Xenia. La Grecia e l’accoglienza. Rileggere Eschilo
Quello tra la Grecia e l’accoglienza è un rapporto storico, che arriva da lontano. Ce lo racconta Eschilo, uno dei maggiori tragediografi del tempo a noi noti, nella sua opera Le Supplici . Una vicenda che oggi, alla luce di quanto sta accadendo al confine turco-greco, appare emblematica. Le Danaidi, profughe egiziane, costrette ad abbandonare la propria terra per la minaccia di essere prese in sposa con la violenza (è la pratica del matrimonio riparatore in seguito a stupro) dai cinquanta figli d’Egitto, cercano accoglienza ad Argo.
Pelasgo, il re della città greca, inizialmente è restio ad accogliere le profughe: tale gesto porterebbe infatti a una guerra certa con l’Egitto. Sottopone dunque la questione all’assemblea cittadina, che decide di ammettere le donne. Il passaggio in cui Eschilo racconta la votazione è estremamente suggestivo: l’aria “increspata” dalle mani alzate all’unanimità, la garanzia d’inviolabilità degli esseri umani accolti in una terra straniera.
Omero e il vincolo dell’ospitalità
Il concetto alla base della tragedia di Eschilo è quello di xenìa: il vincolo sacro che impone di dare ospitalità a chi la richieda. Nonostante la sua natura impositiva, la xenìa era percepita come un valore, un paletto etico che doveva assolutamente essere rispettato. Per chiarire questo punto, basti pensare alla guerra di Troia, scoppiata anche perché una delle condizioni del patto di ospitalità è venuta meno: Paride ha sedotto Elena, moglie del suo ospite.
Il tema della xenìa è spesso raccontato nei poemi omerici, in qualità di testi che hanno sistematizzato i valori fondanti del mondo greco. Ad esempio, Odisseo approda, solo e reduce da un naufragio, sull’isola dei Feaci. L’accoglienza che riceve è esemplare: nonostante i Feaci sappiano che, così facendo, incorreranno nell’ira di Poseidone, forniscono all’eroe un’imbarcazione per rimettersi in mare.
La xenìa, l’Europa e noi
Il concetto di ospitalità, di accoglienza, in Grecia ma non solo, secondo cui chi chiede asilo (anche politico, come nel caso delle Supplici di Eschilo) deve essere ammesso, è dunque un tema che arriva da lontano. Eppure, l’Europa di oggi sembra aver dimenticato cosa sia la xenìa. Certo: non viviamo più in funzione di una punizione degli dei. Ma quello che in questi giorni sta accadendo nella piccola isoletta greca di Lesbo è quanto di più distante possa esistere rispetto alla xenìa: è odio, è un confine che respinge, è una frontiera violenta.
Ieri Eric Mamer, portavoce UE, ha dichiarato: «Usare la violenza contro i migranti è lecito? Dipende dalle circostanze». Di fronte a un’Europa che mostra il proprio volto inumano, che uccide, che spara sui rifugiati, davvero allora bisognerebbe tornare a leggere Eschilo. La Grecia, la stessa terra che oggi si macchia del sangue dei profughi siriani è la terra dove solo qualche secolo fa l’accoglienza era un vincolo inviolabile, un patto sacro non solo tra dei e umani, ma tra uomini e donne.
Dovremmo riscoprire la xenìa degli Argivi: darci come priorità politica e umana l’accoglienza di chi scappa da dolore e sofferenza, perché niente ha più valore della solidarietà tra esseri umani.
Aurora Saldi