La generazione dei lividi: picchiati dalla polizia, picchiati dalla politica

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Mentre Mattarella annuncia che “i giovani vanno ascoltati”, le manifestazioni pacifiche delle scorse settimane sono state represse con la violenza e nell’agenda politica nazionale italiana le nuove generazioni sono tutto, tranne che una vera priorità.


Si è parlato molto di giovani in Italia ultimamente.

Lo ha fatto il ri-eletto Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo discorso di giuramento il 3 febbraio scorso parlando di “percorsi di vita nello studio e nel lavoro per garantire la coesione del nostro popolo”, di responsabilità verso il futuro e di impegno politico, di “periferie esistenziali” (riporta Repubblica).

Il riferimento è ovviamente a Lorenzo Parelli, studente di 18 anni della provincia di Udine morto in una fabbrica il 21 gennaio durante uno stage formativo, schiacciato da una putrella d’acciaio che precipita dall’alto in una dinamica ancora da verificare.

Ma anche se le precise modalità sono ancora da chiarire, la morte di un coetaneo, in un’attività nella quale si sarebbe potuto trovare chiunque altro dei suoi amici, ha portato sulle strade migliaia di ragazze e ragazzi, giovanissimi.

C’era un’intera generazione, schiacciata anch’essa, non da una putrella bensì dalla responsabilità di un futuro pesante, incerto e soprattutto per il quale nessuno la sta preparando.

E questa direzione non sembra cambiare.

A fine gennaio, i collettivi studenteschi di numerose grandi città italiane, tra cui Torino e Milano, hanno organizzato manifestazioni di protesta. Anche se l’oggetto principale della protesta è stato  il modello di alternanza scuola lavoro,  Il portato politico e sociale è molto più grande. Gli studenti hanno protestato  contro un intero sistema scolastico che, stando alle loro parole, sta diventando sempre più azienda, dove mancano i diritti e la sicurezza, e che riesce a mettere il guadagno di fronte alle vite di chiunque, persino di un diciottenne.

La protesta e la rabbia sono indirizzate contro il Governo e il Ministero dell’Istruzione, che ancora una volta si dimostrano sordi alle richieste dei giovani nelle strade. Invece che aprire un tavolo, parlare di riforme della scuola, pensare a modalità efficaci di interazione tra mondo del lavoro e istruzione, la risposta è stata tutt’altra: a Torino le forze dell’ordine hanno caricato i giovani radunati nelle piazze. Anche a Roma, Milano e Napoli ci sono stati scontri violenti, con più di venti feriti come risultato finale.

Oltre al danno la beffa: dopo questi scontri, la risposta delle autorità sarebbe potuta essere costruttiva e improntata al dialogo. Neanche su questo fronte però si sono registrati segnali incoraggianti. Subito in seguito agli scontri, l’Assessora alla sicurezza del comune di Torino Gianna Pentenero ha ricordato che il diritto di protesta è certo garantito, purché nel rispetto delle attuali normative per evitare la diffusione del COVID-19, mentre la ministra Luciana Lamorgese a Sky TG24 parla di “infiltrazioni di gruppi che volevano causare disordini”.

Sono mancati, di nuovo, interventi di apertura con i manifestanti, che chiedevano di mettere sulla prima pagina dell’agenda politica italiana il loro futuro.

E invece di questi interventi ce ne sarebbe un reale bisogno. Sul portale Giovani.Stat l’Istat riporta che, dopo anni di diminuzione, recentemente la percentuale di NEET (giovani che non hanno occupazione né studiano o sono in formazione) è tornata a crescere: 26,4% dei ragazzi e 26,7% delle ragazze tra 20 e 24 anni era in questa situazione nel 2020.

Durante la pandemia, la situazione si è ulteriormente aggravata, con 400 mila giovani che hanno perso il lavoro nell’ultimo anno, sempre secondo l’Istat.

La politica non sembra rendersene ancora conto, o non del tutto.

Prendendo ad esempio la legge di bilancio 2022, sono assenti investimenti sostanziosi sui giovani e un capitolo che riguardi la lotta alla precarizzazione nel mondo lavorativo, un enorme limite ad un solido futuro per molti della mia generazione.

Se poi si analizza il PNRR, si nota che l’interesse per le categorie più svantaggiate come giovani e donne certo c’è, ma è indicata come “trasversale” come riporta un’analisi dell’intergruppo parlamentare Next generation Italia. Delle 6 missioni nel PNRR, nessuna si dedica alle politiche per la prossima generazione nello specifico. La categoria dei giovani, come quella del Sud e della parità di genere, sono considerate come priorità trasversali. Tutto questo, nonostante nelle linee guida della Commissione Europea emanate a gennaio 2021 fosse stato raccomandato agli Stati membri di riguardare un pilastro specifico alle politiche per la prossima generazione, l’infanzia e i giovani.

Nel discorso citato ad inizio articolo, il Presidente Mattarella ha ricordato come sia “doveroso ascoltare la voce degli studenti, che avvertono tutte le difficoltà del loro domani e cercano di esprimere esigenze, domande volte a superare squilibri e contraddizioni”.

Ecco, queste voci non sono state ascoltate. Né in maniera palese nelle strade e nelle piazze italiane, né in maniera più nascosta ma molto più strutturale, in politica.

Se davvero chiediamo a queste e questi giovani di prendersi la responsabilità del futuro, allora dobbiamo dotare loro anche degli strumenti per farlo.

Si potrebbe parlare di una generazione “dei lividi”. Una generazione picchiata dalla crisi climatica ed economica, dalla transizione digitale, dalla globalizzazione, dalla pandemia: e nelle ultime settimane in Italia, anche dalle forze dell’ordine.

Una generazione che deve riparare gli errori delle generazioni precedenti, e che per affrontare il futuro avrebbe bisogno di investimenti, idee chiare, un’agenda politica che metta al centro le loro necessità.

Ecco quello di cui questa generazione, la mia generazione, ha bisogno.

Di formazione a tutti i livelli, dalla pre-scolastica alla ricerca.

Di piani di concertazione lavoro e formazione, così come di offerta e domanda del lavoro, e di inserimento nel mondo del lavoro.

Di politiche sociali per permettere a tutte e tutti di costruire il proprio futuro.

Di piani pensionistici che ci permettano almeno di sognarla, una pensione.

E di seri investimenti nella transizione ecologica, perché tutti i discorsi di cui sopra sono inutili se non prendiamo in seria considerazione la crisi climatica.

Ma per ora, tutto quello che la mia generazione ha ottenuto sono lividi.

 

Silvia Panini

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