La Nato: settant’anni di storia al bivio

Uscire dalla Nato è l’annuncio più importante fra quelli della campagna di Trump

Ma adesso fra gli Usa e gli alleati europei torna il dialogo

Ripercorriamo brevemente la storia della Nato e delle relazioni fra le due sponde dell’Atlantico

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La Nato al centro dei colloqui fra Pence (Usa) e Tusk (Ue)

Donald Trump in campagna elettorale ha più volte minacciato gli alleati europei: se non avessero aumentato il proprio impegno nella Nato, gli Usa avrebbero deciso di ridurre il proprio, e in definitiva di scioglierla.

La Nato è una struttura politico-amministrativa e diplomatico-militare( tutte queste cose insieme) di proporzioni gigantesche.
E se esiste, se è nata e se continua a funzionare, ciò si deve soprattutto all’impegno americano.

Ciò non toglie che all’origine la Nato fosse stata la risposta ad una domanda (quasi una supplica) degli europei occidentali nei confronti del potente alleato di Washington.

Né essa può essere considerata uno strumento dell’imperialismo americano nei confronti dei propri soci minori (come ad un certo punto invece venne considerata l’organizzazione simmetrica, chiamata Patto di Varsavia, da parte dei soci minori dell’Urss).

Peraltro, la domanda di stanziare per il settore militare una spesa pari almeno al 2 % del Pil, non è nuova da parte degli Usa.
Obama durante il proprio mandato è stato meno eclatante, ma non meno insistente in questa richiesta.

Con risultati modesti, visto che a tutt’oggi nessun paese dell’area Euro rispetta quel parametro.
E solo Gran Bretagna e Turchia, fra i tutti i soci della Nato – all’infuori degli Usa, va da sé.

Insomma, la retorica di Trump, in questo ambito più che in ogni altro, va considerata in un’ottica di lungo periodo.

La Nato: la difficile relazione fra Usa ed Europa

La storia può darci una mano a impostare qualche riflessione in merito.

L’identità americana, come già ho avuto modo di scrivere, si basa sul principio di non ingerenza, per non dire di autentica ritrosia, nei confronti di un coinvolgimento nelle contese europee.

E per molto tempo, furono sempre di più gli europei a cercare di condizionare la politica americana, del contrario.

Le cose cambiano davvero solo con la prima guerra mondiale: neutrali e persino poco benevoli verso britannici ed alleati, gli Usa finirono per entrare in guerra al fianco dell’alleanza occidentale contro tedeschi e soci.

Terminato il conflitto, constatata la non rispondenza piena dei trattati di pace ai progetti espressi dal presidente dell’epoca, Wilson, gli Usa smobilitarono e abbandonarono ogni impegno su questo continente.

Certo è che, mentre prima dello scoppio delle ostilità essi erano debitori netti nei confronti delle economie europee, dopo il 1919 erano diventano creditori.
Infatti, gli Usa vantavano i prestiti che avevano concesso ai propri alleati – oltre al contributo militare, limitato, ma soprattutto quello psicologico, che decise il conflitto.

La crisi del ’29 e le contraddizioni dell’isolazionismo a stelle e strisce

Anzi si può sostenere che gli Usa contribuirono scientemente a disarticolare il quadro generale dell’Europa, indebolendo e disgregando gli Imperi che la controllavano – mediante la proclamazione del principio di nazionalità per cui “ogni popolo deve avere un suo Stato”.
Ottenuto di disgregare e di ridurre all’indebitamento le antiche potenze europee (che avevano cominciato cominciato a massacrarsi di propria spontanea iniziativa) gli Usa rimasero ad aspettare che il dominio cadesse nelle proprie mani senza fatica.
Invece, il sistema finanziario americano, incardinatosi a quello disastrato dell’Europa, dopo un decennio di effervescenza finanziaria precipitò nel caso con la crisi del ’29 (originata dall’insolvenza delle banche europee).

La successiva ascesa dei fascismi costrinse alfine gli Usa a tornare in forze sul Continente – benaccolti dagli europei.

Questa volta rimasero.
Ma fra il 1945 e il 1947 l’esercito americano aveva quasi del tutto smobilitato (operazione Magic Carpet chiamata non a caso).
Poi gli inglesi fecero presente che non avrebbero potuto assicurare il controllo dei territori loro affidatigli, di fronte all’insorgenza dei movimenti comunisti.
Anzi, come pare abbia detto Montgomery, comandante dell’alleanza degli eserciti europei occidentali “non ho le forze per difendere la punta estrema della Bretagna per più di quarantott’ore”.

La difficile situazione del 1947

Insomma, l’Europa nel 1947 fronteggiava il rischio di una carestia e i movimenti comunisti, quindi Mosca, ne avrebbero saputo approfittare.

Dall’ altro lato, gli Usa si trovavano invece di fronte ad una crisi di sovrapproduzione – caratteristica dell fase di uscita da una grande guerra – e quindi di una nuova recessione : prevista da Samuelson.

La soluzione furono il Piano Marshall e la Nato, messe in opera di lì al 1949.

Superata la fase di più acuto confronto con il Blocco rivale (entro il 1951 probabilmente) la Nato rimase in campo come presidio e monito nei confronti dei sovietici, qualora avessero tentato blitz.

La vittoria le arrise senza necessità di un confronto letale.

