La moda nella sociologia: tra fast fashion e consumo etico

fast fashion

Quella della moda “veloce” è un’industria che amplifica significati e valori, in cui ognuno può utilizzare quei prodotti per costruirci sopra la propria identità: con lo stesso capo se ne possono fare utilizzi diversi.

Per questo, negli ultimi anni, la fast fashion ha riscosso così tanto successo. Oggi, però, i consumatori sono più attenti a ciò che acquistano: lo slow fashion è il nuovo approccio più etico a cui la moda sta tendendo.

Sociologia della fast fashion: su cosa punta questa tendenza?

La fast fashion è una evoluzione contemporanea della democratizzazione della moda, vale a dire che si propone come soluzione ad un pubblico eterogeneo che ha necessità di costante cambiamento e modeste possibilità economiche.

Queste aziende si ispirano ai brand di alta moda e li riproducono a prezzi accessibili, intercettando i bisogni dei consumatori che guardano all’alta moda ma che hanno possibilità economiche minori.

L’omologazione di queste catene è agli antipodi della moda locale con le sue particolarità e atipicità (come ad esempio la stessa moda italiana), per favorire un abbigliamento pressoché uniformato a livello internazionale e mondiale. La moda “veloce” dà spazio all’omogeneizzazione e al consumo di massa, puntando sulla personalizzazione ed espressione di sé con l’aggiunta di dettagli propri.

La fast fashion riassume le critiche che Adorno e Horkeimer hanno espresso nei confronti dell’industria culturale e delle produzioni di massa. Essi erano critici verso questo tipo di abbigliamento perché rispecchia una produzione di significati e valori a cui gli individui sottostanno in maniera passiva, in quanto non possono aggiunger nulla a ciò che viene proposto sul mercato.

C’è, quindi, un’amplificazione delle produzioni di significati e valori per far sì che la moda diventi un processo non più legato solo ai segmenti superiori della società, ma anche ai ceti con minori disponibilità economiche. Questo ha contribuito a creare una vicinanza con il consumatore: la fast fashion prima ne ha intercettato i desideri e poi ha elaborato delle risposte.

Queste catene propongono delle merci a cui i consumatori possono aggiungere significati e valori, dando valore al sé: la personalizzazione del prodotto diventa ciò che diversifica le merci nate come omogenee. I negozi di fast fashion forniscono prodotti a cui i consumatori possono lavorarci sopra. È proprio il cliente stesso a costruirci sul capo l’altra metà di significato (inteso come valore simbolico) che la lavorazione industriale non gli ha conferito (in quando è un capo prodotto in serie e omologato per tutti).




Un fenomeno opposto: lo slow fashion

Lo slow fashion è un movimento che promuove un modello di produzione etica e sostenibile e si oppone alla fast fashion. Al contrario della moda industriale e della moda “veloce”, lo slow fashion coinvolge l’artigianato locale e l’uso di tessuti e materiali più green, per preservare l’ambiente e fornire valore sia ai consumatori sia ai produttori.

I consumatori odierni tra etica ed estetica 

Oggi è cresciuto lo spazio di riflessione e critica riguardo il consumo: c’è stata una notevole crescita di interesse da parte dei produttori e dei consumatori verso i temi della sostenibilità ambientale e sociale.

I consumatori odierni hanno sviluppato un forte interesse verso la dimensione della produzione di valore e di significato: ciò significa che oltre il prodotto, si guarda all’esperienza e alla lavorazione. Vengono scelti vestiti che ci mettono in contatto con i processi di realizzazione del capo, abbattendo la distanza produttore-consumatore e implementando la ricerca e l’apprendimento verso tutti gli elementi e gli attori parte del processo produttivo.

Nel capo d’abbigliamento finito si incontrano le personalità del produttore e del consumatore: per questo sta diventando sempre più essenziale la prossimità di valori tra chi acquista e chi produce, non è più solo una questione di condivisione del gusto estetico.

Si richiama alla ripresa di responsabilità: sia da un punto di vista macro (quindi il governo e gli stessi produttori si orientano all’etica), ma anche a livello micro con le scelte del singolo (c’è maggiore consapevolezza rispetto la filiera).

Individualizzazione e segmentazione delle pratiche di consumo

I consumatori sono più esperti nel riconoscere, comprendere e utilizzare le differenti offerte del mercato. Si parla di segmentazione del mercato basata sugli stili di vita: oggi si consuma in base ai propri stili di vita, alle proprie credenze e scelte alimentari. Si guarda al valore e all’impatto che hanno i capi: la moda si afferma come espressione di cambiamento. Il target di acquirenti si differenzia proprio sui temi dei valori e dei diritti umani e d’animali.

Alcuni fattori hanno reso possibile l’interesse verso la sostenibilità, responsabilità sociale e consumo critico sono stati principalmente due. In primis l’accumulo di capi omologati tra loro ha reso difficile creare qualcosa di nuovo e lo stesso oggetto, da un punto di vista materiale, non è più distinguibile da quello dei concorrenti. In secondo luogo l’insoddisfazione nei confronti di pratiche poco trasparenti nell’industria ha sollevato consapevolezza e interesse circa ciò che accade in filiera.

Anche la fast fashion cambia la sua comunicazione nei confronti della sostenibilità proprio perché è consapevole che il consumatore odierno è critico e tiene in considerazione tutti i processi produttivi della filiera. Anche l’uso dei materiali diventa un nuovo centro d’attenzione su cui ripartire.

Questo fa sì che sia la stessa azienda di moda a tener conto dei diritti dell’ambiente e dei lavoratori per venire incontro al sempre crescente target differenziato di acquirenti.

Valentina Volpi

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