Nel tumulto delle tensioni in Medio Oriente, emerge una voce decisa e implacabile: la Lega Araba si scaglia contro Israele. L’organo rappresentativo degli stati arabi ha alzato la voce per denunciare l’assedio di Gaza, mentre la Striscia si trova al centro di una crisi umanitaria devastante.
Nella giornata di ieri, i ministri degli Esteri arabi hanno alzato la loro voce per denunciare la situazione critica a Gaza. La Striscia di Gaza, stretta tra le dure tensioni di Israele e le speranze dei palestinesi, si è trovata nel mezzo di una crisi senza precedenti dopo un attacco sconvolgente di Hamas contro Israele.
Il terreno è infido, un’arena di conflitto in cui la sofferenza si era annidata. Israele ha stretto un “assedio completo” attorno alla Striscia, tagliando l’approvvigionamento di acqua, cibo, elettricità e altre necessità di base, tutto a seguito di un massiccio attacco da parte dei militanti di Hamas che aveva inflitto morte su entrambi i fronti. Centinaia di vite sono state perse e la Striscia di Gaza si era ritrovata ad affrontare una penuria disastrosa.
Mentre Israele continuava a sferrare colpi nella direzione dell’affollata e impoverita enclave costiera, l’unica centrale elettrica di Gaza è stata chiusa. L’autorità elettrica dell’enclave palestinese ha dato l’annuncio, affermando che l’impianto è a corto di carburante, una situazione disperata in mezzo a un contesto già tragico.
Alla luce di queste terribili circostanze, i ministri degli Esteri arabi si sono riuniti al quartier generale della Lega Araba al Cairo. In un clima di preoccupazione palpabile, hanno chiaramente discusso dell’incessante conflitto tra Israele e Hamas. Con voce unita, hanno chiesto con veemenza a Israele di porre fine all’assedio che sta riducendo, ora dopo ora, Gaza a uno stato di emergenza umanitaria senza precedenti. La richiesta è chiara: l’accesso immediato agli aiuti deve essere garantito in modo che la Striscia possa ritrovare un barlume di speranza.
La richiesta di aiuti non si limita al cibo e al carburante, ma comprende anche il sostegno umanitario essenziale. E’ un grido di disperazione per una popolazione che ha sofferto a lungo. I ministri degli Esteri arabi si rivolgono a Israele, chiedendole di ripensare alla sua decisione di tagliare l’approvvigionamento di elettricità e acqua a Gaza. Una richiesta che non può essere considerata ingiusta in un contesto già tanto critico.
Il loro incontro d’emergenza si è concluso con un messaggio forte e chiaro: Israele deve rispettare gli obblighi del diritto internazionale, in quanto potenza occupante, e garantire il benessere dei palestinesi. E’ una richiesta di umanità, di pace e di giustizia.
Quasi una settimana di bombardamenti incessanti hanno completamente devastato Gaza. Gli attacchi aerei hanno colpito indiscriminatamente, danneggiando edifici residenziali, moschee, fabbriche e negozi. La situazione è critica, le riserve mediche si stanno esaurendo, l’ossigeno è un bene sempre più raro nell’ospedale Al-Shifa di Gaza, il cui personale è sopraffatto dalla tragedia.
Israele riferisce un numero “sbalorditivo” di 1.200 morti, mentre le autorità di Gaza dichiaravano più di 1.000 vittime causate dagli attacchi aerei e di artiglieria israeliani. Gaza è una delle aree più densamente popolate del pianeta, con 2,3 milioni di persone che sopravvivono in uno spazio angusto di 362 chilometri quadrati. Era stata soggetta al blocco israeliano dal lontano 2007, quando Hamas aveva preso il controllo del territorio, sottraendolo al movimento laico Fatah del presidente palestinese Mahmud Abbas.
L’unico varco non controllato da Israele è a Rafah, al confine egiziano, ma nemmeno questo era al sicuro. Rafah è stata colpita duramente da Israele tre volte nella stessa settimana, un ulteriore segno delle difficoltà che Gaza doveva affrontare.
La Striscia di Gaza è una terra di sofferenza e disperazione, in cui la pietà e la solidarietà dovevano prevalere. Mentre il mondo osservava con orrore, l’appello dei ministri degli Esteri arabi rappresenta una speranza, un grido disperato per porre fine a un’agonia che non può più essere tollerata. Era giunto il momento di agire, di porre fine a un conflitto che sta portato solo sofferenza e morte.