La Francia e il mondo islamico: sono 74 le moschee e altri luoghi di culto islamici, come le scuole coraniche, che la Francia ha chiuso da gennaio 2020. L’obiettivo del governo è contrastare le infiltrazioni terroristiche all’interno della comunità musulmana francese, che conta quasi 6 milioni di fedeli: circa il 9% della popolazione.
La Francia e il mondo islamico: la moschea Pantin riaccende il dibattito
La moschea Pantin (Seine-Saint-Denis) sarà chiusa per almeno sei mesi. La decisione è stata presa pochi giorni dopo l’attacco che ha causato la morte del professor Samuel Paty. Ma la sola trasmissione di una videochiamata per il licenziamento di Samuel Paty è un motivo sufficiente per chiudere un luogo di culto?
Si riaccendono i riflettori sulla difficile integrazione dell’Islam in Francia. Riaperto il dibattito sul delicato equilibrio tra la difesa della laicité, della libertà di espressione, e dei diritti della numerosa popolazione musulmana francese.
Il presidente Emmanuel Macron ha, infatti, annunciato e in parte messo in atto una serie di misure restrittive contro individui e organizzazioni legate all’Islam radicale. L’obiettivo del governo è contrastare le infiltrazioni terroristiche all’interno della comunità musulmana francese, che conta quasi 6 milioni di fedeli: circa il 9% della popolazione.
Secondo il Presidente, molti membri della comunità musulmana vivrebbero in una società parallela, incline al fondamentalismo islamico e contraria “ai valori secolari della Repubblica francese”. Tuttavia, Macron non ha esitato, e ha ammesso le mancanze dei governi precedenti in merito, affermando
“ci siamo costruiti da soli il nostro separatismo, attraverso la ghettizzazione delle minoranze musulmane”.
La Francia e il mondo islamico: tra paradosso e realtà
Le rivolte nelle banlieues del 2005 e l’aumento degli attacchi terroristici sono una chiara testimonianza di come il fallimento dell’integrazione sostanziale abbia prevalso sull’eguaglianza formale sancita dalla Costituzione francese.
La marginalizzazione e la discriminazione quotidiane, che queste persone subiscono sia a scuola che in ambito lavorativo, da una grande parte della società, spiegano il risentimento che porta ad imboccare il sentiero della violenza.
Il nuovo progetto di legge per combattere l’Islam radicale risulta quasi interessante, a prima vista. Un passo importante per la Francia. Così come le parole del Presidente, che denuncia apertamente le mancanze della Francia – nei secoli – nei confronti della popolazione musulmana.
Ma se lo si esamina attentamente, qualcosa non torna. La legge in questione non è ancora stata approvata. Eppure sono 74 le moschee e altri luoghi di culto islamici, come le scuole coraniche, che la Francia ha chiuso da gennaio 2020.
Vantandosene, il ministro dell’Interno francese Gerald Darmanin ha affermato che negli ultimi tre anni sono state chiuse 43 moschee:
“Durante il suo mandato, il signor Macron ha avuto grande cura di chiudere diverse moschee, più di tutti i suoi predecessori”
Ha anche menzionato la possibilità di chiudere, per un periodo provvisorio di 6 mesi, “altre moschee ritenute non estremiste” ma che potrebbero perturbare la sicurezza pubblica in Francia.
Tuttavia, molti analisti temono che l’indurimento improvviso delle misure proposto dal presidente abbia dei limiti giuridici e possa provocare una ritorsione contro la comunità islamica.
Per quali motivi si può chiudere una moschea?
Dal 2017, con l’attuazione della legge antiterrorismo Silt, lo Stato ha la possibilità di chiudere un luogo di culto per un periodo di sei mesi al solo scopo di impedire atti di terrorismo, qualora in questo luogo si diffondano messaggi di incitamento all’odio e/o alla violenza. In tempi normali, la decisione spetta innanzitutto ai prefetti dei dipartimenti e al prefetto di polizia di Parigi. La durata della chiusura poi “deve essere proporzionata alle circostanze che l’hanno motivata e non può superare i sei mesi”, specifica il testo.
Cosa succede dopo il periodo di sei mesi? Lo Stato deve dare il proprio consenso prima della riapertura del luogo di culto. Per questo, una nuova associazione religiosa deve prendersi cura del luogo, e nominare nuovi imam.
Ma non accade sempre lo stesso… Dopo sei mesi la moschea “Al-Kawthar” di Grenoble è stata autorizzata ad aprire i battenti, nell’ agosto del 2019. Nel frattempo era stato espulso l’imam le cui proposte avevano portato alla chiusura del luogo di culto. A Lagny-sur-Marne, invece, la moschea è ancora chiusa da 5 anni. A Sartrouville la moschea è stata chiusa, poi riaperta e richiusa, prima di essere rasa al suolo. Secondo la prefettura, è un focolaio dell’Islam radicale.
Alcune organizzazioni musulmane si oppongono
Organizzazioni musulmane come CCIF o ADM (Azione per i diritti dei musulmani) si sono opposte con forza negli ultimi anni, pubblicando anche un rapporto dal titolo “Punizioni collettive”. Gli autori del rapporto sottolineano che si tratta di misure discriminatorie.
Hanno rilevato numerose violazioni dei diritti: libertà religiosa, libertà di coscienza, libertà di espressione, libertà di riunione, libertà di riunione, libertà di espressione individuale e collettiva, nonché libertà di opinione, libertà di associazione e diritto a un giusto processo, a un ricorso effettivo a priori.
Citando il rapporto:
“Nessuna delle moschee chiuse è stata oggetto di un’indagine giudiziaria in relazione al terrorismo. Gli strumenti della lotta al terrorismo sono deviati e servono come punizione collettiva a una comunità per un atto commesso da una terza persona, in violazione della libertà religiosa. Privano migliaia di musulmani di luoghi di culto e si rivelano misure discriminatorie e sproporzionate ”,
Il rischio è quello di “fare di tutta l’erba un fascio”, come si suol dire. In altre parole, limitare le libertà della maggior parte dei musulmani in Francia, che esercitano pacificamente la loro fede.
Infatti, continua il rapporto
“questo è davvero un attacco alla libertà religiosa e, per garantire che le moschee non abbiano accesso a rimedi efficaci, l’amministrazione sta facendo un lavoro sostanziale per assicurarsi che la moschea non riapra.”
Ciò significa perdere di vista la reale radice del problema e al contempo andando ad alimentare esclusione e pregiudizi.
La Francia e il mondo islamico: servono dialogo e coinvolgimento dei giovani
La reazione al fenomeno del fanatismo e della radicalizzazione di matrice islamista non può essere relegata solo ai classici paradigmi securitari.
Il chiaro limite dell’azione francese è il dialogo selettivo tra lo Stato e le organizzazioni islamiche. Così si trascura l’enorme evidenza che la stragrande maggioranza dei nuovi radicalizzati non proviene dalle moschee. Essi fanno riferimento ai canali youtube, alle chat su Telegram o ai forum online transnazionali sapientemente gestiti da alcuni gruppi foraggiati dal famigerato Daesh.
Come scrive Khalid Chaouki
“Occorre innovare con coraggio e maggiore convinzione nelle modalità di dialogo e coinvolgimento dei giovani musulmani dentro e fuori dalla moschea.”
Giulia Chiapperini