La fontana di Trevi è una delle tappe fondamentali per ogni visitatore della città Eterna. È ormai corroborata l’usanza di gettare una monetina al suo interno, simbolo di buon auspicio. Questa tradizione lega ormai da decenni turisti provenienti da ogni parte del mondo. Ma qual è l’origine del gesto e il suo significato? E cos’è che da il nome alla vasca monumentale? I simboli nascosti dietro la fontana di Trevi risalgono a varie epoche storiche, alcuni sono antecedenti alla sua costruzione. Ecco un itinerario alla scoperta delle leggende popolari che hanno costruito il mito della fontana di Trevi!
La fontana di Trevi: alle origini del mito
Il tradizionale lancio della moneta affonda le sue radici nell’Ottocento sassone.
L’archeologo Wolfgang Helbig trascorse un periodo lavorativo a Roma. Alla fine del soggiorno, il pensiero della dipartita dalla città a cui si era legato, lo rese così malinconico da inventarsi un gesto di buon auspicio per farvi presto ritorno. Sarà poi il film “Tre soldi nella fontana di Trevi” a rafforzare l’usanza, diffondendo il trend. Qui il regista che curò anche la prima edizione di “Titanic”, Jean Negulesco, approfondisce il significato del gesto. Lanciando una moneta nella fontana, presto si ritornerà a Roma. Lanciandone due si incontrerà l’amore della propria vita. Infine lanciandone tre, si resterà per sempre con esso.
La fontana di Trevi è la più ricca del mondo
Forse in pochi sanno che ogni anno viene gettato nella fontana circa 1 milione e mezzo di euro. È però severamente vietato raccogliere le monete all’interno della vasca. Questa operazione viene effettuata con cadenza giornaliera dagli addetti alla sua manutenzione, che devolvono l’incasso alla Caritas. Dunque che si avveri o no il desiderio affidato all’acqua, il risultato è positivo. Un senzatetto avrà un riparo, un bisognoso avrà un pasto caldo.
La leggenda romana
La seconda leggenda legata alla fontana di Trevi, resta nell’Urbe. Siamo nel 19 a.C. L’ammiraglio Agrippa è di ritorno dalla Sicilia col suo contingente. Leggenda vuole, che giunti a Roma dopo la sanguinosa Battaglia di Nauloco una fanciulla vergine dal cuore gentile, indicò ai soldati stremati una fonte d’acqua dove abbeverarsi prima di ritornare dalle proprie mogli. Dopo la scoperta della fonte, Agrippa costruì l’acquedotto, essendo un ingegnere idraulico. Da questa vicenda trae origine anche un’altra tradizione popolare. In tempi di guerra, le giovani ragazze solevano far bere l’acqua della fontana ai propri fidanzati prima della loro partenza, suggellando il loro amore fino al nuovo incontro.
Un po’ di storia
L’etimologia del nome “Trevi” deriva probabilmente dal luogo a cui la fontana è ascritta: l’incrocio di tre vie, detto “trivium”. La costruzione della fontana di Trevi fu più che complicata. Papa Urbano VII Barberini volle ricostruire la fontana al centro dell’omonima piazza. Il suo desiderio era la creazione di una fontana monumentale. Nel 1640 assegnò l’incarico al Bernini. I progetti che il noto architetto presentò erano tutti molto costosi. Per questo il Papa pensò di aumentare le tasse sul vino, così da finanziare i lavori. Ma il malcontento cresceva, e il materiale era difficilmente reperibile. Ne derivò che i due morirono prima di vedere la sua realizzazione. Fu Papa Clemente XII Corsini a proseguire l’ambizioso progetto.
Nel 1730 fu indetto un concorso a cui parteciparono i migliori artisti dell’epoca. A vincerlo, l’architetto romano Nicola Salvi. Il tema che scelse fu il dinamismo, legato alla forma dell’acqua. Il progetto della fontana di Trevi vide la sua fine con lo scultore Pietro Bracci, sostenuto da papa Clemente XIII e diretto da Pannini. A partire dalla domenica del 22 Maggio 1762 è possibile sognare, ammirando la fontana tardo barocca in tutto il suo splendore.
Elena Marullo