Stati Uniti e Arabia Saudita hanno chiesto congiuntamente alle forze armate sudanesi e alle forze di sostegno rapido di concordare l’estensione del cessate il fuoco di una settimana, necessario per fornire aiuti umanitari alla popolazione civile. Nonostante la tregua iniziata il 22 maggio, gli scontri sono continuati a Khartoum e in alcune aree della regione del Darfur.
È ormai passato più di un mese da quando, il 15 aprile scorso, sono iniziati gli scontri tra le due fazioni militari sudanesi che vedono schierati da una parte le Forze armate sudanesi guidate dal generale Abdel Fattah a-Burhan, dall’altra le Rapid Support Forces, un potente corpo militare guidato da Mohammed Hmdan Dagalo, detto Hemedti.
L’escalation, culmine di tensioni fra i due ex alleati nel golpe del 2021, sta costando un bilancio sempre più critico al Paese. Le situazioni più gravi si registrano nella capitale di Khartoum e nelle vicine Omdurman e Bahri, ma anche nella regione del Darfur occidentale. Il bilancio dei combattimenti che hanno colpito il Sudan è di più di 700 morti e più di 5000 feriti.
La crisi umanitaria in Sudan
La crescente crisi umanitaria in Sudan si colloca sullo sfondo di una lunga crisi economica e di conflitti preesistenti in alcune parti del paese, con un terzo della popolazione che aveva già bisogno di assistenza umanitaria. Oltre alla dislocazione su larga scala, il conflitto ha reso sempre più difficile l’accesso a cibo, acqua, denaro, carburante, assistenza sanitaria e altri servizi di base per milioni di persone. L’elevata insicurezza e il saccheggio di beni e uffici umanitari hanno compromesso l’accesso umanitario ai luoghi chiave del conflitto.
Il numero di persone bisognose di assistenza umanitaria è aumentato da 15,8 milioni, stimato nel novembre 2022, a 24,7 milioni nel maggio 2023, che rappresentano un aumento del 57 per cento.
Esodo in aumento
Mentre il conflitto continua, l’esodo della popolazione verso porti più sicuri aumenta. Secondo l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, questa è la peggior crisi umanitaria che il paese abbia mai visto. Sarebbero almeno 1,1 milioni le persone che sono state costrette a lasciare le loro case, sia nella capitale che in altre città. Si tratta di una crisi che, come denuncia UNHCR, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, ha causato un’emergenza sia all’interno del Sudan, sia nei paesi limitrofi come Ciad, Sudan del Sud ed Egitto, dove innumerevoli persone si rifugiano in cerca di salvezza.
La pressione maggiore si sta esercitando sull’Egitto, destinazione di quasi 70mila fra richiedenti asilo e rifugiati in transito verso nord. Oltre 26mila migranti sono defluiti in Ciad, Paese che già ospita 400mila rifugiati sudanesi e confina con il Darfur, mentre più di 43mila hanno varcato la frontiera meridionale con il Sud Sudan: una quota che si divide fra 2.756 nuovi arrivi e un totale di 40.295 sud sudanesi rimpatriati.
In mancanza di una risoluzione di pace rapida e duratura, le ripercussioni saranno devastanti per il paese. Circa il 68% degli sfollati interni proviene dallo stato di Khartoum, con alcuni che fuggono negli stati vicini e altri che cercano rifugio all’interno dello stato. Il maggior numero di sfollati interni si trova nel Darfur occidentale, nel Nilo Bianco e negli Stati del Nord. Tra le tantissime persone sfollate, si stima che almeno 368.000 sono bambini.
La crisi umanitaria in Sudan prima del conflitto
Prima dell’attuale conflitto il Sudan era già alle prese con crisi e sfollamenti. Alla fine del 2022, 3,7 milioni era il numero degli sfollati interni, con la maggior parte che vivevano nei campi profughi in Darfur. Altre 800mila persone si sono rifugiate nei paesi limitrofi, in particolare in Egitto, Sud Sudan, Ciad, Etiopia e Repubblica Centrafricana.
Senza una soluzione alla crisi, altre centinaia di migliaia di persone saranno costrette a fuggire in cerca di sicurezza e assistenza di base. L’UNHCR e i suoi partner stimano che il numero di rifugiati e di persone rimpatriate potrebbe arrivare a 860.000 entro ottobre.
La situazione attuale
Secondo Medici Senza Frontiere, la situazione è catastrofica. Molti civili, feriti e operatori dell’organizzazione sono bloccati nelle zone di guerra senza possibilità di fuga. Gli scontri nel paese hanno visto inoltre ospedali bombardati, strutture umanitarie saccheggiate e gruppi di aiuto stranieri costretti a sospendere la maggior parte delle loro operazioni.
In Sudan, gli scontri a Khartoum e in Darfur hanno limitato la capacità anche dell’UNHCR e delle altre agenzie umanitarie di fornire assistenza. Inoltre, i rifornimenti di aiuti sono stati saccheggiati. Nelle aree in cui la situazione di sicurezza è più tranquilla, l’UNHCR è riuscito a visitare gli insediamenti dei rifugiati e sta collaborando con la Commissione per i Rifugiati del Sudan per continuare a fornire protezione e assistenza. L’approvvigionamento di acqua e assistenza sanitaria di base sono ancora disponibili, e il Programma Alimentare Mondiale ha ripreso le distribuzioni di aiuti alimentari nei campi profughi nell’Est.
Secondo il World Food Programme, oltre 15 milioni di persone hanno affrontato una grave insicurezza alimentare in Sudan prima di questo conflitto e ci si aspetta che i numeri crescano in modo significativo mentre i combattimenti continuano.
Nel frattempo, Stati Uniti e Arabia Saudita hanno chiesto alle parti in conflitto in Sudan di estendere il già fragile cessate il fuoco che scadrà oggi, lunedì 29 maggio, mentre settimane di combattimenti hanno portato ad una sempre peggiore impasse politica.
Aurora Compagnone