Di Rosanna Marani
La Tanzania ha una nuova legge sul matrimonio. Ora, sposarsi prima del diciottesimo anno di età è considerato illegale. Finalmente e spero che la battaglia mondiale intrapresa dalle Associazioni per i diritti delle donne, sconfigga ovunque, questa macroscopica ingiustizia.
Mi sovviene un fatto accaduto qualche mese fa, qui, da noi. Il pubblico ministero Francesco Tonon, al quale va il mio bravo, ha condannato a Camposampiero un cosiddetto padre, (residente con famiglia in Italia), che voleva costringere la giovanissima figlia, appena tredicenne, ad un matrimonio orrendo, fortunatamente scongiurato, con un cugino proveniente dal Bangladesh, previo stupro e maltrattamento da parte dell’amoroso promesso sposo, condannato anche lui ad una pena pesante, che mi auguro sia stata salutare per entrambi.
Una considerazione spicciola. Ma che meraviglia! Importiamo usi e costumi malsani come se non ne avessimo a sufficienza di quelli nostrani.
L’Italia, il paese buonista che apre le sue braccia al mondo. Bene! Brava! Generosa! Il paese del Bengodi!
Qua vige la regola (ma che non diventi arma a doppio taglio, please!) del vivi e lascia vivere.
Ecco, lascia vivere.
Se lo dovrebbero ricordare, tenere a mente coloro che hanno bisogno dei dindi italiani per sopravvivere, coloro che accorrono in massa nella nostra patria, terra dove si è raggiunto a suon di lacrime sudore e sangue, un briciolo di civiltà! Dove le donne sono esseri umani e non schiave del maschio padrone o di un dio intollerante nascosto nelle tasche di un caftano!
Noi donne italiane, camminiamo a fianco dell’uomo che ci scegliamo, anzi del partner che ci scegliamo! Non due passi indietro. Chiaro?
Noi donne italiane, abbiamo la libertà del pensiero. Il nostro. Chiaro?
E dunque che facciamo? Tolleriamo che davanti ai nostri occhi per un ibrido senso che diamo alla parola razzismo, accadano stupri? Violenze sessuali? Figlicidi da parte di persone che (e chi se ne frega se mi arriveranno strali sulla testa!) senza alcuna vergogna o pudore io chiamo retrogradi, che pretendono di dettare la loro legge, la loro incultura, il loro oscurantismo, le loro barbare tradizioni, a noi?
No! Basta!
Poi si fanno titoloni e inchieste se le famiglie ritirano i figli dalle classi formate per la maggioranza da extracomunitari!
Diamine, se lo Stato non interviene e duramente ad affermare che qua si fa come siamo abituati a fare, il cittadino impaurito dal dilagare da usanze tribali (posso sottolineare che in giro c’è qualche concittadino che ha “imparato” ad usare l’acido per vendicarsi di una fidanzata che lo ha lasciato?), pone rimedio facendo a modo suo. Generalizzando magari, ma come si dice, fidarsi è bene e non fidarsi è meglio!
Mi interessa imparare la diversità culturale partorita dall’intelletto. Rigetto la bieca, oscena, ristrettezza mentale.
Quella no. La combatterò con ogni forza del mio disprezzo e della mia indignazione.
Sicura che per progredire si deve allargare l’orizzonte del pensiero, non restringerlo. Altrimenti non si chiama progresso, ma regresso, altrimenti non si chiama evoluzione, ma involuzione.
Non dobbiamo permettere di mettere il paraocchi e la mordacchia alla civiltà.
Ne va del nostro destino di persone, della nostra dignità di esseri umani, della nostra integrità di donne.
Giornalisti d’accatto definiscono i contrasti tra gli italiani e i profughi, una guerra tra poveri, portata avanti da italiani razzisti. No, non è così, è solo l’estrema difesa della parte buona della nostra cultura, e delle nostre tradizioni. Come scrive Rosanna, non vogliamo tornare indietro, ma andare avanti, e ci dibattiamo nelle contraddizioni che ne scaturiscono, con grande, grandissima fatica. Le nuove forme di pensiero non possono essere retrograde, bensì portatrici di rinnovemento. Il punto di non ritorno non ci permette di disimparare ciò che abbiamo appreso e ha strutturato la nostra cultura.