Il Consiglio dei Ministri tedesco ha approvato una proposta di legge che annulla le sentenze dei tribunali militari contro i rapporti omosessuali nell’esercito. Non solo: se otterrà l’approvazione del Parlamento, il nuovo disegno garantirà un risarcimento a tutti i soldati colpiti da discriminazione per il proprio orientamento sessuale.
Annullare le sentenze dei tribunali militari e risarcire le vittime di discriminazione: questo l’obiettivo del disegno di legge voluto dalla ministra della Difesa Annegret Kramp-Karrenbauer, e approvato lo scorso 25 novembre dal Consiglio dei Ministri tedesco. La decisione arriva a due mesi dalla pubblicazione di uno studio che denuncia le persecuzioni subite dai soldati omosessuali nell’esercito tedesco dal 1955 al 2000, commissionato dalla precedente ministra Ursula von der Leyen.
“L’omosessualità era considerata un rischio per la sicurezza nel Bundeswher (l’esercito tedesco) fino all’inizio del nuovo millennio; e rendeva impossibile fare carriera come ufficiali o sottoufficiali”, ha concluso lo studio.
Soldati omosessuali, tra carriere penalizzate e ospedalizzazione
Fino al 1970 i rapporti omosessuali nell’esercito tedesco erano considerati una violazione disciplinare, che richiedeva l’intervento dei tribunali militari e si concludeva spesso con il licenziamento dei soldati. Una situazione migliorata solo parzialmente nei decenni successivi: i militari omosessuali, per quanto tacitamente tollerati, erano osteggiati negli avanzamenti di carriera, e mantenuti sempre ai gradi più bassi delle gerarchie. Ancora negli anni ’90, l’autorità militare poteva predisporre accertamenti medici obbligatori per i soldati che dichiaravano la propria omosessualità.
La vera svolta arrivò solo nel 2000, quando un ufficiale tedesco sollevato dall’incarico si rivolse direttamente alla Corte costituzionale per ottenere giustizia. Con quella sentenza si apriva una nuova pagina nella storia del Bundeswher: la legge non avrebbe più tollerato l’esistenza di discriminazioni nell’esercito sulla base dell’orientamento sessuale.
Fare i conti con la storia
A vent’anni da quella data, il governo tedesco si pone ora il problema della riparazione dei danni. Qualora la legge proposta venisse approvata dal Parlamento, ai soldati penalizzati per il proprio orientamento spetterà un risarcimento di 3000 euro a testa.
Il compenso ovviamente non basterà a sanare le perdite economiche subite. La condanna dei tribunali militari infatti non comportava solo danni alla carriera o la rimozione dal servizio, ma prevedeva spesso anche la rinuncia alla pensione militare. Si tratta quindi di una cifra simbolica, “un piccolo segnale per ristabilire la dignità di queste persone, che non desideravano altro che servire la Germania”, ha affermato la ministra Kramp-Karrenbauer.
Si calcola che almeno 1000 persone siano già pronte a fare richiesta. La legge includerà anche i veterani dell’esercito della Germania dell’Est: una decisione importante per rafforzare il senso di comune appartenenza, a trent’anni dalla riunificazione.
La Germania moderna deve fare i conti con una storia di discriminazione che non riguarda unicamente il mondo militare. Nella Repubblica Federale Tedesca l’omosessualità era un reato a tutti gli effetti; solo nel 1969, dopo vent’anni e circa 50.000 condanne, si giunse nel Paese alla decriminalizzazione dei rapporti omosessuali. La legge, anche se priva di efficacia, rimase comunque nel codice penale fino al 1994.
Nel 2017 la Germania aveva già avanzato con successo un progetto di riabilitazione e risarcimento per tutti i cittadini colpiti in passato da condanne per il proprio orientamento sessuale. Un passo molto simile a quello che si prospetta ora per il mondo dell’esercito.
E in Italia?
Il Codice di ordinamento militare italiano, in vigore dal 2010, all’art. 637 e art. 1468 vieta esplicitamente le discriminazioni legate all’orientamento sessuale “in sede di attribuzione di incarico, di assegnazioni o di trasferimento”. Un bel passo avanti, se si pensa che, ancora in pieni anni ’80, gli omosessuali in Italia erano esclusi perfino dalla leva militare.
Tuttavia secondo Polis Aperta, l’associazione LGBT di appartenenti alle forze armate e di polizia in Italia, sarebbe ancora difficile per un soldato omosessuale fare coming out. Nonostante le garanzie stabilite dalla legge, l’ambiente dell’esercito sembrerebbe ancora improntato a una certa cultura machista, pur con le dovute eccezioni. Un problema reso evidente dalla difficoltà ancora maggiore incontrata dai cittadini transgender, a cui spesso e volentieri viene negato l’ingresso nelle forze armate, e non solo nel nostro Paese.
L’insufficienza della tolleranza
La proposta di legge della ministra tedesca ha un valore simbolico enorme nel cammino per l’affermazione dei diritti civili. Certo, la discriminazione nell’esercito era già stata abolita legalmente nel 2000. Ma al posto che nascondere il passato sotto il tappeto, la Germania sceglie ora di portarlo a galla; riconoscendo ufficialmente i torti subiti da tanti cittadini e soldati.
La strategia “don’t ask, don’t tell” (“non chiedere, non dire”), diventata famosa per la sua applicazione nell’esercito USA negli anni ’90, ha rappresentato negli ultimi decenni la linea ufficiosa adottata dalle forze armate di molti Paesi. I soldati omosessuali erano tollerati, purché non parlassero del proprio orientamento e tacessero sulla propria vita privata. Ma è ormai tempo di chiudere questo capitolo. La tolleranza non è più sufficiente: è arrivato il momento di parlare di libertà.
Elena Brizio