Nella fase due “Occorre diminuire l’usa e getta della plastica, non è un toccasana” e fare in modo “che il materiale che viene utilizzato almeno sia recuperabile secondo i principi dell’economia circolare”.Così si è espresso Sergio Costa, ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare la settimana scorsa in un question time della Camera.
Nella vita post-lock down abbiamo assistito tristemente all’avverarsi di una profezia da molti annunciata. La fase due con la conseguente necessità di procedere alla riaperture in massima sicurezza ha dato il via all’utilizzo incontrollato di dispositivi in plastica usa e getta. In un periodo estremamente delicato e traballante il tema dello smaltimento dei rifiuti e delle possibili soluzioni sembra più attuale e più urgente che mai.
I dati ci mostrano una prospettiva a breve termine spaventosa
Diversi sono gli studi che ci presentano la diffusione nel breve termine di questi “nuovi rifiuti”.
Il politecnico di Torino stima che in futuro saranno necessari un miliardo di mascherine ed un miliardo di guanti al mese, per le sole imprese. Secondo l’Ispra, da qui a fine anno il sistema italiano dovrà fare i conti con un quantitativo di rifiuti derivanti dall’uso di mascherine e guanti compreso tra 150mila e 450mila tonnellate.
L’ Istituto assicura che il sistema impiantistico italiano è per ora in grado di trattare i rifiuti previsti dato il calo di rifiuti urbani, causato dal lockdown di questi mesi. Tuttavia, questa notizia seppur rassicurante da un punto di vista logistico, non risolve la questione ambientale. L’usa e getta, infatti, sembra al momento essere tornato in voga, presentandosi come la soluzione più sicura e più accessibile a tutti.
Fase due e plastica usa e getta: davvero così sicuro?
Immaginavamo il 2020 un anno che ci avrebbe anticipato un nuovo mondo finalmente libero dalla plastica usa e getta. L’Europa nel 2019 ha introdotto la nuova direttiva Ue sulle materie plastiche monouso, bandendone l’uso nel 2021. L’Europa si è anche posta l’obiettivo del 25% di contenuto riciclato nella fabbricazione di bottiglie entro il 2025 e del 30% entro il 2030. Tuttavia, la sopracitata direttiva non copre i dispositivi di cui abbiamo discusso fin ad ora. Inoltre, la pericolosità dei suddetti dispositivi infetti, rende quasi impossibile procedere ad una politica di riciclaggio.
Nella fase due le aziende produttrici di plastica usa e getta, non solo i dispositivi di protezione, ma anche coloro che si occupano dell’imballaggio dei prodotti, stanno procedendo a feroci strategie di marketing. Il fine è ovviamente cambiare la percezione pubblica della plastica sottolineandone le qualità di protezione igienica, soprattutto con l’usa e getta.
Ma siamo sicuri che la plastica usa e getta sia davvero così sicura? La risposta ci arriva dal National Institutes of Health che in un articolo afferma che il virus può rimanere fino a 72 ore sulle superficie composte di plastica contrariamente alla carta e al metallo sulle quali non sopravvive più di 24 ore.
La risposta dell’Istituto sembra essere avvalorata da altre ricerche e voci autorevoli che confermano come appunto esistano delle superficie più inospitali rispetto alla plastica.
L’economia circolare e il Covid-19
È innegabile la necessità di procedere con l’utilizzo dei DIP usa e getta in condizioni che richiedono sicurezza assoluta. Tuttavia, il dilemma su come evitare una catastrofe smaltimento che si sommi a quella sanitaria affrontata permane.
“Dobbiamo ridurre l’usa e getta e puntare sul materiale recuperabile secondo i princìpi dell’economia circolare: penso alle bioplastiche” ha osservato Costa.
Sulla stessa linea il “movimento 5 stelle” che si è espresso in occasione del webinar “RipartiAmo Ambiente” (promosso dal M5s e trasmesso su Teleambiente).
Durante la diretta è stato ricordato come l’UE , sia tutt’altro che disposta ad un dietro front sull’eliminazione dell’usa e getta, volendo anche in questa fase due puntare su riduzione, riciclo, recupero.
Differenti sono le proposte per mettere in moto un’economia circolare. Dalla più semplice come l’utilizzo di mascherine lavabili, alle più creative come quella dall’azienda di Pavia De Lama, specializzata in macchine per la sterilizzazione sanitaria.
Il prototipo sviluppato dall’azienda permetterebbe la sterilizzazione di dispositivi medici, garantendo continua disponibilità nel rispetto della sicurezza ma anche permettendo un consistente risparmio economico.
Il momento di ripartenza risulta essere adatto alla sensibilizzazione ambientale con la speranza che si possa procedere non nella direzione più facile ma in quella più virtuosa e lungimirante.
Arianna Pepponi