La divina Sarah Bernhardt, icona ribelle del teatro e dell’arte

Sarah Bernhardt

Prima dell’avvento del cinema e dellla televisione, il teatro regnava sovrano come il grande spettacolo delle masse, e Parigi era il palcoscenico del mondo. In mezzo a quel turbine di luci, costumi sontuosi e performance straordinarie, spiccava un nome che risuona ancora oggi con un’aura di magia e fascino: Sarah Bernhardt. La sua storia è un viaggio affascinante tra i riflettori, una narrazione di passione, ribellione e dedizione al palcoscenico che ha catturato il cuore del mondo per più di mezzo secolo, fino alla sua morte avvenuta il 26 marzo 1923.


Nell’epoca del XIX secolo, un’era che precedette l’avvento del cinema e della televisione, il palcoscenico del teatro dominava il mondo dello spettacolo e Parigi era indiscutibilmente il suo fulcro. Una figura risplendeva sopra tutte le altre: Sarah Bernhardt, un nome che evocava un’aura di magia teatrale. La sua storia si snoda tra le luci della ribalta, dal 1869 fino alla sua uscita di scena nel 1923.

Henriette Rosine Bernard, meglio conosciuta come Sarah Bernhardt, nacque a Parigi nel 1844, figlia di una cortigiana di origine olandese. Fin da giovane, dimostrò un carattere ribelle che le creò non pochi problemi. Il suo ingresso nella prestigiosa Comédie Française fu segnato da due uscite controverse: la prima volta fu licenziata per aver schiaffeggiato una veterana attrice, la seconda volta abbandonò la compagnia di sua spontanea volontà dopo essere stata costretta a interpretare un ruolo senza la preparazione necessaria. “Questo è stato il mio primo, e sarà anche l’ultimo, insuccesso“, dichiarò con fermezza.

Tuttavia, il destino le riservò un ritorno trionfale. Nel 1869, incantò il pubblico con la sua interpretazione di Zanetto in “Le passant” di François Coppée. Un critico la descrisse con parole poetiche:

“Sentirla recitare versi è come udire il canto degli usignoli, il sussurro del vento, il mormorio di un ruscello”. Ogni spettatore che assisteva alle sue performance ne usciva travolto dall’emozione. Il poeta Pierre Louys esclamò: “Ah, Sarah, Sarah! Sarah è grazia, giovinezza, divinità! Sono fuori di me! Mio Dio, che donna… Quando ti rivedrò, mia Sarah? Piango, tremo, impazzisco!”.

Sebbene avesse ottenuto riconoscimento anche nelle opere classiche di Jean Racine o William Shakespeare, il trionfo più eclatante di Sarah Bernhardt giunse grazie ai melodrammi romantici che facevano vibrare le corde del cuore. I suoi abiti sontuosi fecero scalpore, soprattutto quello indossato per il ruolo di Tosca, la protagonista dell’opera teatrale di Victorien Sardou, successivamente adattata in un’opera lirica da Giacomo Puccini.

Tuttavia, ciò che la rendeva veramente straordinaria era la sua padronanza delle pose e delle espressioni, come dimostrato in un’immagine tratta da un’opera di Sardou in cui Sarah incarnava la principessa bizantina Teodora. La sua voce, chiara come il cristallo eppure carica di passione, rappresentava un vero tesoro.

Il genio di Sarah Bernhardt come attrice la spingeva a sfuggire alle etichette e a sperimentare costantemente nuovi orizzonti. A volte, questa audacia sfidava l’età stessa. A trent’anni, sorprese il pubblico interpretando il ruolo di una donna ottantenne, mentre a settant’anni incantò gli spettatori con le sue performance da adolescente. Si cimentò persino in ruoli maschili, sostenendo che ciò che la affascinava non erano tanto i personaggi maschili, quanto l’indagine psicologica sugli uomini e le loro emozioni. La sua interpretazione di Amleto rimase memorabile.

Uno dei suoi più grandi successi al botteghino giunse quando recitò nel ruolo principale di “L’Aiglon” di Edmond Rostand, una toccante storia sul figlio di Napoleone, morto in Austria all’età di ventuno anni. Il pubblico rimase incantato da questa interpretazione quando Sarah aveva già compiuto cinquantasei anni.

Nel Natale del 1894, Sarah Bernhardt si recò alla tipografia Lemercier di Parigi alla ricerca di un artista che potesse creare i manifesti promozionali per “Gismonda”, uno dei suoi spettacoli, che dovevano essere pronti entro la fine dell’anno. In quel luogo, il suo destino si intrecciò con quello di Alphonse Mucha, un giovane artista ceco che si trovava a Parigi da sette anni. Il manifesto che nacque da questa collaborazione divenne subito un’icona dell’Art Nouveau, tanto ambita che la gente lo strappava dai muri, e persino il proprietario della tipografia ne vendeva copie di nascosto. Sarah rimase talmente impressionata dal risultato che assunse Mucha per la creazione delle pubblicità e dei costumi per i suoi spettacoli nei sei anni successivi. Questa collaborazione si rivelò estremamente vantaggiosa, plasmando l’immagine di Sarah Bernhardt come un’icona della Belle Époque.

Nel 1880, Sarah Bernhardt fondò una compagnia teatrale tutta sua, un gesto audace e coraggioso. Senza dubbio, avrebbe affrontato difficoltà, se non fosse stato per le sue tournée negli Stati Uniti, sette in tutto, tra cui le quattro “d’addio”, una trovata che fu sua invenzione. Nel 1899, acquistò un teatro a Parigi che portava il suo nome, oggi noto come il Théâtre de la Ville. Questa struttura aveva una capienza di mille posti e un vasto palcoscenico che consentiva scenografie straordinarie, come quella visibile in una foto scattata durante una rappresentazione di “Angelo, tiranno di Padova” di Victor Hugo nel 1905.

