La mascherina: da strumento di prevenzione a icona politica

La mascherina: da strumento di prevenzione a icona politica
E così anche la mascherina, oggetto di prevenzione, viene strumentalizzata al fine di ottenere voti e consensi politici.

Ebbene sì, siamo purtroppo arrivati a questo. E ciò succede quando si perde di vista tutto, perfino la propria salute e sicurezza, pur di accaparrare il maggior numero di sostenitori. Assistiamo ormai a paradossali situazioni, da una parte c’è chi incalza sull’uso della mascherina, come succede a Sassari, in Sardegna, dove il Sindaco ne impone l’utilizzo anche all’esterno. E poi c’è chi, come il Sindaco di Sutri (Onorevole Sgarbi) addirittura multa chi ne fa un uso eccessivo. Dunque viviamo in un caos mediatico dove la mascherina non è più un semplice oggetto preventivo, bensì un’ideologia, uno status symbol che etichetta chi la indossa.

Il leghista non la usa, la sinistra invece sì, così si riconosce oggi l’appartenenza a un partito, oggi: nella “Corona-Politica”.

Sono solo stereotipi? Può darsi, ma intanto un leghista con la mascherina è ormai divenuto una sorta di ossimoro, quasi fosse una mitologica chimera dalle contrastanti figure. Non è un problema derivante dal negazionismo, ma più il bisogno arcaico di apportare etichette che identifichino l’appartenenza politica. Il comunista ha così smesso di mangiare bambini e ha indossato la mascherina. Per contro assistiamo a cori neo-fascisti di sdegno e incitazione alla libertà di opporsi a tale restrizione (libertà?). Anche questi però del tutto contraddittori, poiché l’uso di questa precauzione è una legge da seguire e pare assurdo che proprio loro, fautori dell’ordine e disciplina, non riescano a rispettare una semplice regola, che sia contestabile o meno.

Il problema delle etichette ha sempre giocato un ruolo determinante in politica

Oggi è la mascherina, un tempo era l’outfit che distingueva destra e sinistra: l’occhiale da intellettuale e il pantalone a coste vs lo smoking a doppio petto e la modella formosa nel taschino. Il fattore mediatico è da sempre fondamentale per la buona riuscita di una campagna politica e l’immagine è dettagliatamente studiata al fine di attrarre un determinato target di popolazione. Un politico viene dunque costruito a puntino, non è più una persona, bensì un simbolo, un personaggio mitologico nell’intricata Odissea dei Partiti.

La diatriba della mascherina è la prova schiacciante di quanto affermato

Se la indossi sei schiavo del sistema, di un governo che vuole metterti a tacere – difatti l’associazione col bavaglio calza bene – dunque diventi vile e ignobile servo del padrone. Il pensiero è perciò sempre abilmente veicolato: al principio, nel clou pandemico, quando tutto il mondo sconcertato tremava al cospetto del mortale virus, le mascherine andavano a ruba (letteralmente). Tutti avremmo fatto carte false per una buona scorta di amuchina e il distanziamento non serviva neanche imporlo, veniva da sé, frutto del terrore di contagiarsi. Oggi invece si va a ballare, ci si starnutisce in faccia e le mani non le lava più nessuno.

Cosa è cambiato? Perché la mascherina ha perso il suo reale utilizzo?

Danni economici dovuti al lockdown, investimenti sanitari spesso fallimentari e strascichi psicologici conseguiti dall’isolamento forzato, hanno aizzato le masse contro il governo, ritenuto in gran parte responsabile delle conseguenze prima citate. Ciò ha fatto gola a molti politici che, pur non potendo esporre palesemente il loro appoggio ai negazionisti covid, hanno comunque reso la mascherina l’emblema di tutti i mali. Addirittura è da essi ritenuta nociva alla salute, nonché completamente inutile.

Ma la cosa spaventosa è come le masse reagiscono a tutto ciò.

Leggendo commenti social, sotto post di personaggi noti, spuntano insulti e accuse di servilismo, messaggi che in breve diventano palcoscenico di comizi politici, improvvisati dai più improbabili individui. Ormai non si parla più di altro, se non della mascherina, pomo della discordia.

In ogni caso questo atteggiamento va a discapito di tutti, poiché il COVID-19 non fa certo distinzioni politiche.

Tuttavia se – per assurdo – il Coronavirus potesse votare, lì, in cabina elettorale, coi suoi tentacolini e la sua faccia tosta, di certo voterebbe Salvini e compagnia bella, che con loro almeno avrebbe un solido futuro. Ci si aspetta dunque di vederli tutti lì a manifestare bruciando mascherine? A mo’ delle femministe coi reggiseni? Che però almeno il simbolo di quest’ultime era utilizzato per una giusta causa, quello dei negazionisti invece… Beh, non si è ancora capito cosa significhi. Forse non lo hanno ben chiaro neanche loro, a meno che non siano anche terrapiattiasti, in questo caso sarebbe comprensibile.

In conclusione è doveroso puntualizzare la necessità di essere prudenti, di non abbassare la guardia e di proteggersi il più possibile. La mascherina va indossata, non sventolata come una bandiera politica. Torniamo a vederla per ciò che è veramente: un utile mezzo di prevenzione. Poi, per chi volesse, si può personalizzare col simbolo del proprio partito, va bene tutto, purché la si indossi.

Post scriptum:

E’ stato accostato il termine “Lega” a “neo-fascismo”? Sì. Ed è ora che cominciassimo a essere consapevoli di ciò, in quanto le analogie sono più che evidenti. È stato fatto il nome di Salvini in modo inopportuno? No, poiché questa figura – e tutti coloro che lo circondano – mette a repentaglio la nostra salute e anche la nostra tanto sudata democrazia. Dunque nessun errore o fraintendimento, è tutto molto chiaro.

Sabrina Casani

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