Il Senato italiano ha recentemente approvato, con una votazione che ha registrato 84 voti favorevoli, 58 contrari e nessuna astensione, il disegno di legge che vieta in modo categorico la pratica della maternità surrogata, o “gestazione per altri” (GPA), anche se questa viene realizzata all’estero da cittadini italiani. Quindi, la maternità surrogata è reato universale e sancisce ufficialmente l’adozione di una normativa più rigida che ha suscitato così un dibattito intenso e acceso nel paese, dividendo opinione pubblica, politica e mondo accademico. La proposta di legge, ora divenuta legge dello Stato, rappresenta un significativo inasprimento della disciplina già esistente in Italia, ponendo l’accento sulle implicazioni etiche, legali e sociali che accompagnano la gestazione per altri.
La maternità surrogata: una pratica vietata e le implicazioni del divieto
La maternità surrogata, o GPA, è una pratica in cui una donna accetta di portare avanti una gravidanza per conto di un’altra persona o coppia, solitamente dietro compenso o copertura delle spese mediche. Questa pratica è vietata in Italia dal 2004, ai sensi della Legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita, ma fino all’entrata in vigore della nuova normativa non erano previste sanzioni per i cittadini italiani che decidevano di ricorrere alla gestazione per altri all’estero. Con la recente approvazione del ddl, l’Italia si pone tra i paesi con la normativa più severa in Europa in tema di maternità surrogata, punendo severamente coloro che violano la legge, anche se la pratica viene svolta in un altro Stato dove è legale.
L’approvazione della legge solleva numerosi interrogativi, soprattutto in relazione alle famiglie arcobaleno e alle coppie eterosessuali che, per vari motivi, scelgono di fare ricorso a questa modalità per diventare genitori. La maternità surrogata è infatti utilizzata spesso da coppie che non possono avere figli biologici per ragioni mediche o, nel caso di famiglie omosessuali, per l’impossibilità biologica di generare un figlio. Il divieto pone queste famiglie in una situazione di difficoltà e incertezza, soprattutto perché in alcuni paesi europei e nordamericani la gestazione per altri è regolamentata e consentita.
Le nuove sanzioni e i reati associati
Il nuovo testo legislativo introduce importanti novità sul piano penale. Tra queste, vi è l’estensione della punibilità ai cittadini italiani che si recano all’estero per ricorrere alla maternità surrogata. Il reato sarà considerato tale anche se la pratica viene svolta in paesi dove la gestazione per altri è legale, come ad esempio Stati Uniti, Canada o Grecia, e le pene previste sono molto severe. Si parla di una pena che può arrivare fino a due anni di reclusione e multe fino a un milione di euro. Questo provvedimento ha l’obiettivo di dissuadere i cittadini italiani dal cercare altrove ciò che non è permesso in patria, rafforzando così il concetto di illecito anche a livello internazionale.
Oltre alla punizione per chi commissiona la gravidanza, la nuova legge colpisce anche coloro che intermediano o favoriscono il ricorso alla maternità surrogata, come agenzie specializzate o consulenti legali. Questa stretta riflette la volontà di combattere quella che viene considerata una forma di sfruttamento del corpo femminile e di limitare l’industria che ruota attorno a queste pratiche, talvolta legata a traffici poco trasparenti e accordi non sempre chiari tra le parti coinvolte.
Le argomentazioni dei sostenitori della legge
I promotori della nuova legge sostengono che la maternità surrogata rappresenti una forma di mercificazione del corpo della donna e una violazione della sua dignità. Secondo questa visione, la gravidanza non può essere oggetto di contrattazione economica e, in molti casi, le donne che si prestano a diventare madri surrogate lo farebbero in condizioni di necessità economica, venendo così sfruttate da persone più abbienti. Per questo, l’inasprimento della normativa viene giustificato come un atto di tutela dei diritti umani e dell’integrità fisica e psicologica delle donne, nonché come un modo per contrastare il traffico internazionale di esseri umani.
A tal riguardo, molti esponenti politici e intellettuali hanno paragonato la pratica della maternità surrogata a una forma di schiavitù moderna, dove il corpo della donna viene utilizzato come mezzo per produrre un figlio a beneficio di altri. Questo punto di vista sottolinea l’importanza di proteggere non solo i diritti della madre surrogata, ma anche quelli del bambino, il quale, secondo i sostenitori del ddl, potrebbe vedere compromesso il proprio diritto a conoscere le proprie origini biologiche.
Le critiche e le conseguenze sociali
Dall’altra parte, i critici della nuova legge denunciano una visione eccessivamente restrittiva e ideologica della questione. Le opposizioni, tra cui diversi esponenti di movimenti femministi e organizzazioni per i diritti civili, sottolineano come la gestazione per altri possa, in alcuni casi, essere una scelta consapevole e libera da parte della donna che decide di prestare il proprio corpo per aiutare coppie che non possono avere figli. Questi gruppi ritengono che vietare la maternità surrogata in modo così radicale significhi privare di autonomia e autodeterminazione non solo le donne, ma anche le coppie che desiderano avere un figlio e che, a causa di infertilità o orientamento sessuale, non possono farlo in modo naturale.
Le famiglie arcobaleno, in particolare, sono tra le più colpite da questo provvedimento. Per le coppie omosessuali maschili, la gestazione per altri rappresenta spesso l’unico modo per avere un figlio biologico e la legge, inasprendo le pene, limita drasticamente questa possibilità. Le associazioni che rappresentano le famiglie omosessuali hanno denunciato la nuova normativa come una violazione dei diritti fondamentali alla genitorialità e alla famiglia, sostenendo che si tratti di un attacco discriminatorio verso le persone LGBTQ+.
Il contesto europeo e internazionale
Il dibattito sulla maternità surrogata non è una questione esclusivamente italiana, ma si inserisce in un contesto più ampio che vede molti paesi europei e non solo alle prese con la regolamentazione di questa pratica. In Europa, esistono paesi dove la surrogacy è legale e regolamentata, come il Regno Unito e la Grecia, mentre altri, come la Germania e la Francia, la vietano in modo assoluto, seppur senza punire chi ricorre a questa pratica all’estero. Questo crea una sorta di “turismo riproduttivo”, con coppie che si recano in paesi più permissivi per accedere alla gestazione per altri.
La nuova legge italiana si colloca dunque in una posizione rigorosa rispetto al panorama internazionale, e sarà interessante osservare se e come influenzerà il dibattito negli altri paesi dell’Unione Europea. L’Italia ha scelto di adottare una linea dura, ribadendo il principio che la dignità della donna e la protezione dei diritti umani debbano prevalere su qualsiasi altra considerazione, ma questo rischia di creare tensioni anche a livello diplomatico con quegli Stati che, invece, vedono nella gestazione per altri un’opportunità lecita e regolamentata.
Conclusioni
L’approvazione della legge contro la maternità surrogata rappresenta un passaggio cruciale per l’Italia, che si allinea a una visione conservatrice e rigorosa della questione, ponendo l’accento sulla tutela dei diritti delle donne e dei bambini. Tuttavia, la normativa ha sollevato e continuerà a sollevare polemiche, soprattutto in relazione alla libertà di scelta e all’autonomia delle donne che decidono di ricorrere alla surrogacy in modo consapevole e volontario. Allo stesso tempo, il provvedimento incide profondamente sulle aspirazioni genitoriali di molte coppie, soprattutto quelle appartenenti alla comunità LGBTQ+, che vedono ulteriormente limitata la possibilità di costruire una famiglia.
Patricia Iori