La memoria emozionale è quella particolare memoria che, sedimentata in un angolo del nostro cervello, fa ricordare con il cuore
Non siamo solo un cervello, non siamo una macchina che assolve compiti a comando – nonostante i tratti peculiarmente umani in questo determinato periodo storico li stiamo leggermente mettendo da parte –, non siamo solo pensiero razionale e non siamo meri meccanismi che eseguono comportamenti da stimolo-risposta.
I comportamentisti chiusero in una black box la nostra mente: tanto è complicata, tanto è incomprensibile e quindi spaventosa. Una volta chiusa in una scatola nera, una volta isolata, è come se fosse irrilevante ai fini di una comprensione del nostro essere, come se non avesse peso nelle nostre vite, dalla serie “non posso conoscerti, quindi non mi sei utile”. L’unica cosa che hanno intenzione di studiare è il comportamento direttamente osservabile, proprio perché, come direbbe qualche filosofo, cade sotto i sensi. I comportamentisti si avvalgono del metodo stimolo-risposta, ma l’uomo non è solo questo.
Oggi le Neuroscienze che studiano il sistema nervoso, ci aprono alla dimensione mentale dell’uomo e ci fanno capire che no, non siamo solo comportamento osservabile, che non possiamo essere solo quello, che oltre al solo cervello che ci spinge a mangiare, a respirare, a scappare di fronte un pericolo, siamo altro.
In modo preponderante, “l’altro” di cui siamo fatti, sono le nostre emozioni. È un bagaglio importante quello emotivo, troppe volte poco considerato, sempre stato fondamentale nelle e per le nostre azioni. Le emozioni, infatti, come ci dice Darwin, hanno un valore adattativo, guidano le nostre scelte, sono utili per la nostra sopravvivenza.
L’intelligenza emotiva, di cui ci parla ad esempio lo psicologo Goleman, è la capacità di gestire le nostre emozioni, utilizzarle e comprenderle. L’empatia – la capacità di comprendere le emozioni dell’altro – è uno degli elementi che contribuiscono ad accrescere questo tipo d’intelligenza.
Dopo questo preambolo generale che cerca di inquadrare al meglio chi siamo e cosa ci rende così come siamo, arriviamo al centro della questione.
Noi siamo “dotati” di due memorie.
La memoria razionale è quella che la maggior parte conosce, quella per cui ricordiamo i nomi delle capitali, quella per cui ricordiamo le tabelline (ci sarebbe da aprire una lunga parentesi al riguardo: nell’era digitale, la memoria razionale non viene poi così tanto sfruttata, visto i numerosi supporti tecnologici creati che aiutano a ricordare il nome di una regione o a contare) o a ricordare le strade.
Gli eventi della memoria razionale vengono localizzati nell’ippocampo.
Interessante è il risultato di vari studi che hanno mostrato come le caratteristiche morfologiche dell’ippocampo dei tassisti londinesi hanno dei tratti anatomici particolari, hanno infatti un maggior volume di materia grigia nella regione posteriore dell’ippocampo rispetto ai non guidatori. Nel loro ippocampo sono registrate, infatti, numerose strade, e questa memorizzazione ha consentito lo sviluppo di maggior volume.
La memoria razionale, ad esempio dei tassisti, registra e immagazzina il percorso di una strada, non di certo l’umore con cui in un determinato giorno è stata attraversata la stessa. Quel genere di ricordo interessa la seconda memoria.
La memoria emotiva non è troppo considerata dalla nostra società, forse perché non necessariamente collegata alla produttività (non serve di certo a ricordare i nomi dei prodotti sponsorizzati).
La sede della memoria emotiva è l’amigdala, una parte del cervello collocata tra i due lobi temporali (ovviamente abbiamo un’amigdala per ogni emisfero). Individuata da LeDoux, l’amigdala è coinvolta nell’elaborazione rapida e non raffinata degli stimoli emotivi affinché si reagisca in modo istintivo di fronte a un pericolo, è, infatti, principalmente collegata alla paura.
La forza della memoria emotiva è più intensa rispetto a quella razionale che non è sincronizzata con la forma emotiva, ed è appunto caratterizzata da una forza minore.
La memoria emotiva è inoltre incancellabile e selettiva (ricorda, infatti, solo particolari carichi di significato).
I tempi di maturazione delle due memorie sono differenti: quella razionale ha un tempo più lento, il sistema mnemonico è, infatti, più debole nei primi anni di vita. Al contrario il cervello emotivo matura proprio nei primi anni di vita.
La constatazione che la memoria emotiva immagazzina eventi prima ancora di avere la consapevolezza di essere, rappresenta un fattore di importante rilevanza: un trauma sotto i tre anni può non essere ricordato razionalmente, ma può condizionare i nostri comportamenti in quanto fissato nella memoria emotiva.
Da tutto ciò, ci rendiamo conto di quanto sia fondamentale prendersi cura dei bambini, prendersi cura delle emozioni dell’altro, in quanto il nostro cuore, o meglio ancora, la nostra memoria emotiva, non dimentica affatto l’amore che viene regalato e quindi nemmeno i brutti momenti, anche se accaduti prima ancora di imparare il presente indicativo “a memoria” (razionale).
Vanessa Romani