Guerra in Ucraina: mosse politiche, armi, attacchi ai civili. Siamo informati su tutto. Ma cosa succede esattamente dentro una missione umanitaria in piena guerra?
Reportage Missione umanitaria guerra in Ucraina – Maggio /Settembre 2022 – Zone rosse.
Tre furgoni carichi di cibo e medicinali. Obbiettivo: Raggiungere zone povere e pericolose dove gli aiuti umanitari non arrivano. Tutto questo con un’associazione locale ucraina (Волонтерський штаб захисту України)
Chernigov, Ucraina
40 chilometri dal fronte bielorusso. Arriviamo all’imbrunire. Posti di blocco da parte dei militari: Controllo passaporti. Motivazione dell’entrata. Controllo merci nel furgone. Entriamo, ed e’ distruzioni ovunque. Carri armati bruciati fanno da abbellimento lungo le strade. Trincee nei parchi, come se ci fossero sempre state. Cartelli ”PERICOLO MINE” nei boschi circostanti. Entriamo nei villaggi a distribuire cibo. Dopo poco però, la ripartizione alimenti diventa ben altro: Racconti di guerra, storie, pianti. Umanità, empatia. Impossibile non terminare il lavoro con gli occhi velati di lacrime.
Penultima notte. Il coprifuoco è stato anticipato alle 22. Durante il coprifuoco tutti devono ASSOLUTAMENTE essere in casa e a luci spente.
Perché il coprifuoco è stato anticipato di un’ora? Non capiamo. Da informazioni militari vicine veniamo a conoscenza di una grossa minaccia da parte dell’esercito russo: Entrata e attacco dei russi sul fronte bielorusso l’indomani mattina. Sì, esattamente dove ci troviamo noi.
Andiamo in albergo. Abbiamo scatolame militare, ceniamo con quello. Non possiamo contattare i familiari per rischio intercettazioni. Ci godiamo la serata tra noi volontari in compagnia di Yuri, politico di Kiev e un ex generale. È tutto strano. È difficile andare a letto. La mente viaggia: ”E se fosse l’ultima notte?”. Lo scrivo su un foglio bianco, lo lascio sulla scrivania della mia camera di albergo. L’indomani mi sveglio, quasi non ci credo. Nessun attacco, sono ancora in vita. La guerra in Ucraina è reale.
Charkiv, Ucraina.
20 chilometri dal confine russo. Arriviamo in una uggiosa giornata di pioggia. Accanto alla bellissima scritta nell’entrata del paese sacchi di sabbia da guerra. Trincee in disuso. Decidiamo di entrare dentro. Seguiamo gli accorgimenti: Andare piano e attenzione a dove si mettono i piedi. La trincee è stata già controllata e non ci sono mine, ma la sicurezza viene prima di tutto. Sabbia, dune, dentro la trincee varie stanze di legno. Scarponi abbandonati, una giacca militare, cibo sparso, una vecchia foto. Immaginare chi ci ha vissuto, le emozioni che ha provato. No non si parla di cinquanta anni addietro, ma di due settimane fa.
La città si sta ripopolando. Bambini, adulti con l’antiproiettile escono dai bar ed entrano nel supermarket per la spesa settimanale.
Basta però poco per irrigidirsi. Ci mettiamo a tavola per la cena, ospitati da amici ucraini. Tra una boršč (zuppa tipica) e del pesce secco iniziano le esplosioni in sottofondo. Gli amici ucraini continuano a mangiare tranquillamente e noi, in missione, non abituati a questi suoni ci guardiamo esterrefatti con gli occhi spalancati. I suoni si susseguono, e no, non sono fuochi di artificio. Continuiamo la nostra cena e presto questo sottofondo diventa ”normalità”, gli stessi suoni che, insieme agli allarmi sirena, ci accompagneranno per tutta la notte.
La guerra in Ucraina fa paura.
Donbass, Ucraina
Sei donna, non puoi entrare!
La zona rossa più pericolosa della guerra in Ucraina. La regione tanto temuta. Carri armati di ogni forma, colore. Militari in ogni dove: giovani, anziani. Alcuni sembrano bambini.
Ennesimo posto di blocco: Consegna passaporti. Solite domande: Cosa ci fate qui? Cosa trasportate? Per conto di quale associazione? Siamo abituati a queste domande, è normalità, quindi siamo tranquilli. All’improvviso però uno dei due militari di turno punta il dito verso di me, irrigidisce il viso, aggrotta la fronte:
Cosa ci fa lei? È una donna non può essere qui!
Attimo di panico e agitazione. I miei ”colleghi” provano a spiegare che siamo stati in quasi tutte le zone più pericolose. Mentre loro parlano e discutono in ucraino, io rifletto. Il mio essere donna rende la mia entrata più difficile, ma perché esattamente?
Qui non è questione di forza o potere. L’unico rischio, seppur grande, potrebbe essere una bomba. E allora qual è la differenza tra me e un uomo? Le bombe non discriminano. Le bombe non sono dotate di sensibilità. Distruggono, massacrano che tu sia uomo, donna, bambino, animale o qualsiasi altro essere vivente.
La discussione finisce. Io vorrei dire la mia, ma i militari non parlano inglese. Il linguaggio del mio corpo e del mio viso parlano da soli.
Il responso: Non ci lasceranno passare, dovremo quindi lasciare tutti i vivere a loro. Saranno poi i militari di turno ad effettuare la distribuzione. Non si discute più. Un po’ di delusione, rammarico. Ma è di guerra che stiamo parlando, non è un gioco.
La guerra in Ucraina non risparmia nessuno.
Questi piccoli racconti sul campo sono solo un assaggio delle lunghe missioni fatte nelle zone rosse del paese.
Un paese che sta vivendo l’esasperazione mediatica, umanitaria e civile.
Non dimentichiamocelo.
Restiamo umani.
Silvia De Lucia