione.
L’anno successivo, nel 2015, Obama annunciò, addirittura, che, davanti alla violazione del trattato, gli Usa stavano prendendo in considerazione la possibilità di spiegare nuove testate missilistiche in tutta Europa. Il remake a colori della Guerra Fredda diveniva dunque inevitabile. Per fortuna la Casa Bianca decise, alla fine, di non portare avanti un simile progetto che, sicuramente, avrebbe esacerbato le tensioni tra i due Stati ben oltre il limite consentito.
Nel 2018, però, Trump conferma il progetto.
Il Tycoon, infatti, nel suo rapporto di amore-odio con Putin, se da un lato si dimostra spesso pronto a perdonargli ogni tipo di marachella, dall’altro lato va su tutte le furie nel momento in cui viene messo in discussione il primato bellico a stelle e strisce. Nello stesso anno riesce quindi a convincere il Congresso a votare a favore di un programma di ricerca e sviluppo di nuovi missili da crociera.
Mosca, da parte sua, continua a negare di aver violato il trattato. Nello stesso tempo, però, accusa Washington di aver installato rampe missilistiche proibite in Polonia e Romania. Questo costante rimbalzare di accuse può fornirci un dato di semplice lettura. Pur non sapendo chi tra i due litiganti ha effettivamente violato il trattato, risulta evidente come esso sia ormai divenuto scomodo sia per la Casa Bianca che per il Cremlino. In questo anno, infatti, i due schieramenti fanno di tutto per trovare valide ragioni per sottrarsi al trattato, senza però passare dalla “parte dei cattivi”.
E’ anche necessario, per onestà intellettuale, spezzare una lancia in favore della Russia. Gli Stati Uniti, infatti, non rischiano niente dal termine del trattato. Le testate nucleari proibite non potrebbero in ogni caso raggiungere il suolo Usa. Al contrario, ogni base missilistica americana presente in Asia o in Europa potrebbe facilmente bombardare l’ex territorio sovietico. Il Cremlino avrebbe quindi ogni ragione per temere una sorta di “Crisi dei missili cubani” al contrario.
Le tensioni hanno continuato a crescere fino al 3 luglio scorso.
In questa data, infatti, i russi hanno deciso di sospendere il trattato. Divenendo di fatto liberi di produrre e armare le testate nucleari proibite. Oggi, esattamente un mese dopo, gli Stati Uniti decidono che la sospensione non è sufficiente e, uscendo dal trattato, ne sanciscono il termine effettivo.
Subito dopo la sospensione del trattato da parte dei russi, inoltre, la Casa Bianca ha avviato alcuni progetti per l’elaborazione di missili nucleari a raggio intermedio. La risposta russa non si è fatta attendere: “Se gli Usa porteranno i loro missili in Europa noi punteremo i nostri contro quelle Nazioni“, ha fatto sapere Putin.
In questa rinnovata Guerra Fredda, però, esiste un terzo attore: la Cina
Ad includere il Celeste Impero nello scontro è lo stesso segretario di stato Pompeo. Egli, infatti, accusa la Cina di star schierando, nei suoi confini, missili nucleari proibiti. Missili che potrebbero minacciare gli alleati Usa in Asia. Il fatto è che tale nazione non compare tra i firmatari del trattato e niente, in concreto, può impedirle di compiere simili azioni. La scelta degli Usa è dunque anche un modo per evitare che il rivale orientale possa contare su vantaggi bellici preclusi alla maggior potenza dell’occidente.
Il progetto di Trump relativo allo schieramento di nuovi missili nucleari, quindi, non mira a colpire solo il Cremlino. E’ anzi la Cina il vero e proprio avversario temuto sia dall’aquila a stelle e strisce che dall’orso russo. Si prospetta quindi un vero e proprio triello combattuto a colpi di testate missilistiche da schierare nei luoghi più strategici del mondo.
E l’Europa?
L’Unione Europea è ben conscia della sua debolezza sul fronte bellico, se paragonata alle tre potenze. Essa, insieme al Giappone e agli stati del Sud-est asiatico, ha infatti tutti gli interessi possibili per esorcizzare il rischio di una nuova corsa agli armamenti. Nel 2018 ha deciso di affiancare gli Usa nelle pesanti accuse contro la Russia. Il 21 dicembre 2018 ha addirittura bocciato in blocco, all’assemblea generale Onu, una risoluzione Russa che mirava ad istituire meccanismi di verifica e controllo per la preservazione del trattato.
Nel momento in cui i Russi hanno deciso di sospenderlo, però, l’Unione ha subito fatto un colossale passo indietro, chiedendo alle nazioni firmatarie d’impegnarsi per la preservazione dello stesso. Un appello ritardatario a cui nessuno ha dato ascolto e che non è stato in grado d’impedire l’abbandono da parte degli Stati Uniti.
L’insicurezza europea, di fatto, rischia di spalancare le porte ad una nuova Guerra Fredda in cui Usa e Russia potrebbero tornare a decorare l’intero continente con testate nucleari sempre più pericolose.
Andrea Pezzotta