Nella Nato, in sostanza gli Usa mettono gli armamenti più tecnologici, risorse finanziarie, e più di tutto il potenziale nucleare.
Gli alleati, le truppe convenzionali (comunque sempre inferiori a quelle del Patto di Varsavia).

Il non detto della politica europea e della retorica sull’imperialismo americano

In sostanza, c’è un non detto nella discussione politica italiana ed europea del dopoguerra.
Gli Americani pagano un sacco di soldi per la nostra difesa.
Mentre noi Europei abbiamo investito risorse enormi nello Stato sociale, gli Americani lo hanno fatto nell’ambito militare – il che peraltro gli ha conferito un notevole vantaggio sul piano del progresso tecnologico, ma determinando maggiore stress della popolazione inquadrata in un sistema molto più competitivo.

Il controllo della schiacciante supremazia sul piano dell’arsenale nucleare rende ovviamente gli Usa i veri padroni della situazione.

Aldilà della cortina di ferro, infatti,  rimaneva sempre la minaccia dell’orso Russo, per cui la libertà europea era sempre relativa : un caso come quello di Moro sembra tutt’oggi eloquente.

Dagli anni 60, comunque, la risalita economica e commerciale europea determinò ulteriori difficoltà nella bilancia dei pagamenti americana.

Quando poi De Gaulle e la Francia agitarono la minaccia di uscire dalla Nato e di avviare un dialogo con l’Urss – un bluff – gli Usa decisero di compensare questo squilibrio esportando inflazione all’estero, grazie al fatto che erano gli unici ad aver un reale e pieno controllo della propria moneta, che lasciarono svalutarsi.

Ciò accadde a causa dell’enorme quantità di spese che il Tesoro americano affrontò, sommando l’impegno in Vietnam con l’edificazione di un programma sociale anche negli States, sulla falsariga degli europei.

Questa situazione era già traballante negli anni 70-80, ma si è trascinata fino ad ora.

Non che gli Usa abbiano rinunciato ad indurre gli alleati europei ad aumentare il proprio contributo nella Nato – ma come ho detto, senza grandi risultati.

Quale futuro per una Europa che ha scelto la pace?

D’altronde, l’Europa del benessere che abbiamo conosciuto è anche e soprattutto l’Europa che ha rinunciato alla guerra, a seguito dei due massacri del 900.

Peraltro, non dimentichiamolo, se la Nato esiste in questa forma – cioè separata dalla Ue, e quindi non concepibile come braccio armato della sovranità europea, ma magari come longa manus dell’Impero americano al di qua dell’oceano – se è così è “colpa” di noi europei.

Meglio ancora, dei soliti francesi, che sognando di potersi mantenere come grande potenza autonoma, nel 1954 all’ultimo secondo mandarono a rotoli il progetto per la Ueo, cioè l’esercito europeo occidentale.
Per cui, la Nato come la conosciamo rimase l’unica struttura possibile.

Nel 1954, contestualmente, i francesi stracciarono anche la Costituzione europea appena redatta.

Continuò così la storia di una Comunità europea, fondata sulla progressiva integrazione economica, e non politico-diplomatico-militare.

Fino alle varie crisi finanziarie e all’Euro – germanocentrico.

Per ragioni in parte diverse, ma solo in parte, nel 2005 i francesi hanno bocciato un nuovo progetto di Costituzione europea.

A seguito della crisi ancora in atto, quasi tutti i Paesi europei hanno operato tagli alle spese pubbliche, e quindi anche a quella militare.

Proprio mentre gli Usa, da una parte vivono analoghe traversie economiche, e dall’altro riflettono su come riconfigurare la propria strategia globale.

La Nato e la Ue ad un bivio

Insomma: gli Usa sono stufi di pagare per noi, anche perché ci considerano sempre meno importanti.
La loro tradizione non guarda all’Europa, ma alla Cina, va ripetuto.

E non a caso, ricordate l’intervista in cui Obama, qualche mese fa, ci dichiarava scrocconi, pigri ed avventati ?

Adesso il vicepresidente Usa, Pence, rassicura gli alleati che l’alleanza fra le due sponde dell’Atlantico è incrollabile, e che la Nato deve continuare.

Ma le questioni sul tappeto non si risolvono con una conferenza stampa e qualche tweet.

Trump o non Trump, la Nato è in crisi ( e in realtà lo è dalla fine della Guerra Fredda, non avendo più un vero “nemico” e quindi una prospettiva strategica)
e ha un destino incerto.

L’Ue, a maggior ragione che il più stretto alleato degli Usa, e maggiore potenza militare della Comunità, adesso ne è uscita – parlo della Gran Bretagna, che ha sempre remato contro la costituzione di un esercito europeo autonomo – deve riflettere seriamente su cosa fare da grande.

Un esercito è necessario, purtroppo, ma deve essere al servizio di uno Stato sovrano e democratico.

Ripetere la vicenda dell’Euro – una moneta svincolata dal controllo di uno Stato democratico – sarebbe inaccettabile.

Tanto più se le maggiori spese militari necessarie venissero messe in bilancio a fronte della carenza di interventi in ambito sociale e produttivo.

L’Ue può evolversi, o può morire : di sicuro, non deve trasformarsi in un Impero.

ALESSIO ESPOSITO

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