Ormai non ci sono più scuse. La matematica è una capacità innata. O almeno questo è quanto sostengono alcuni ricercatori americani.
La ricerca:
Un team di scienziati, dell’Università della Pennsylvania del Dipartimento di psicologia, ha preso in esame un gruppo di bambini tra i 6 e i 9 anni e un altro gruppo rappresentato da studenti universitari per dimostrare che la matematica è innata.
Lo studio avrebbe dimostrato come la capacità di divisione nei bambini esista in una modalità intuitiva innata prima ancora che le formule vengano loro insegnate.
Ma perché partire dalla divisione? Perché solitamente, tra le quattro operazioni aritmetiche di base è la più complessa e perciò quella che viene insegnata per ultima. Molti di noi si sentiranno meno soli a sapere che non si è gli unici a dover ricorrere (a volte magari di nascosto) all’uso della calcolatrice per dividere il conto alla fine di una pizzata in compagnia.
O in assenza della calcolatrice, al vecchio e sempre utile conteggio “con le dita” che eravamo soliti fare sotto il banco affinché la maestra di matematica non ci vedesse.
Allo stesso tempo, però, questi scienziati sottolineano come probabilmente la divisione – o almeno un sua intuizione – sia già presente in noi, prima ancora che essa ci venga spiegata.
Gli studi a riguardo chiamano sistema di numeri approssimativi (ANS) la capacità di bambini – ma anche dei primati – di sottrarre o aggiungere oggetti in modo spontaneo. Una sorta di operazione intuitiva senza conoscerne le formule di base.
Immaginiamo una situazione con sei bambole e due bambini. Litigi a parte, i bambini potrebbero essere portati a dividersi tre bambole ciascuno, in particolare se adeguatamente guidati dall’adulto.
Tali studi probabilmente potrebbero portare alla formulazione di nuove tecniche di insegnamento della matematica o, ancor più in generale, della logica.
La matematica è innata! Parola di Platone
Per Platone la matematica era una disciplina fondamentale. Fuori dalla sua Accademia imperava la scritta “Non entri qui chi non è geometra”. Insomma, chi non sapeva di matematica non poteva accedere alla sua scuola. Perché la matematica era il fondamento primario di ogni altra disciplina.
Per Platone la conoscenza riguardava la reminiscenza: conoscere era ricordare. Prima di entrare nel corpo, infatti, l’anima aveva potuto contemplare le idee che si trovavano nell’iperuranio. Idee che rappresentavano il modello di ogni cosa o concetto esistente nel mondo.
Una volta che l’anima entrava nel corpo, però, dimenticava. Compito del maestro filosofo far partorire quelle idee. Anche – e soprattutto – quelle matematiche.
Nell’opera Menone, Platone ci racconta come Socrate fosse riuscito a far partorire dalla mente di uno schiavo, appunto Menone, il teorema di Pitagora.
o Menone, che sei capace di tutto, e ora mi chiedi se posso insegnarti, io che affermo che non c’è insegnamento ma reminiscenza
Anche uno schiavo senza nessuna conoscenza della materia poteva quindi se adeguatamente guidato giungere alla formulazione e comprensione di formule matematiche complesse.
Ancora una volta, la filosofia ha preceduto la scienza odierna?