Mentre tra Israele e Palestina si combatte una guerra disastrosa che già conta più di mille vittime, l’ombra della disinformazione si fa strada sui social network, rendendo sempre più difficile l’accesso a informazioni accurate sul conflitto. Soprattutto su X sono state diffuse numerose fake news, al punto che Elon Musk è stato chiamato a rispondere della situazione dall’Unione Europea.
Dall’inizio del conflitto tra Hamas e Israele, il numero di contenuti condivisi e diffusi sui social network sul conflitto è cresciuto esponenzialmente. In contesti così complessi, la verifica delle informazioni diventa sempre più difficile, soprattutto perché si tratta di un processo che è, ovviamente, più lento rispetto alla diffusione di un contenuto online.
Alcuni ricercatori e gruppi di controllo esterni hanno affermato che la disinformazione sul conflitto abbonda sulle piattaforme, in particolare su X (ex Twitter), la cui forza lavoro, che includeva anche il team per la moderazione dei contenuti, è stata decimata dal nuovo proprietario Elon Musk, che l’ha acquistata l’anno scorso.
Un diluvio di informazioni fuorvianti
I contenuti falsi e manipolati che circolano su X riguardano principalmente vecchie immagini di conflitti armati non correlati che vengono riproposte o filmati militari che in realtà provengono da videogame, ma anche alterazioni di vecchi documenti ufficiali e contenuti provocatori che incitano all’odio sulla guerra tra Israele e Hamas.
Shayan Sardarizaden, giornalista per BBC Verify, ha raccolto, in una serie di thread su X, alcune informazioni fuorvianti sul conflitto a partire dal 7 ottobre, subito dopo l’escalation della violenza tra le due parti in conflitto. Secondo il giornalista, molti contenuti falsi provengono da account verificati, che pagano per la spunta blu sul social, una volta simbolo di autorevolezza e credibilità della fonte, ma che oggi rende più difficile il lavoro di fact-checking anche da parte della stessa piattaforma che, con le “Community Notes“, non è in grado di far fronte all’enorme numero di contenuti falsi o non verificati.
L’8 ottobre è stata diffusa l’immagine di un comunicato stampa della Casa Bianca che affermava falsamente l’autorizzazione da parte dell’amministrazione Biden dell’invio di 8 miliardi di dollari in aiuti a Israele. Il documento alterato era originariamente una nota del 25 luglio che annunciava l’invio di 400 milioni di dollari di aiuti all’Ucraina. Il fatto che il documento fosse falso, non gli ha impedito di raggiungere un vasto pubblico fino ad arrivare in cima ai risultati di ricerca di Google.
Il giorno prima si era diffusa la notizia secondo cui il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu era stato trasportato in ospedale, raggiungendo in pochissimo tempo più di 600mila visualizzazioni.
E ancora video che ritraggono finti ostaggi di Hamas, o bombardamenti che risalgono a prima dell’escalation degli ultimi giorni o che non sono neanche correlati con il conflitto in corso. Tra i più recenti c’è il video che accusa Israele di lanciare bombe di Fosforo bianco a Gaza quando in realtà si tratterebbe di un filmato risalente a marzo in cui si mostra la Russia che usa munizioni incendiarie in Ucraina.
Per non parlare dei numerosi video di missili e militari che vengono ricondotti ad Hamas, quando invece si tratterebbe di immagini provenienti da un videogioco chiamato “Arma 3”.
Recentemente, un gruppo di ricerca ha scoperto una rete di 67 account attivi su X che diffondevano in modo coordinato contenuti falsi e provocatori sulla guerra tra Iraele e Hamas. Secondo Cyabra, una società di analisi israeliana, circa un account su cinque che partecipa a conversazioni online sugli attacchi di Hamas è falso. Questi sono esempi lampanti di come la propaganda fuorviante online non riesca ad essere gestita e controllata dalla piattaforma.
