Nel corso dei secoli, in molti hanno studiato il rapporto tra servo e padrone. E chiunque lo abbia fatto è inciampato nelle teorie di Hegel. Nato a Stoccarda nell’Agosto 1770 e morto a Berlino nel 1831, Hegel rimane uno dei nomi più conosciuti del mondo dell’idealismo tedesco. Il caposaldo della sua produzione è la Fenomenologia dello Spirito, prima grande opera del filosofo, pubblicata nel 1807.
Proprio all’interno della Fenomenologia, troviamo il famoso mito del servo e del padrone, che è stato anche ripreso da Marx per sviluppare le teorie del materialismo dialettico. Ma anche la psicanalisi si è confrontata con le teorie del filosofo tedesco.
Il pensiero di Hegel è estremamente articolato e strutturato, ma si può tentare di ricavarne alcuni aspetti e cercare di capirli. Per quanto riguarda il discorso dialettico tra servo e padrone, bisogna partire dal concetto di autocoscienza. L’autocoscienza, o coscienza di sé, sarebbe il requisito fondamentale per ripristinare l’armonia perduta. Il mondo moderno, infatti, sarebbe caratterizzato dalla scissione e dalla mancanza di armonia: la natura è separata dallo spirito, l’uomo dalla società, l’oggetto dal soggetto, il finito dall’infinito. In assenza armonia, l’uomo si sente estraniato sia dalla natura che della società, e deve ripercorrere le tappe che lo spirito ha percorso nei secoli.
Per raggiungere lo stato di armonia e autocoscienza, inizialmente Hegel sosteneva che fosse necessario l’amore. Negli anni, però, si trova a ritrattare questa teoria, e arriva a sostenere che sia il confronto dialettico a permettere di raggiungere il traguardo. E alla base del confronto dialettico vi sarebbe la lotta. Che ha come conseguenza l’asservimento di uno dei due soggetti.
L’uomo è inquieto per il semplice fatto che è alla ricerca della propria identità, e del proprio completamento. Questo appetito lo spinge a cercare di possedere, e a cercare di affermare la propria identità attraverso l’imposizione. L’autocoscienza, per essere reale, si può avere però soltanto per mezzo del confronto con altre coscienze. Inizia così una vera e propria lotta alla supremazia.
Così, attraverso di essa, colui che è riuscito ad imporsi si eleva, e crede per questo di aver raggiunto l’indipendenza, ed essersi per questo elevato. Il servo, al contrario, l’ha perduta, in quanto dipende dal proprio padrone. In realtà, le dinamiche non sono proprio queste.
Il padrone ha vinto e afferma la sua autocoscienza come coscienza della libertà sul servo. Il servo è legato al mondo materiale e con il lavoro va incontro ai desideri del padrone, soddisfacendoli. E deve avere tanta coscienza da riconoscersi diverso e dipendente dal signore, e quindi da riconoscere al signore la libertà. Va da sé che l’autocoscienza del padrone è debole, perché non esiste se non in relazione al servo.
Inoltre, il padrone non ha rapporto con la realtà. E proprio la realtà è l’unico mezzo che rende il servo indipendente. Perché gli permette di scoprire che il padrone non è veramente indipendente; ha, di fatto, bisogno del suo lavoro. Il servo, al contrario, nel suo lavoro è indipendente.
Il servo allora giunge, con l’elaborazione della realtà, alla sua autocoscienza. E il rapporto prima esistente col padrone ora si capovolge. E il servo non riconosce più il padrone come tale.
Il servo liberato è, sì, indipendente dal signore, ma non dalla realtà. Ma questa, è un’altra storia.
Sofia Dora Chilleri