La crisi climatica in Italia mostrerà i suoi effetti molto prima di quanto crediamo

La crisi climatica in Italia

Foto di Pete Linforth da Pixabay

La crisi climatica in Italia mostrerà i suoi effetti molto prima di quanto crediamo.

Questo è ciò che emerge dal report “Analisi del Rischio. I cambiamenti climatici in Italia“, della Fondazione Cmcc, Centro Euro – Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici. 



La ricerca è stata condotta da 30 autori coordinati da Donatella Spano, membro della Fondazione Cmcc e docente dell’Università di Sassari.

Le simulazioni hanno preso in considerazione le due possibili situazioni estreme. Il caso ottimistico, in cui saranno stati presi seri provvedimenti per il taglio delle emissioni di anidride carbonica, e quello pessimistico, senza alcuna mitigazione e con uno sviluppo economico analogo all’attuale.

Temperatura in aumento e precipitazioni in diminuzione

I diversi modelli climatici sono concordi nel valutare un aumento della temperatura fino a 2°C nel periodo 2021-2050 (rispetto a 1981-2010).

Nello scenario peggiore i cambiamenti più drastici sono attesi nella zona delle Alpi. Dove l’innalzamento della temperatura può raggiungere la soglia shock di 5°C alla fine del secolo. In questo contesto le precipitazioni vedranno una significativa diminuzione in estate, soprattutto per le regioni del Sud e del Centro. Mentre si potrebbe verificare un aumento per il Nord in inverno.



Viene anche segnalato un aumento sul territorio della massima precipitazione giornaliera per la stagione estiva ed autunnale, più marcata per lo scenario ad elevate emissioni di gas serra.

L’impatto del clima sul mare

L’ambiente marino vedrà un aumento delle temperature superficiali.

Inoltre – sia per lo scioglimento dei ghiacci a livello globale, sia per effetto dell’aumento di volume dell’acqua dovuto al riscaldamento – aumenterà anche il livello del mare.

Come emerge dal report:

“Si prevede che il livello del mare alla fine del secolo aumenterà di circa 43 centimetri nello scenario di riduzione molto elevata delle emissioni (RCP2.6). E di circa 84 centimetri nello scenario ad alte emissioni (RCP8.5), rispetto al periodo 1986-2005. L’oceano, che assorbe oltre il 90% del calore in eccesso nel sistema climatico, si sta riscaldando senza sosta dal 1970. Questo riscaldamento è dovuto alle attività umane ed avviene a tutte le profondità”.

Già nel periodo 2005 – 2015, in media, globalmente il livello del mare è cresciuto a un ritmo di 3,6 mm all’anno. E si tratta di un aumento senza precedenti nel corso dell’ultimo secolo e non sembra arrestarsi.

Ci sarà anche una crescita dell’acidificazione delle acque marine e dell’erosione costiera.

Se non si dovessero intraprendere misure di adattamento, aumenteranno i rischi di inondazioni ed eventi estremi per le zone costiere. Insieme ad impatti negativi sulla biodiversità marina e ad una riduzione del potenziale di pesca e delle risorse marine con ripercussioni a catena anche per l’economia, il turismo e la sicurezza alimentare.

L’ambiente urbano

La crisi climatica in Italia ha già avuto un forte impatto sul territorio nazionale. Basti pensare che gli eventi estremi sono aumentati in Italia del 9% negli ultimi vent’anni e le zone urbane sembrano essere le più vulnerabili.



L’ambiente urbano è caratterizzato dalla presenza di superfici impermeabili, ricoperte da cemento e asfalto e da poche aree di carattere naturale (suolo e vegetazione).

Con l’aumento delle temperature, delle ondate di calore e delle piogge intense, bambini, anziani, disabili e persone più fragili saranno coloro che subiranno maggiori ripercussioni. Sono attesi, infatti, incrementi di mortalità per cardiopatie ischemiche, ictus, nefropatie e disturbi metabolici da stress termico.

Aumento della mortalità

Accanto ai succitati rischi, purtroppo, ce ne sono altri dovuti alle cosiddette “notti tropicali”. Che altro non sono che il numero di giorni con temperatura minima maggiore di 20°C. Ed in entrambi gli scenari evidenziati nel report, si prospetta un loro netto aumento.

Come si legge:

“Si tratta di un valore molto importante per valutare l’impatto dei cambiamenti climatici sul benessere fisico delle persone. Se la temperatura minima rimane al di sopra del valore di 20°C, il corpo umano non ha la possibilità di rinfrescarsi dopo una giornata di caldo intenso”.

Per alcune fasce della popolazione, come anziani e persone malate, questo può determinare un aumento della mortalità.

Rischio idro – geologico

Dall’analisi combinata dei dati che riguardano l’aumento delle temperature e dell’aumento di frequenza / intensità di eventi atmosferici violenti (quando non estremi), si deduce che ci si deve aspettare l’aggravarsi di una situazione di per sé molto complessa.

Lo scioglimento di neve, ghiaccio e permafrost indica che le aree maggiormente interessate da fenomeni di dissesto sono e saranno le zone alpine e appenniniche. Precipitazioni intense, invece, contribuiranno a un ulteriore aumento del rischio idraulico per piccoli bacini e del rischio associato a fenomeni franosi superficiali per le aree con suoli con maggior permeabilità.

Il problema dell’acqua

Avere acqua a disposizione per tutti e per tutte le necessità è un requisito fondamentale per una crescita equa e sostenibile, per la competitività delle imprese e la tutela dell’ambiente naturale.

Purtroppo si prospetta una riduzione della quantità di tale risorsa, sia superficiale che sotterranea. E questo accadrà in quasi tutte le zone semi – aride del Paese soprattutto al Sud – con conseguente aumento dei rischi che ne derivano per lo sviluppo sostenibile del territorio.

In una simile situazione l’inadeguatezza delle infrastrutture – che causano perdite di acqua fino al 50 per cento in volume – rappresenta un evidente, ulteriore grave problema.

I costi

Gli impatti economici della crisi climatica in Italia risulteranno ancora gestibili, seppure con costi non trascurabili (attorno allo 0,5 per cento del PILsolo per aumenti di temperatura contenuti entro i 2 °C rispetto al periodo preindustriale.

Se le temperature dovessero aumentare ulteriormente rispetto a questo scenario, i costi economici aumenterebbero in modo esponenziale. Nello scenario climatico ad alte emissioni – che prevede un aumento della temperatura medio di 4°C rispetto al periodo preindustriale a fine secolo – le perdite di PIL pro capite sarebbero superiori al 2,5% nel 2050 e tra il 7 – 8% a fine secolo.

Per evitare di arrivare al punto di non ritorno urgono provvedimenti. Investire nella sostenibilità sembra essere l’unica strada percorribile.

Anna Gaia Cavallo

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