La cura dell’anima secondo Socrate: dialogo e conoscenza di sé stessi

la cura dell'anima secondo Socrate

La cura dell’anima per Socrate consiste nel dialogo e nella conoscenza di sé stessi

Nel Carmide di Platone, Socrate elabora il nuovo concetto di cura dell’anima. Secondo la medicina greca antica, i mali delle singole parti del corpo non si possono eliminare se non curando il corpo nella sua interezza. Socrate supera questa teoria, aggiungendo che l’uomo nella sua interezza non è solo corpo, ma anche anima. Bisogna dunque curare in primo luogo l’anima, tramite la filosofia e il dialogo, che permettono di conoscere sé stessi e di raggiungere la temperanza.

Il Carmide di Platone affronta il tema di cosa sia la temperanza. Il dialogo comincia con Socrate che, tornato dalla battaglia di Potidea, si reca nella palestra di Taurea, e chiede quale sia il giovane più intelligente e bello. Gli viene così indicato Carmide, cugino di Crizia. L’incontro con Carmide è emblematico. Il ragazzo appare a Socrate come “straordinario per statura e per bellezza”, amato e ammirato da tutti, quasi fosse la statua di un dio.

Ma quello che interessa a Socrate non è tanto osservare la bellezza delle forme e il corpo di Carmide. Per Socrate, infatti, Carmide sarebbe perfetto solo se possedesse “un’altra piccola cosa”: un’anima bella.

I suoi interlocutori gli rispondono che Carmide è bello e buono anche in questo. Il filosofo chiede allora di poter “spogliare la sua anima”, per ammirare solo in seguito le sue forme. Spogliare la sua anima vuol dire dialogare con lui, conoscerlo. Socrate fa intendere in questo modo che per lui la vera bellezza non è tanto quella del corpo, quanto quella interiore. Nel corso del dialogo si capirà, inoltre, che l’uomo può conoscere sé stesso solo conoscendo la propria anima. E, in generale, per conoscere un uomo bisogna conoscere la sua anima.

Questo episodio dimostra il carattere spirituale di Socrate, che domina i propri sentimenti, controllandoli con la ragione ed esercitando l’auto-controllo. Proprio in questo consiste la temperanza.

Carmide viene dunque chiamato a parlare con Socrate. Il giovane aveva affermato poco prima di soffrire per un mal di testa. Socrate rivela di avere una medicina per curarlo, la quale però non risulta efficace se non viene accompagnata da un incantesimo. Solo in seguito Socrate spiegherà in cosa consiste questo incantesimo.



Socrate, infatti, prima espone a Carmide il concetto basilare della medicina greca. Secondo questa, per curare una singola parte del corpo è necessario curare il corpo nel suo insieme. Carmide si dice d’accordo con questa concezione. Tuttavia, Socrate afferma che questo non è sufficiente. Infatti, il corpo dell’uomo non si può curare senza curare anche l’anima. Il filosofo dice infatti di aver incontrato un certo medico, Zalmosside, che si diceva avesse la capacità di rendere immortali, e che proprio costui gli aveva rivelato che:

Come non bisogna curare gli occhi senza curare la testa, né la testa senza il corpo, così non bisogna curare neppure il corpo senza l’anima.

(156 E)

L’intero dell’uomo non consiste solo nel corpo, ma nell’unione di corpo ed anima. E come non si può curare una parte del corpo senza curare tutto il corpo, così non si può curare il corpo senza curare anche l’anima. Secondo Zalmosside, l’errore dei medici greci consisteva nel non concepire l’uomo nella sua interezza. Il medico avrebbe così continuato a dire a Socrate:

Tutti i mali e i beni per il corpo e per l’uomo nel suo intero derivano dall’anima e da qui rifluiscono.

(157 A)

È dunque l’anima la fonte di tutti i beni e i mali del corpo e dell’uomo nel suo complesso. Proprio per questo per curare l’uomo bisogna partire dalla cura dell’anima.

Viene così finalmente svelato l’incantesimo di cui parlava Socrate:

Bisogna dunque curare in primo luogo e soprattutto l’anima, se vuoi che siano in buona salute sia la testa che il resto del corpo. E l’anima si cura con certi incantesimi, e questi incantesimi sono i bei discorsi, e da questi discorsi si genera nelle anime la temperanza.

(157 A)

Ecco cosa sono gli incantesimi con cui si cura l’anima: “i bei discorsi”. Ma cosa si intende per “bei discorsi”? Essi consistono nella filosofia, che educa l’uomo alla temperanza (σωφροσύνη).

Il termine greco σωφροσύνη  ricopre un’area semantica piuttosto vasta, e non esiste in italiano un termine esattamente corrispondente. Nel corso dell’evoluzione della civiltà greca, il termine subisce dei mutamenti di significato. L’etimologia del nome indica uno stato di salute mentale, e dunque di avvedutezza e saggezza. Una tale facoltà non investe solamente l’intelletto, ma l’intera persona. Ai tempi di Platone, la σωφροσύνη indica perlopiù il controllo dell’individuo su sé stesso, sulle proprie passioni, sui piaceri e i desideri. In questo senso, è affine al termine italiano “temperanza”. Un altro modo in cui si può tradurre σωφροσύνη è “saggezza”, che può essere intesa come la conoscenza di sé stessi.

Il conoscere sé stessi è uno degli assi portanti del pensiero di Socrate.

Uno dei primi filosofi a valorizzare questo concetto è Eraclito: “A tutti gli uomini è data la possibilità di conoscere sé stessi ed essere temperanti” (22, A 116 Diels-Kranz). È Socrate, tuttavia, ad identificare il concetto di uomo con quello di anima. Socrate viene presentato come il vero medico dell’uomo, che comprende che per curare i mali bisogna curare soprattutto l’anima. E questo avviene tramite la temperanza, che si configura come il dominio dell’anima sul corpo.

Conoscere sé stessi significa anche arrivare a comprendere qual è il ruolo che ci compete all’interno della società. L’auto-consapevolezza diventa dunque fondamentale non solo per la vita del singolo, ma dell’intera comunità di cui fa parte. Infatti, solamente una società in cui ciascun individuo realizza sé stesso può funzionare.

Platone è il filosofo che ha portato il concetto di “cura dell’anima” al livello più alto nel mondo antico. Tuttavia, ciò non sarebbe avvenuto senza seguire le orme del suo maestro Socrate.

Socrate stesso, nel suo discorso apologetico di fronte ai giudici, riportato nell’Apologia di Socrate di Platone, afferma:

Non dei corpi dovete prendervi cura, né delle ricchezze né di alcun’altra cosa prima e con maggiore impegno che dell’anima, in modo che diventi buona il più possibile […]. La virtù non nasce dalle ricchezze, ma dalla virtù stessa nascono le ricchezze e tutti gli altri beni per gli uomini, in privato e in pubblico.

(30 A-B)

La concezione di cura dell’anima come intesa da Socrate e Platone resta uno degli insegnamenti più grandi della filosofia antica. E oggi più che mai è necessario ricordarlo.

Liberarsi dai mali che ci affliggono significa in primo luogo curare l’anima. E la cura dell’anima secondo Socrate consiste proprio nella filosofia, cioè nel dialogo interpersonale che ha come scopo la conoscenza, intesa come conoscenza di sé stessi e in generale di ciò che è bene e ciò che è male. Solo in questo modo si può raggiungere la temperanza, cioè l’auto-dominio che permette all’uomo di ottenere la salute e di realizzarsi sia come persona che come cittadino.

Giulia Tommasi

 

 

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