La giornata mondiale dell’igiene delle mani è un manifesto alla responsabilità

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Il 5 maggio ricorre la giornata mondiale dell’igiene delle mani. Oggi più che mai un semplice gesto della nostra quotidianità diventa paradigma di civiltà e responsabilità.

L’Organizzazione mondiale della sanità, in concomitanza con la ricorrenza dell’anno dell’ostetrica e dell’infermiere/a, ha invitato tutti a ringraziare simbolicamente gli operatori sanitari in prima linea contro la pandemia in corso con un applauso a distanza (previsto per le ore 12.00).

Soltanto il caso ha voluto che, appena un giorno dopo l’allentamento delle misure cautelative contro la pandemia da Covid-19 in Italia, si celebrasse la giornata mondiale dell’igiene delle mani. Una pratica il cui scopo primario, si legge sul sito dell’agenzia delle Nazioni unite:

è la riduzione della diffusione degli agenti patogeni e la prevenzione dalle infezioni, inclusa quella da Covid-19.

Ripetuto come un mantra sin dalle prime fasi del contagio, divenuto (almeno questo) un punto saldo delle buone pratiche in tempo di quarantena, l’igiene delle mani è davvero un gesto di responsabilità, privato e silenzioso, lontano dalle sceneggiate televisive in prima serata, dai tutorial per ebeti dell’ultima ora.

Una attenta e scrupolosa cura dell’igiene delle mani, oltre a preservare la nostra di incolumità, è la bandiera che tutti possono alzare contro il virus. È il più basilare fenomeno di partecipazione che questa pandemia ci concede. Sopra tutti gli schiamazzi, i rimbrotti, i rimbalzi di responsabilità. Un gesto così elementare che ci mette in prima linea. La giornata mondiale dell’igiene delle mani al tempo del coronavirus deve essere percepita come un manifesto di responsabilità civile e di appartenenza alla nostra comunità.

Difatti,  una comunità i cui membri non si prendono la briga di pensare e agire in soccorso di chi è più debole, non ha grandi ragioni di esistere.

Perché non si scada nella vuota retorica è scontato sottolineare come tutto ciò non basti.

Una presa di coscienza di quali sono i comportamenti quotidiani, basilari, che ognuno di noi può e deve mettere in campo per fare la sua parte, non può in alcun modo sostituire gli strumenti che la politica deve mettere a disposizione.

Perché il piccolo sforzo di tutti si incanali in un più ampio fenomeno, perché la spinta dal basso sfoci in risultati concreti, gli operatori sanitari in primis devono poter operare in ambienti sicuri e dotati delle strumentazioni di prevenzione. E porre così fine al martirio che piace ai titoli di giornale e per cui, diceva il poeta, ci “si costerna, s’indigna, s’indegna poi (si) getta la spugna con gran dignità”.

È in quest’ottica che l’Oms ha voluto conciliare la Giornata mondiale dell’igiene delle mani con l’anno dedicato a ostetriche e infermieri

E lo ha fatto con una raccomandazione ai tutti i governi perché le disposizioni in materia vengano adottate senza riserve.

Oltre alle sacrosante mascherine protettive, la barriera più importante contro la veicolazione del virus, è fondamentale ribadire e sottolineare la corretta e costante igiene delle mani da parte degli operatori in corsia come una pratica salva vite. A tal fine dovranno essere presenti nei varchi di ogni presidio ospedaliero nazionale dispenser di gel idroalcolici, gli stessi che dovranno essere diffusi tra il personale infermieristico e ostetrico.

Con un atto così semplice quale è il lavarsi le mani, il Procuratore della Giudea Ponzio Pilato, o chi per lui, esprimeva la più totale indifferenza del destino altrui. Oggi la realtà ci impone di ribaltare e riabilitare quel gesto e di consegnarlo alla storia come paradigma di appartenenza, collettività e solidarietà.

 

Alessandro Leproux

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