La libertà di stampa in Occidente dovrebbe essere una garanzia, essendo alla base di ogni democrazia.
Per questo, quando si parla di censura, la mente va alla Cina, alla Corea del Nord, all’Egitto. Paesi che si trovano negli ultimi posti nella classifica mondiale.
Ma il problema, seppur ben nascosto, esiste anche qui.
Assange e Wikileaks, simboli della libertà di stampa
Emblematico in questo senso è il caso di Julian Assange, giornalista, attivista e fondatore nel 2006 di Wikileaks.
I documenti top secret condivisi dall’organizzazione mostrarono al mondo crimini di guerra, corruzione e abusi nei governi di tutto il mondo.
La missione di Wikileaks era quella di svelare ciò che i potenti del mondo cercavano di tenere nascosto, garantendo alla popolazione la verità.
In un mondo di giustizia molte persone avrebbero pagato per i crimini condannati in quei documenti.
La verità è che l’unica persona che sta scontando una pena è proprio Assange.
Ostacolato sin dall’inizio con attacchi hacker, campagne di disinformazione e minacce, lui non si è mai fermato.
Finché, nel 2012, non è stato costretto a richiedere asilo politico all’ambasciata dell’Ecuador di Londra.
Dal 2017 si trova nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh, nel Regno Unito.
Oggi rischia di essere estradato negli USA, dove lo aspettano 175 anni di detenzione con l’accusa di spionaggio.
Solo recentemente alcune indagini hanno rivelato che la CIA, guidata all’epoca da Mike Pompeo, aveva elaborato dei piani per entrare nell’ambasciata, rapire Assange e ucciderlo.
Edward Snowden: il whistleblower statunitense
Altro caso significativo è quello che riguarda Edward Snowden, ex dipendente dei servizi segreti americani, conosciuto ai più come la talpa del Datagate.
Tra il 2012 e il 2013, Snowden fece infuriare le autorità inviando a Wikileaks oltre 15mila documenti riservati della National Security Agency.
Con questi file il mondo venne a sapere di grandi attività di spionaggio e intercettazioni telefoniche in ogni angolo del mondo, supportate persino da Google e Facebook.
Snowden sapeva di star correndo un rischio, ma ha preferito denunciare gli strumenti illegali con cui gli Stati Uniti ottenevano informazioni sugli altri Paesi.
Fuggito prima a Hong Kong e poi in America Latina, oggi abita a Mosca, in Russia.
La storia della talpa, però, ha anche un lieto fine.
Ci sono voluti sette anni, ma alla fine la giustizia ha dichiarato colpevole la NSA e ha concesso a Snowden un riconoscimento.
Lui si trova ancora in Russia, ma spera di poter presto tornare in patria.
Chelsea Manning e la guerra in Iraq
Il terzo personaggio che incarna la lotta per la libertà di stampa in Occidente è la soldatessa americana Chelsea Manning.
Era il 2010 quando Manning decise di inviare migliaia di file all’organizzazione di Assange.
Tra questi c’è il celebre video Collateral Murder, che mostra alcuni soldati americani sparare divertiti su civili iracheni disarmati. Ma anche documenti riservati sulle guerre in Iraq e in Afghanistan, sulla diplomazia statunitense e sulle torture del carcere di Guantanamo.
Pochi mesi dopo Manning ha confessato in una chat online di essere la fonte di Wikileaks, finendo così in carcere.
Da quel momento si sono susseguite torture definite dall’ONU come “crudeli e inumane” e diversi tentativi di suicidio.
Solo grazie alla mobilitazione di migliaia di attivisti Manning ha ottenuto, nel 2012, la detenzione in un carcere ordinario dove si è svolto un processo.
Nel 2017 la soldatessa è uscita di prigione, per poi tornarci nel 2019 e uscire definitivamente l’anno successivo.
Salvaguardare la libertà di stampa in Occidente
Il fil rouge che lega Assange, Snowden e Manning è la libertà di stampa che supera persino la loro stessa libertà di individui.
Hanno messo in gioco le loro stesse vite per offrire alla popolazione mondiale un’informazione libera e totale, mettendo a nudo le ingiustizie che il potere nasconde dietro immagini di libertà e democrazia.
Ancora oggi i file contenuti negli archivi di Wikileaks sono oggetto di studi e analisi, e rappresentano un’enorme fonte di informazioni per comprendere la realtà internazionale.
Snowden e Manning hanno avuto infine giustizia, ma non sempre è così.
Assange si trova ancora in prigione e, a meno di una grande mobilitazione internazionale, non ne uscirà mai.
L’obiettivo degli Stati Uniti è utilizzarlo per distogliere altri dall’imitarlo, spaventare chiunque cerchi di sfidare di nuovo il potere.
Perciò che Assange venga liberato, e che tante altre persone trovino il coraggio di guardare in faccia il potere e mettergli davanti le proprie colpe.