Di Andrea Umbrello
Il nuovo virus, identificato per la prima volta in Cina, sta terrorizzando le persone in tutto il mondo. Più di 6.000 i casi di malattia e almeno 136 i decessi da quando è scoppiato un nuovo focolaio a Wuhan, durante il mese di dicembre. La maggior parte dei casi confermati arriva dalla Cina, ma da allora il virus si è diffuso in altre zone dell’Asia ed è apparso anche in Europa, America e Australia. Secondo i recenti rapporti, due i casi effettivamente accertati in Italia.
È giusto chiarire che il coronavirus è un patogeno piuttosto comune, di cui si classificano diverse tipologie. Per rendere l’idea, molti dei casi di raffreddore che puntualmente ci stendono a colpi di violenti starnuti, congestione e febbricola durante i mesi invernali, sono causati proprio da virus appartenenti a questo genere.
Molti sono specie-specifici e interessano unicamente gli animali, ma in alcuni casi può avvenire una trasmissione interspecifica tra animale ed essere umano. Questo è quanto avvenuto ad esempio nel 2002 con la SARS, nella provincia del Guangdong, sud della Cina. Altro caso analogo è il MERS, che nel 2013 è stato responsabile di oltre 800 vittime in Arabia Saudita.
Gli studi condotti fino a questo momento hanno portato gli esperti a credere che il nuovo coronavirus provenga proprio da un animale, senza però riuscire a circoscrivere con certezza la fonte specifica.
Non si conoscono ancora tutti dettagli sulla trasmissione del virus, ma certamente è richiesto un contatto piuttosto stretto e prolungato tra due persone affinché questo avvenga. Inoltre il virus non sarebbe in grado di sopravvivere per ore, o peggio giorni, al di fuori delle cellule ospiti, sfatando ogni mito di contagio attraverso la manipolazione di oggetti provenienti dalla Cina.
Gli esperti affermano che in 9 casi su 10 passi come una severa influenza, e solo in 1 caso su 10 subentrino complicazioni quali difficoltà respiratorie. E no, per difficoltà respiratorie non si intende il naso tappato!
Il virus è mortale nel 2-3% dei casi dimostrati in ospedale, in quei soggetti maggiormente a rischio per età o stato di salute.
Fatta la doverosa premessa sul quadro scientifico, posso lietamente spogliarmi del camice bianco e affrontare un secondo aspetto del pericoloso coronavirus, forse, più pericoloso dello stesso.
Certamente il coronavirus non è una semplice costipazione da prendere sottobraccio, ed è doveroso che gli studiosi dedichino tutto il tempo e le risorse possibili nel tentativo di ristabilire la calma e arginare l’emergenza, ma noialtri faremmo bene a non lasciarci travolgere dall’onda dell’emotività.
Se è impossibile domare la crescente preoccupazione, sarebbe quantomeno opportuno che ciascuno di noi cerchi di informarsi responsabilmente, prendendo in considerazione solo fonti attendibili e accreditate. E invece, quella a cui stiamo prevedibilmente assistendo è l’ennesima fiera dell’ignoranza, in cui futile allarmismo, fake news e xenofobia sfilano in un vorticoso carosello che rischia di inghiottire ogni buon senso.
Il nuovo pericoloso ciclo di disinformazione che si è generato attorno alla malattia, sta mettendo a dura prova la capacità della Cina di controllare le critiche interne riguardanti la gestione del problema. Negli altri Paesi invece, le principali piattaforme tecnologiche, tra cui Google, Twitter e Facebook, stanno unendo le loro forze nel tentativo di bloccare la diffusione di notizie false sul coronavirus. Da un lato, questi e altri giganti della tecnologia dibattono da sempre il principio di non poter stabilire cosa gli utenti possono o meno rendere pubblico. Dall’altro, è impossibile non riconoscere che la totale libertà di parola comporta enormi rischi, in particolare nei settori della salute e della medicina.
Gli sforzi fatti fino a questo momento non sono purtroppo serviti a molto. Le fake news germogliano quotidianamente causando un crescente clima di panico. Non ci si avvicina neanche lontanamente ai 110.000 decessi a causa del virus, non ci sono 50 milioni di persone in quarantena e nessuno è morto per strada.
Non sono mai stati depositati brevetti di coronavirus per la potenziale elaborazione di alcuni vaccini. Nessun bambino è stato abbandonato in aeroporto durante il tentativo di fuga dal Paese. La vitamina C non previene e non cura infezioni da coronavirus. L’ente federale per la gestione delle emergenze degli Stati Uniti d’America (FEMA) non ha mai proposto l’emanazione della legge marziale con lo scopo di contrastare la diffusione della malattia. Tedros Adhanom, il direttore dell’Organizzazione mondiale della sanità, non ha detto che ogni Paese dovrà affrontare i drammi derivanti dall’imminente diffusione del virus da soli.
La cosa più orripilante è che la diffusione della disinformazione non riguarda esclusivamente la gente comune che, per paura, per ottenere visibilità o semplicemente per buonafede, divulga notizie prive di fondamenta. Si stenta a crederlo, ma gli stessi media statali cinesi hanno twittato immagini nel tentativo di mostrare l’operosità del governo nella costruzione di un nuovo ospedale appositamente per far fronte all’emergenza sanitaria. Si è poi scoperto che in realtà le immagini non erano altro che quelle relative a un deposito di una società che vende contenitori modulari.
C’è un ultimo punto che merita di essere affrontato. Alcune informazioni sull’epidemia del virus sarebbero state eclissate per giorni dalle istituzioni di Wuhan in attesa che, dal governo centrale di Pechino, arrivasse l’autorizzazione a diffonderle pubblicamente.
Ad ammetterlo è stato Zhou Xianwang, sindaco di Wuhan: “Non abbiamo divulgato le informazioni in modo tempestivo e inoltre non abbiamo usato le informazioni in modo efficace per migliorare il nostro lavoro”.
Quindi, possiamo considerare disinformazione l’assenza dell’informazione stessa? Di sicuro è un fattore considerevole che spinge le persone a valutare ogni falsa notizia come potenzialmente vera, soprattutto in campi come l’assistenza sanitaria, da sempre, uno degli obiettivi principali della disinformazione.
Ho letto tutto l’articolo e sono assolutamente d’accordo sul fatto che il panico si stia scatenando tra la gente per disinformazione, e che 9 su 10 articoli che ho letto su Facebook sono più che chiaramente bullshit, ma sarei cortesemente curiosa di sapere le fonti di informazioni di questo articolo? Grazie mille 🙂
Ciao Nicole, e grazie per il tuo commento. Ti riferisci a qualche passo in particolare?
Un abbraccio
A. Umbrello