Gli spermatozoi sono tra le cellule più varie del mondo animale, se ne trovano con una coda, con code multiple, senza coda, con strutture simili ad uncini sulla testa …
La notizia che giunge dall’Università del Maryland è che un nuovo studio effettuato sui topi ha dimostrato che la forma degli spermatozoi ne determina il comportamento. In particolare gli spermatozoi con una testa grande rispetto alla coda adottano un comportamento cooperativo, nuotano insieme e facendolo raggiungono l’uovo più velocemente.
Come spesso accade il significato della ricerca pubblicata su Proceedings of the Royal Society B: Biological Sciences va oltre il fatto con cui abbiamo riassunto la notizia nel titolo.
Seppur interessante il fatto che la forma degli spermatozoi ne determini il comportamento è superato dal come sia stato scoperto che ha un significato più generale che potrebbe applicarsi a ricerche analoghe.
Nella maggior parte delle specie gli spermatozoi sono nuotatori solitari, ma esistono delle eccezioni, gli scienziati sospettavano che la forma avesse a che fare col comportamento ma non sapevano quale forma fosse legata a un certo comportamento.
Per lo studio hanno esaminato alcune specie di topi strettamente imparentate tra loro e hanno misurato lunghezza e larghezza degli spermatozoi. Prima a mano, poi hanno insegnato a un programma di computer a farlo e quando sono stati sicuri che la misurazione automatica era accurata hanno fornito al sistema immagini ad alta risoluzione degli spermatozoi delle sei specie ed hanno “chiesto” di trovare i tratti distintivi che erano più rilevanti rispetto al comportamento sociale degli spermatozoi.
Il risultato è stato che spermatozoi dalla forma a pala allargata (paddle) si uniscono e nuotano insieme. Ovviamente comportamento sociale è una metafora e gli spermatozoi non effettuano scelte, gli scienziati suppongono ci siano delle qualità adesive esaltate dalla forma larga e schiacciata.
Ma qual è il punto più generale a cui abbiamo accennato? Questa ricerca dimostra che il machine learning può essere utilizzato per indagare il comportamento di cellule complesse. Lo studio è stato il frutto dell’unione di competenze diverse, per la parte biologica le autrici principali sono la post-dottoranda Kristin Hook (autrice principale) e l’assistente professore Heidi Fisher (co-autrice) che dirige il laboratorio, ma la stessa Fisher rileva che l’aiuto del laboratorio del professor Wolfgang Losert (dipartimento di fisica ed istituto di scienza fisica e tecnologia) è stato fondamentale perché il suo laboratorio non aveva le competenze per la parte informatica.
Roberto Todini