Le responsabilità di Elon Musk
Molti esperti ritengono che la proliferazione di disinformazione su X intorno al conflitto tra Israele e Hamas sia il risultato delle trasformazioni che Musk ha apportato alla piattaforma nell’ultimo anno, compresa la decisione di licenziare gran parte dei dipendenti che si occupavano di moderare i contenuti online e quindi di contrastare le informazioni false o non verificate. Le modifiche apportate alla piattaforma hanno reso impossibile valutare rapidamente la credibilità degli account mentre l’introduzione della monetizzazione in base alle visualizzazioni ha creato incentivi perversi affinché gli account pubblicassero quante più volte possibile, anche se si tratta di voci non verificate.
Emerson Brooking, ricercatore dell’Atlantic Council Digital Forensics Research Lab, ha dichiarato a Wired US che “i cambiamenti introdotti da Musk alla piattaforma vanno tutto a vantaggio dei terroristi e dei propagandisti di guerra. I cambiamenti nella struttura dei guadagni e degli incentivi fanno si che le persone tendono a condividere un alto volume di informazioni che potrebbero non essere vere perché cercano di massimizzare il numero di visualizzazioni. Chiunque può comprare una spunta blu e cambiare la propria immagine del profilo mettendone una che assomiglia a quella di una testata. Ci vuole un bel po’ di lavoro per verificare chi dice la verità e chi no“.
Secondo i ricercatori, immagini e video di attacchi aerei o bombardamenti generano un forte engagement, nonostante si tratti di immagini orribili e drammatiche che però ottengono buoni risultati a livello di visualizzazioni e interazioni. Per questi motivi, negli ultimi giorni la piattaforma è stata inondata da contenuti fuorvianti o falsi, al punto che Elon Musk è stato chiamato a rispondere di questo fenomeno anche dall’Unione Europea.
Il capo dei diritti digitali dell’UE Thierry Breton ha avvertito il proprietario di X che la disinformazione sul conflitto diffusa sulla piattaforma rappresenta una potenziale violazione del diritto dell’UE, dandogli un ultimatum di 24 ore per conformarsi al Digital Services Act in vigore in Europa. Nella lettera, Brenton specifica che avrebbero ricevuto da fonti qualificate, “segnalazioni su contenuti potenzialmente illegali” che potrebbero violare le leggi europee e di cui deve rispondere nelle prossime 24 ore.
Musk ha risposto in un tweet chiedendo chiarimenti su quali fossero le violazioni di cui viene accusato.
Nel frattempo, la piattaforma ha assicurato il massimo impegno nel trattamento della crisi, il che include il proseguimento della politica sostenuta da Musk delle “Community notes”, una sorta di fact-checking dal basso che permette agli utenti iscritti di aggiungere informazioni di contesto ai tweet che considerano fuorvianti, attraverso una nota che viene allegata al post e che comunque, come è stato dimostrato, non tengono il passo con la velocità con cui si diffonde la disinformazione. Inoltre, i contenuti non vengono eliminati dalla piattaforma.
A peggiorare la situazione, Elon Musk, qualche giorno fa ha raccomandato due account discutibili per seguire in tempo reale le informazioni sul conflitto. Si tratta di @WarMonitors e @sentdefender, già noti agli esperti per diffusione di fake news e discorsi d’odio. Il post è stato cancellato poco dopo, anche se aveva raggiunto ormai più di 11 milioni di visualizzazioni.
Informarsi da fonti verificate e attendibili è importante soprattutto in situazioni complesse come quelle che riguardano i conflitti, così da evitare polarizzazioni e incentivare discorsi d’odio verso l’una o l’altra parte che poi si ripercuotono, inevitabilmente, sulla pelle delle vittime che le subiscono. La disinformazione e la misinformazione svolgono un ruolo devastante nell’inquinamento dell’informazione ed è quindi fondamentale ricordare che la guerra non è un gioco fatto di like e retweet sui social media.