Sotto Natale, ancora sotto le macerie della seconda ondata di una pandemia mondiale, Teresa Bellanova di Italia Viva, ministra dell’agricoltura, decide di aprire, con 4decreti legislativi, a delle nuove tecniche di ingegneria genetica che permetterebbero l’introduzione di OGM (organismi geneticamente modificati) nella produzione agricola italiana. Immediata la reazione di molte associazioni che sbandierano le normative europee su questi argomenti e segnalano la pericolosità di tale iniziativa.
Timori per alcune proposte della ministra dell’agricoltura Teresa Bellanova
Introdurre organismi geneticamente modificati in agricoltura può mettere a rischio diritti cardini degli agricoltori, nonché la biodiversità del territorio. Potrebbero mettere a rischio, ad esempio, pratiche consolidate come lo scambio di sementi e della risemina, che sono codificati dalla legislazione italiana in ratifica del Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura. Questi timori e altri ancora, alcune associazioni ambientaliste, organizzazioni per la tutela dell’agricoltura biologica e contadina (FederBio a Slow Food, Acu, Aiab, Ari, Fair Watch Greenpeace, Legambiente, Cambia la Terra, Firab, Isde medici per l’ambiente, Lipu, Pro Natura, Wwf, Coordinamento europeo via campesina), li hanno fatti presenti al governo e alle regioni, in seguito a delle proposte contenute all’interno di alcuni decreti legislativi (bozze num 208, 209, 211, 212) su sementi e materiale di propagazione (sementi, vite e piante da frutto) che la ministra dell’agricoltura, Teresa Bellanova, ha voluto portare in commissione parlamentare.
Nessun adeguamento
Se la responsabile delle politiche agricole giustifica i fondamenti dei suoi quattro decreti legislativi come un “adeguamento” della normativa nazionale alle nuove disposizioni del regolamento dell’Europa, le associazioni, invece, affermano che non c’è bisogno di nessun “adeguamento”, in quanto il regolamento europeo non è stato proprio modificato (come invece sostiene la ministra).
Queste associazioni e organizzazioni, inoltre, segnalano di come queste iniziative andrebbero contro gli obiettivi europei di tutelare la produttività agricola di territorio, tipicità, tradizione, per favorire, invece, una monocultura che creerebbe un’agricoltura intensiva e insostenibile. Un’agricoltura fondata su tecniche di ingegneria genetica che, se applicate, potrebbero causare danni enormi alla biodiversità. L’ingegneria genetica è in grado di modificare qualsiasi pianta abbia interesse agrario, alberi da frutto o colture ortive.
Il pericolo degli OGM
In tempi come questi, tempi nei quali il mondo si è dovuto fermare a causa di un nuovo microrganismo sconosciuto alla comunità scientifica, la critica di Greenpeace e AIAB, alle proposte della ministra dell’agricoltura, suonano come una specie di campanello d’allarme:
“Le proposte trattano in modo confuso temi complessi e delicati, tanto che si potrebbe pensare a una scarsa conoscenza della materia da parte dell’estensore. Si cerca infatti di regolamentare la commercializzazione in Italia di materiali geneticamente modificati (OGM) di cui è vietata la coltivazione, quindi la vendita.
Anche Cambia la Terra, una coalizione che consta dell’adesione di FerderBio, Legambiente, Lipu, ISDE – Medici per l’Ambiente e WWF , fa presente che coltivare piante geneticamente modificate è vietato sul tutto il territorio nazionale, com’è proibita anche la sperimentazione a campo aperto. Si legge in una nota scritta dalla coalizione:
“I decreti in discussione alla Commissioni Agricoltura, con un colpo di mano, darebbero il via libera di fatto alla presenza di materiale geneticamente modificato in tutti i campi italiani”.
Cosa stiamo dimenticando?
La nostra agricoltura biologica, la più estesa e importante su tutto il suolo europeo, vale 4,3 miliardi di euro e potrebbe essere messa a rischio con l’introduzione degli OGM. Altri 16 miliardi è il valore delle produzioni italiane a marchio Dop, Igp, Stg che si presentano rigorosamente “OGM free“. Sono conti, questi, di cui qualcuno nel governo sembra dimenticare o addirittura aggirare. Questa strana distrazione, forse, si deve al richiamo delle grandi imprese agricole e delle industrie sementiere.
Queste proposte meriterebbero approfondimenti “chirurgici”, la Bellanova, invece, sembra abbia voluto trascinarli in parlamento con un’ urgenza ai limiti dell’incoscienza, chissà, forse attratta dall’ Associazione europea delle industrie sementiere (Esa) che da tempo spinge in questa direzione. Anche Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio, ha l’impressione che il governo stia agendo in modo sconsiderato, quasi sottobanco. Commenta Mammuccini:
Si tratta di un passaggio totalmente privo di trasparenza. Il Parlamento e il Governo vogliono discutere della possibilità o meno di far ricorso a tecniche di ricombinazione genetica? Lo facciano apertamente, mettendo le carte in tavola e lasciando alle forze politiche, alle Regioni e ai cittadini la possibilità di essere informati e di discuterne con modalità e tempi adeguati”.
Le norme europee
L’ultimo atto legislativo sul registro europeo, che risale al 2015 e in Italia è stato recepito nel 2016, dà la possibilità ad uno Stato membro di vietare sul suo territorio (o in parti di esso) la coltivazione di OGM. Coltivare organismi geneticamente modificati, oltre a procurare danni all’ambiente e alla biodiversità, costringe gli agricoltori a dipendere dall’Agroindustria che li produce e li commercializza. Per constatare gli effetti collaterali degli OGM, basta guardare ai paesi che hanno ne hanno permesso l’introduzione come Messico e Brasile. In questi paesi gli OGM hanno causato perdita di varietà originarie, crisi della piccola produzione agricola, perdita di fertilità dei terreni, incremento dell’uso di erbicidi e molto altro ancora.
Sebbene in Europa l’Agroindustria abbia fatto pressioni per diffondere una nuova tipologia di OGM, basate sulle cosiddette NBT (New Breeding Techniques), ovvero, tecniche che andrebbero a modificare solo alcune parti del DNA, perché -dicono – sono più precise rispetto alle tecniche tradizionali, il 25 Luglio 2018 la Corte Suprema di Giustizia ha stabilito che i prodotti ottenuti grazie a queste nuove tecniche vanno messi sullo stesso piano degli OGM, quindi assoggettati alle stesse normative. Con buona pace della Bellanova, di Italia Viva e dell’Esa.