La fotografia post mortem: una inquietante usanza dell’età vittoriana

La fotografia post-mortem

La fotografia post-mortem  è una pratica che si è sviluppata nell’epoca vittoriana.

Questa usanza ha iniziato a diffondersi a metà dell’Ottocento poiché le fotografie cominciarono ad avere un costo più accessibile. 

La pratica della fotografia post-mortem è andata in disuso soltanto intorno agli anni ‘40 del Novecento.

La diffusione del dipinto post-mortem

All’epoca l’unico modo per tramandare la propria immagine era quella di farsi fare un ritratto. Non tutti però potevano permetterselo, a causa dei costi elevati della pittura e di quel lavoro artigianale.

Ciononostante, i primi dipinti che raffigurano persone defunte  compaiono tra il  XVI e XVII secolo nell’Europa del Nord (in Inghilterra) e in Spagna. 

Il dipinto post-mortem  era una pratica molto in voga nelle classi più agiate, richiesta dai nobili più benestanti o dagli stessi artisti dell’epoca.

I soggetti raffigurati in questa attività venivano dipinti appena dopo la propria morte. Questo per mantenere vivo  il ricordo della persona scomparsa, o per rendergli omaggio.

 La pratica della fotografia post-mortem

Dopo l’avvento della dagherrotipia, uno strumento più rapido e comodo, la pratica della fotografia post-mortem  rimpiazzò completamente l’utilizzo della pittura.

Possedere una fotografia di un proprio caro defunto  era ritenuto anche un segno di appartenenza ad un elevato ceto

I soggetti più comuni ritrovati nelle fotografie post-mortem  sono dei bambini o dei neonati. Questo a causa del tasso di mortalità, che era molto elevato in quegli anni. 

Nelle fotografie i cadaveri vengono rappresentati come se fossero ancora in vita.  Gli occhi venivano lasciati aperti o, in alternativa, venivano dipinti dei punti neri sulle palpebre chiuse.  A completare le scene, nella maggior parte dei casi c’erano i cari  del defunto o addirittura i suoi animali domestici.

 



L’evoluzione della fotografia post-mortem

Inizialmente, dei defunti nelle fotografie veniva ripreso soltanto il viso, poi il mezzo busto; raramente i soggetti venivano rappresentati nelle bare. 

Tra il 1840 e il 1860 i cadaveri venivano posizionati su un divano o una poltrona dell’epoca, con gli occhi chiusi e la testa appoggiata su un cuscino. In questa posizione la persona appare semplicemente addormentata  in un sonno profondo.

Successivamente, i corpi delle persone adulte sono stati rappresentati seduti e con gli occhi aperti. I bambini invece venivano fotografati mentre ‘’riposavano’’ su un divano o in una culla. A volte venivano affiancati da un giocattolo o dagli animali domestici. I neonati  solitamente venivano fotografati tra le braccia dei genitori.

In seguito, la fotografia post-mortem si limitò a mostrare il soggetto soltanto nella bara, tralasciando la componente realistica della fotografia.

La fotografia post-mortem è ancora praticata

Questa è sicuramente una delle pratiche più inquietanti della storia. Tuttavia, oggi questo tipo di fotografia è ancora praticata in alcune zone del mondo, ad esempio nell’Europa orientale. Sono soprattutto i credenti religiosi di queste aree a fotografare i loro cari, o i santi, nelle loro bare.

 Luisa Oranti

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