La fu Lega Nord del Salvini incoerente

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La fu Lega Nord cala nei sondaggi

La fu Lega Nord guidata da Matteo Salvini sta perdendo voti: non lo dice la sinistra, lo dicono i sondaggi. Ex sostenitori del Capitano stanno ora migrando verso il partito di Giorgia Meloni. Molte città settentrionali, storico zoccolo duro della fu Lega Nord, hanno visto la vittoria di Fratelli d’Italia alle scorse amministrative. Inoltre, nel Carroccio sta venendo sempre meno la fiducia di molti nei confronti di Salvini, soprattutto nell’area dei governatori.

Insomma, Matteo ha conosciuto periodi migliori. Già, quando la fu Lega Nord gli doveva la trasformazione da partito scissionista a nazionale, incluso il cambio di nome. In origine, c’erano i terùn. Poi vennero gli invasori delle terre africane. E infine, le figuracce internazionali in Polonia. Genesi imbarazzata e imbarazzante della Lega Nord.

Il Senatùr e il Capitàn

Prima dell’euroscetticismo, delle citofonate e degli interminabili elenchi. La Lega Nord della Padania libera, di Roma ladrona e dei vichinghi sui prati di Pontida. Era l’epoca del Senatùr verde, Umberto Bossi, fondatore e “Presidente a vita della federazione” Lega Nord. Matteo Salvini ha stravolto la storia del partito che diceva di voler liberare la Padania: ora pare che il partito voglia liberarsi di lui. D’altronde, son cose che càpitano ( non capitàno, i suoi piani erano ben altri) quando non ne azzecchi – letteralmente- una. Ad ogni modo, Salvini, da bravo demagogo qual egli è, ha adattato quel partito di estremismi regionali al grande pubblico del web. E pazienza se girano ancora i video di lui che fa la danza del Vesuvio con i suoi compagni ( off topic: il giovane Matteo era stato comunista) della Padania.

Così, la nuova Lega “guarda al futuro” e si presenta educatamente all’universo-mondo. Mentre i più duri e puri, quelli proprio granitici padani, se ne vanno a dà via i ciapp. Sociologia dell’imbarazzo: 2009, ancor prima di Salvini, i bossiani erano già cringe; nelle sale esce “Cado dalle nubi”, il primo film di Checco Zalone, che non ha dovuto nemmeno impegnarsi più di tanto per rendere comico un similcomizio del Carroccio.




I fasci di schieramento

Il lettore teocon-pasolin-fascio-scettico medio ha appena chiuso l’articolo. Pasolini? Sì perché Salvini, una volta, in piazza, citò Pasolini e il suo fascismo degli antifascisti. Sì, va be’, è una vecchia discussione, non è questo il punto. Eppure, basta poco per capire l’insensatezza di quel vicolo cieco di citazione. Diciamo pure che quelle parole perdono forza se pronunciate da un leader politico che ha legami con il partito di estrema destra Casa Pound.

Stupisce il fatto che, all’epoca, Bossi fosse contrario a questo scomodo, e incostituzionale, flirt politico. Il Senatùr si era sempre dichiarato antifascista, anche a causa della memoria storica ereditata dalla sua famiglia. E poi, come è logico pensare, un partito che spinge per la federazione politica non si sposa granché bene con uno che vuole invece uno Stato centralizzato e autoritario. Nonostante ciò, Salvini ha continuato per anni a scimmiottare nelle piazze facinorose colme di giovani neri, inteso come camicie nere. “Sono partito comunista ma non ci sono arrivato“.

La Lega di lotta e la Lega di lagne

A Machiavelli sfuggì una strategia politica molto accattivante: l’opposizione fatta da chi è al governo. Che con il potere delle immagini possiamo descrivere come un cane che si rincorre la coda. La dote di Salvini è la demagogia, è fattuale. Ai tempi del governo Conte I, Salvini non faceva altro che andar per piazze a far casino. Peccato che egli stesso ricoprisse un’importante carica in quell’esperienza di governo.