Sarah Bernhardt non fu soltanto una stella in Francia, ma il suo talento e la sua magia conquistarono il pubblico in tutto il mondo, soprattutto in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, dove fece numerose tournée, recitando sempre in francese.

Sarah Bernhardt fu anche una delle prime dive del cinema nascente. La sua prima apparizione sul grande schermo avvenne nel 1900, in un cortometraggio di due minuti intitolato “Il duello di Amleto”. Successivamente partecipò agli adattamenti cinematografici di alcuni dei suoi più grandi successi teatrali, come “La Tosca”, “La dama delle camelie” e, nel 1912, “La regina Elisabetta”. In quest’ultima interpretazione, realizzata all’età di sessantotto anni, condivideva il set con il suo amante dell’epoca, Lou Tellegen, molto più giovane di lei.

La vita privata di Sarah Bernhardt fu una serie continua di scandali che sconvolsero le fasce più conservatrici della società dell’epoca. Si sposò con un uomo undici anni più giovane di lei, e la sua lista di amanti comprendeva celebrità come il principe di Galles. Uno dei suoi amanti più facoltosi, il banchiere Jacques Stern, le elargiva una generosa somma di 25.000 franchi a settimana. Tuttavia, la sua relazione più duratura, che si protrasse per cinquant’anni, fu con la pittrice Louise Abbéma. Quest’amicizia diede vita a numerose voci e speculazioni sulla natura della loro relazione. Le due donne espressero la profondità del loro legame attraverso l’arte: Sarah realizzò un busto di Louise, con la quale pose per molte fotografie, e creò una scultura raffigurante le loro mani intrecciate. Louise Abbéma, d’altra parte, dipinse diversi quadri dell’attrice, uno dei quali fu inviato alla Comédie Française con una lettera che recitava:

“Un quadro di Louise Abbéma in occasione dell’anniversario della loro storia d’amore”.

La sua eleganza, le sue manie, le sue stravaganze e i suoi amori furono argomenti frequenti di discussione nei media europei e americani. Tra le sue eccentricità più evidenti spiccava la sua passione per gli animali esotici. Nella sua dimora, aveva creato una sorta di zoo privato, che ospitava creature straordinarie come un ghepardo acquistato a Londra, una tigre e addirittura un leone, il quale, si dice, si nutrisse di quaglie.

Sarah Bernhardt dimostrò anche un notevole talento nella scultura, esponendo le sue opere a Londra, New York e Filadelfia e partecipando a importanti esposizioni universali, come quella di Chicago nel 1893 e quella di Parigi nel 1900. In questo campo, come in molti altri, ruppe gli schemi convenzionali. Lavorava vestita da uomo, fumava sigarette mentre scolpiva, un’icona di ribellione e individualità.

Sebbene non avesse una forte inclinazione politica, Sarah Bernhardt non esitò mai a battersi per le cause che toccavano la sua sensibilità umana. Durante la guerra franco-prussiana del 1870, trasformò il suo teatro in un ospedale per i feriti di guerra, un gesto patriottico che dimostrava il suo attaccamento alla Francia. Non esitò a schierarsi anche nel famoso caso Dreyfus, l’infame accusa di spionaggio a un ufficiale ebreo. Non lo fece per le sue origini, poiché non concesse mai peso agli insulti antisemiti che talvolta le rivolgevano. Lo fece per il suo profondo senso di giustizia. Dopo aver letto “J’accuse” di Émile Zola, in cui l’autore denunciava l’ingiustizia nei confronti di Dreyfus, Sarah scrisse a Zola: “Grazie, caro maestro. Grazie in nome della giustizia eterna”. Durante la Prima Guerra Mondiale, nonostante l’età avanzata e il fatto che le avessero amputato una gamba nel 1915, su sua richiesta, per porre fine ai terribili dolori al ginocchio, si recò nei campi di battaglia su una lettiga, esibendosi in capannoni, spiazzi militari e nelle sale d’attesa degli ospedali. I soldati, molti dei quali ignoravano chi fosse, le tributavano sempre grandiose ovazioni.

Il 26 marzo 1923, all’età di settantotto anni, Sarah Bernhardt morì a Parigi per un’insufficienza renale. Il suo funerale, tenutosi tre giorni dopo, fu un evento epocale che il quotidiano “Le Figaro” descrisse come “una delle cerimonie più nobili e commoventi mai tenute a Parigi“, paragonabile solo al funerale di Victor Hugo trentotto anni prima. Il corteo funebre era composto da cinque carrozze, letteralmente sommerse da ghirlande e fiori che lasciavano una fragrante scia al loro passaggio. Da entrambi i lati delle strade, “una folla toccata da un autentico dolore” si accalcava per tutto il percorso, e il giornale stimò che più di un milione di parigini si erano riversati per rendere omaggio all’attrice, dai quartieri più nobili alle periferie più remote. La processione attraversò il teatro di Sarah Bernhardt prima di giungere al cimitero Père Lachaise, dove l’artista riposa eternamente.

La storia di Sarah Bernhardt, un’artista ineguagliabile, una donna che incantò il mondo con il suo talento e la sua straordinaria personalità, continua a brillare come una costellazione nella notte del teatro e dell’arte. La sua eredità è un monumento all’arte e al coraggio di sfidare i limiti imposti dalla società, ispirando generazioni future a perseguire i propri sogni e a esprimere la propria individualità con passione e dedizione. La Divina Sarah resterà per sempre nell’anima di chiunque abbia avuto la fortuna di assistere alle sue rappresentazioni o di conoscere la sua straordinaria vita.

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