La Guerra Fredda, Berlusconi e Rocky Balboa

C’è qualcosa che accomuna, incredibilmente, Silvio Berlusconi e Rocky Balboa, due figure emblematiche della cultura popolare del secolo scorso e non solo. Per quanto situati ad una distanza siderale l’uno dall’altro in termini di veridicità e concretezza delle proprie azioni, il filo rosso c’è, esiste. All’interno delle rispettive parabole narrative, infatti, entrambi raccontano di aver fatto terminare la Guerra Fredda. Sì, davvero.

Il primo è stato protagonista di un controverso percorso politico nazionale ed internazionale di uno dei paese del G7. Il secondo rappresenta uno dei più longevi prodotti propagandistici USA, nato da una sceneggiatura working class e divenuto, di capitolo in capitolo, il principe dell’edonismo statunitense made in the 80s.

Silvio Berlusconi ha più volte fatto riferimento al giorno in cui il suo rapporto personale con il neoeletto Vladimir Putin e il crociato George W. Bush permise al mondo di tirare un respiro di sollievo chiudendo, definitivamente, le divergenze tra le due super potenze. Di fatto, concludendo la Guerra Fredda. Si rammenti, a tal proposito, un suo discorso famoso tenuto a Bruxelles nel 2018 e la recente campagna di sensibilizzazioni per l’ascesa al colle.

“Se io posso cambiare e voi potete cambiare, allora tutto il mondo può cambiare”. Una battuta sofferta, vomitata da un Rocky devastato al termine dell’incontro più duro della sua carriera: il cyborg steroideo sovietico Ivan Drako. Parole che, nel finale della pellicola, scaldano il pubblico russo che inizia ad applaudire il campione americano così forte da obbligare le orgogliose istituzioni presenti ad abbandonare il teatro dello scontro. Rocky IV è universalmente riconosciuto come un film simbolo degli anni 80. Il tentativo di  descrivere e semplificare uno dei momenti più delicati dell’epoca moderna approdando, addirittura, alla soluzione dello scontro che imperversava da decenni tra USA e URSS. Ma quindi, davvero Silvio Berlusconi e Rocky IV hanno contribuito a placare il conflitto per eccellenza del secondo dopo guerra? Come in ogni leggenda, esiste un fondo di verità. Sepolto sotto un’impenetrabile coltre di edonismo, autocompiacimento e falsi storici chiaramente.

BERLUSCONI, L’APOSTROFO ROSA TRA LE PAROLE “BUSH” E “PUTIN”

Il riferimento del cavaliere incardina un importante incontro avvenuto nel maggio del 2002, durante uno sei suoi mandati come presidente del consiglio, nella base dell’aeronautica militare italiana di Pratica di Mare. Lì fu, effettivamente, firmato un impegno di collaborazione fra la NATO e la Russia il “NATO-Russia Relations: A New Quality”.

Pratica di Mare anno del Signore 2002

La Russia era all’inizio della prima concreta ripresa economica dopo la caduta dell’Unione Sovietica. Dall’altro lato dell’Atlantico gli Stati Uniti avevano, di recente, intrapreso la loro personalissima visione di “guerra al terrore” in medio-oriente. L’11 settembre 2001, infatti, aveva cambiato tutto e si può dire Russia e NATO si impegnarono in quel contesto italiano e vacanziero a rafforzare la propria collaborazione su sicurezza e lotta al terrorismo. L’accordo di Pratica di Mare, insomma fu, probabilmente, davvero importante in quel preciso momento storico. Ciò nonostante, non ha fatto entrare la Russia nella NATO come affermato da Berlusconi. Né, tanto meno, quell’accordo ha posto la parola fine alla Guerra fredda, tradizionalmente terminata con il crollo dell’Unione Sovietica del 1991.

NO EASY WAY OUT

I mesi che precedono l’uscita di Rocky IV  furono particolarmente intensi. Il precario equilibrio tra USA e URSS scricchiolava sotto il primo mandato da Presidente di Ronald Reagan, interamente improntato ad una politica aggressiva nei confronti dell’Unione Sovietica.

I titoli di Testa di Rocky IV, davvero.

La Guerra Fredda era al suo apice come non avveniva dagli anni 50 e la paura di un’imminente escalation occupava ampiamente ogni aspetto della comunicazione propagandistica su entrambi i fronti, influenzando irrimediabilmente l’industria dell’intrattenimento. Il fiuto di Stallone gli consigliò di immergere i guantoni dello “Stallone Italiano” in questo contesto. Partorisce, così, il suo soggetto di Rocky IV, di cui curò in prima persona sceneggiatura e regia. L’atto finale della pellicola viene anche farcito un posticcio messaggio pacifista in cui la vittoria di Rocky mette in crisi l’intero sistema propagandistico sovietico. Il pugile di Filadelfia era pronto per dare il proprio contributo alla causa americana.

In sostanza, né la diplomazia “pop” di Berlusconi né tantomeno la sfacciata provocazione di Silvester Stallone hanno posto fine alla Guerra Fredda. Anzi, tanto la gestione dell’accordo di Pratica di Mare quando la sceneggiatura di Rocky IV, rappresentano goffi tentativi di imporre una visione del mondo parziale e colpevolmente leggera. Fiammiferi lanciati in una polveriera che hanno trovato una curiosa indulgenza da parte della storia contemporanea. Approcci a dinamiche e tematiche leggere simili in quanto figli di una percezione muscolare della storia in cui la malizia sta solo negli occhi di chi guarda, mai mettendo in discussione la qualità e il messaggio della propria narrazione.

Quanto sia grave prendersi il merito di una svolta storica, nella realtà dei fatti, in nessun modo connessa a noi? Dipende. Dipende dalla capacità di dimenticare e di perdonare che lo spettatore e l’elettore dimostra di essere in grado, più o meno consapevolmente, a registi e capi di stato.

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