Matteo cambia la felpa ma non il vizio: sono mesi ormai che ripropone la stessa strategia anche con il governo Draghi. Basti pensare a tutte le volte che ha criticato il green pass nei talk show, per poi votarlo al governo. Stavolta però, a Salvini non conviene iniziare una crisi. La Lega infatti cala nei sondaggi, mentre la sua avversaria Meloni continua a salire. Quindi non resta altro che agitarsi da seduti e danzare sulle note del “Ballo del cespuglio”.




Un pacifista sbarazzino

Da quando Putin ha dato inizio all’orrenda guerra in Ucraina, Salvini cerca di dimenarsi nel dibattito pubblico in modo sbarazzino. Sì perché, a suo modo, mette una certa tenerezza assistere ai disastri politici che sta collezionando uno dopo l’altro sul fronte politico estero. Attenzione, il disastro politico non è la posizione reazionaria al conflitto, bensì la palese demagogia che essa nasconde, vieppiù fasulla e menzognera se si torna indietro di qualche anno. Anche qui, il pacifismo reazionario di Salvini non ha parentela alcuna con la sovranità dei popoli che la fu Lega Nord rivendicava per sé.

Federazioni a parte, nemmeno la narrazione alla John Lennon sulle armi ha un briciolo di credibilità. Il Capitano che dice di odiare le armi in tono cristiano, forse dimentica di aver imbracciato dei fucili, seppur in modo simbolico, in più occasioni. E dai, non prendiamoci in giro. Ci manca soltanto che Matteo inizi ad “aldomoreggiare” invocando convergenze parallele tra Putin e Zelensky.

La Lega dei briganti

Il fenomeno leghista esplose anche a causa dello scandalo Tangentopoli e gli inciuci della partitocrazia. Non solo! Salvini ha avuto anche una breve parentesi travagliana. Ed eccolo lì, il nostro comunist-padan-travaglian-destrorso Salvini, al quale i colori politici non bastano più, e cerca il lovecraftiano colore venuto dallo spazio. Comunque, la Lega non ha certo una silvana innocenza padana da Seconda Repubblica. Si parla di milioni di euro quando si parla dei fondi neri che la Lega avrebbe rubato allo Stato. Infatti, il vecchio brand di successo Lega Nord, che produceva caschi cornuti e banconote bossiane, non ha mica cessato di esistere. Sì perché, formalmente, il partito di Salvini è un altro, ovvero “Lega per Salvini premier”. E i debiti sono rimasti alla vecchia Lega, furbi loro. Un cambio di casacca di ispirazione craxiana. Nel senso socialista? No, nel senso che “Bella raga, ci vediamo in Tunisia”.

Anche in questa storia il filo politico di Salvini è legato a Mosca. Secondo questa pista, parte del debito leghista sarebbe stato estinto grazie a dei fondi russi. In ogni caso, questa vicenda non è ancora stata chiarita del tutto nelle aule di un tribunale. Sappiamo però di un accordo di natura politica tra il partito di Putin e quello di Salvini. Fatto di una gravità politica immensa anche prima della guerra in Ucraina, visti i precedenti storici della democratura di Putin. Che, inoltre, governa anche uno dei Paesi più corrotti e mafiosi al mondo. Da schifare Roma ladrona ad amare Mosca mafiosa è un attimo.




Il Carro al rovescio

Il Capitano avrà pescato la carta del Carro al rovescio, perché il successo è altrove. Certo, per adesso la Lega è lontana dall’estinzione, ma per quanto ancora? La scarsa affluenza degli elettori leghisti agli scorsi referendum la dice lunga sull’affezione di molti verso il partito. Non che Salvini abbia fatto granché per la campagna sulla “giustizia giusta”. Altro che il complotto invocato da Calderoli. A questa incertezza politica si aggiunge poi anche la stagione meloniana della destra italiana. La leader di FdI ha scippato a Matteo i suoi cavalli di battaglia identitari. Per dirla come Giò Pizzi: mamma, papà e parmigiano. E i barconi, non dimentichiamoci dei barconi. Pare proprio che la Lega non sappia più dove stia andando. Ma sappiamo benissimo invece dove può andarsene: a Pontida, ovvio.

Matteo Petrillo

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