Nell’ultimo decennio, l’Unione Europea ha speso miliardi di euro per contenere i flussi migratori tramite sodalizi con paesi non europei. Accordi come quello del 2010 con Muammar al-Qaddafi o ancora il Fondo fiduciario per l’Africa del 2015 sono stati propagandati come lotta dell’UE all’immigrazione irregolare. Questa crociata europea nasconde però la sistematica violazione dei diritti dei migranti, il prezzo da pagare per osteggiare l’ondata migratoria verso l’Europa. Torture, stupri, morte… queste sono le tattiche finanziate dall’UE per tenere lontani individui disperati.
L’Europa finanzia le milizie nordafricane per bloccare il flusso migratorio
Dallo scoppio della guerra siriana nel 2015, il numero di rifugiati arrivati in Europa è aumentato esponenzialmente. Ciò ha generato il panico nelle capitali europee, impreparate alla gestione di flussi migratori tanto massicci. Al fine di fronteggiare la crisi, l’Unione Europea ha stretto alleanze ed erogato fondi ai paesi africani e mediorientaliper aumentare il controllo delle frontiere esterne e bloccare le migrazioni.
Attraverso questi accordi, l’obiettivo degli stati membri sarebbe, a detta degli stessi, favorire una politica migratoria europea “efficace, umanitaria e sicura”. Il leitmotiv che accumuna i diversi piani operativi per gestire la crisi è, infatti, la lotta dell’UE all’immigrazione irregolare. Questa viene vista come la via preferenziale per impedire ad un gran numero di migranti di approdare nelle coste europee.
Concretamente, ciò significa pagare i paesi non europei perché diventino la “polizia personale” dell’Europa contro l’immigrazione. Come spiegato da Kenan Malik sul The Guardian, l’Unione Europa invia fondi alle milizie africane per trattenere i migranti diretti verso il nostro continente. Tra il 2015 e il 2020, prima che il flusso migratorio incrementasse nuovamente, il numero di arrivi si è effettivamente abbassato (e il Consiglio europeo non si è fatto alcun scrupolo nel vantarsene). Tuttavia, ciò non è dovuto al fatto che i programmi messi in atto dall’UE siano riusciti a creare migliori opportunità nei paesi di partenza. Semplicemente, le milizie africane sono state addestrate affinché intercettassero i migranti in mare per poi rinchiuderli in centri che Amnesty International non ha esitato a definire dei “campi di concentramento”.
Il Fondo fiduciario di emergenza dell’Unione Europea per l’Africa
In seguito al processo di Khartoum del 2014, forum interregionale volto a promuovere il dialogo fra Unione Africana ed Unione Europea in materia di immigrazione, nel 2015 è arrivato il Fondo fiduciario di emergenza dell’UE per l’Africa. Tramite questo fondo, l’UE si è impegnata ad erogare oltre cinque miliardi di euro di cui avrebbero beneficiato ventisei paesi africani.
Sul sito del Consiglio europeo leggiamo che tra gli obiettivi principali di questo finanziamento ci sono aumentare l’accesso a servizi sociali di base nei paesi partner, creare opportunità economiche e occupazionali e, soprattutto, migliorare la gestione della migrazione. Non promuovendo rotte legali e sicure, bensì scoraggiando la popolazione ad intraprendere la rotta verso l’Europa. Le campagne che dovrebbero informare sui rischi legati alla migrazione non hanno però come fine ultimo la protezione dei migranti. Non partire significa restare in paesi instabili e afflitti da guerre dove il Fondo non ha di certo contribuito a migliorare la qualità della vita.
Di fatto, i miliardi di euro sono stati indirizzati verso le guardie costiere affinché imponessero ai migranti un rientro forzato. Invece di investire nell’elaborazione di soluzioni efficaci e umane per accogliere i migranti in Europa, l’UE ha preferito stipulare accordi che si sono rivelati catastrofici tanto per i migranti quanto per le popolazioni africane.
La lotta dell’UE all’immigrazione irregolare sostiene i centri di detenzione e reca danno alle popolazioni locali
L’approccio adottato dall’Unione Europea nei confronti della questione migratoria ha avuto come conseguenza la creazione di una vera e propria “industria di detenzione”. Nelle città dell’Africa settentrionale, orientale e del Sahel interi complessi edilizi sono stati trasformati in centri in cui migliaia di migranti vengono rinchiusi. Tra 2017 e 2022, sono stati infatti quasi cento mila i migranti catturati in mare dalle guardie costiere, addestrate tramite i fondi UE, e portati nei centri.
Il caso più noto è sicuramente quello dei centri di detenzione libici. Dalla caduta del regime di Muammar al-Qaddafi nel 2011, la Libia è infatti diventato il paese di riferimento per le partenze via mare. Qui milizie e trafficanti di esseri umani si occupano di rintracciare le imbarcazioni, provocando non di rado il ribaltamento di quest’ultime con conseguente annegamento di diversi migranti. Una volta nei centri, la quotidianità dei migranti è fatta di violenza, mancanza di cibo e acqua, abusi e stupri. Sono molti coloro che preferiscono togliersi la vita di fronte a questa crudeltà continua di cui non si riesce a intravedere la fine.
Come se non bastasse, i migranti non sono gli unici a soffrire le conseguenze della politica migratoria europea. Le subiscono terribilmente anche le comunità locali. Consideriamo il caso della Nigeria, uno tra i dieci paesi più poveri al mondo: qui la migrazione regionale costituisce una base essenziale dell’economia del paese. Le leggi contro il contrabbando di migranti dell’UE hanno tuttavia distrutto la libertà di circolazione e distorto le politiche interne nigeriane al fine di adeguarle alle esigenze europee. I politici europei non mancano mai di sottolineare l’importanza della difesa della “sovranità” dei paesi dell’Europa. Tuttavia, non esitano a calpestare quella delle nazioni povere pur di ottenere gli effetti desiderati.
Le vite umane sono il prezzo che paghiamo per la lotta dell’UE all’immigrazione irregolare
Nonostante i paesi membri dell’UE siano a conoscenza della realtà che aspetta i migranti nei centri di detenzione, continuano a finanziarne il “corretto funzionamento”. Emblematico il caso del Memorandum Italia-Libia. Rinnovato meno di un anno fa, impegna il nostro paese a continuare la collaborazione con la Libia per “contrastare l’immigrazione illegale” (ritorna il celebre leitmotiv). Un patto considerato un successo in quanto ha provocato una diminuzione dei flussi migratori… ma a che prezzo? Al prezzo di tante vite umaneperdute durante le operazioni di rientro forzato o all’interno dei centri libici.
L’Unione Europea finanzia un sistema che viola i diritti dei migranti. Mette in atto politiche “efficaci, umanitarie e sicure” solo per gli europei che non devono affrontare le complicazioni derivate da un afflusso di rifugiati in Europa. Mentre si consuma questa emergenza umanitaria, i governatori europei chiedono misure ancora più severe contro i richiedenti asilo, incitando i governi nord-africani a fermare i barconi.
Se vogliamo che questo meccanismo si fermi, è necessario riconoscere il fallimento della lotta dell’UE contro l’immigrazione irregolare ed elaborare nuove e più giuste politiche. Per fare ciò, dobbiamo cambiare punto di vista. Basta parlare di “migranti” come fossero una categoria isolata con meno dignità delle altre. Bisogna parlare di “persone” e dei loro diritti umani che, al momento, vengono continuamente compromessi.
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