Di Zar Abdul
Mi sono spesso chiesto come mai dopo secoli di tratta degli uomini africani, dopo circa 4 milioni di morti, e dopo la schiavitù come istituto riconosciuto dall’allora mondo civilizzato, viviamo tutt’ora in un’era nella quale la discriminazione e la violenza verso alcune minoranze, e in particolare verso gli uomini e le donne nere sia così diffusa.
A rigor di logica, si dovrebbe parlare di riparare agli abomini del passato, e di restituire qualcosa ad un intero continente che ha forzatamente contribuito allo sviluppo dell’occidente attuale col proprio sangue.
In America si parla da qualche tempo di “reperation” attraverso appunto la “reperation bill” in discussione dal 2019, con l’intento di creare una commissione che studi l’impatto della schiavitù sui sistemi della società attuale, e di riparare ai danni rivolgendosi con particolare attenzione agli afroamericani discendenti da persone schiavizzate.
Consapevole che questo sia solo un piccolo inizio verso ciò che dovrebbe essere normale, una delle risposte che ho trovato al fatto che tali discriminazioni e violenze continuino ingiustificatamente è che ci sia stato un processo di “criminalizzazione del nero” partito proprio degli Stati Uniti.
Come abbiamo visto recentemente le proteste del movimento Black Lives Matter hanno avuto un impatto importante in ogni angolo nel globo. Ciò che succede oltreoceano, dunque, influenza buona parte del mondo, nel bene e nel male: è così oggi ed era così nel secolo scorso.
Gli States videro la fine della schiavitù in tutti i loro territori nel 1865, col Tredicesimo Emendamento.
Questo significava che di punto in bianco i proprietari terrieri, e i ricchi uomini del sud si sarebbero trovati senza la grande massa di forza lavoro gratuita di cui facevano uso per lavorare i campi.
Tuttavia, l’emendamento in questione aveva una scappatoia che fu ben presto la soluzione al problema.
Infatti, la Sezione I afferma che:
“La schiavitù o altra forma di costrizione personale non potranno essere ammesse negli Stati Uniti, o in luogo alcuno soggetto alla loro giurisdizione, se non come punizione di un reato per il quale l’imputato sia stato dichiarato colpevole con la dovuta procedura.”
Ed è proprio da qui che partiamo: esisteva un modo per continuare ad essere schiavi, ovvero da prigioniero. Il ‘900 fu di fatto il secolo della criminalizzazione del nero e dello straniero e della mass incarceration negli Stati Uniti.
Secondo un report di inizio anno della Prison Policy Iniative, nonostante l’America rappresenti solo il 5% della popolazione mondiale, contiene nelle sue prigioni il 25% della popolazione carceraria mondiale, per un totale di 2,3 milioni di detenuti.
Nel 1915 uscì con grande impatto e successo la pellicola “Nascita di Una Nazione” (di David Wark Griffith).
Nel film i neri venivano interpretati da bianchi con la faccia dipinta di nero (blackface) e rappresentati come barbari, stupidi, scimmie, pericolosi individui, stupratori e criminali.
La pellicola ebbe il demerito di far rinascere il Ku Klus Klan, ed avviò il periodo più buio e brutale della repressione e della segregazione degli afroamericani dopo la schiavitù. Riuscì in definitiva a de-umanizzare i neri rendendo ancora più giustificabile e socialmente accettata la violenza nei loro confronti.
L’incarcerazione di massa vide gli afroamericani incarcerati brutalmente sia durante gli anni delle lotte per i diritti civili, ma ancora di più dagli 70′ fino ai giorni nostri, dove ci fu un incremento importante degli incarcerati non bianchi. Fu coniato addirittura il termine “super predator”, usato sia dal presidente Bill Clinton che dalla moglie Hilary nel 1993, per definire l’estrema pericolosità dei giovani neri americani e la necessità di agire duramente per reprimerli.
Quando sono politici che ricoprono cariche di così alto rango a veicolari messaggi del genere è inevitabile che questo influisca sulla società.
La situazione italiana è completamente diversa, ma anche nel bel paese c’è stato un processo di criminalizzazione dello straniero, e in particolare nel nero.
Il 30 luglio 2002 entrava in vigore la legge no 189, meglio nota come la Bossi – Fini, che disciplina la delicata materia dell’immigrazione.
In maniera analoga a ciò che abbiamo visto per gli Stati Uniti è sempre una legge che favorisce la criminalizzazione di fatto.
Nello specifico la Bossi – Fini toglie la possibilità concreta di entrare nel territorio italiano in maniera regolare per motivi lavorativi.
Di fatto lo Stato italiano afferma che, in qualche modo, una persona che non è mai stata in Italia per avere il diritto di entrare deve obbligatoriamente essere in possesso di un contratto di lavoro (della durata massima di 2 anni) stipulato da un datore che non ha mai incontrato personalmente, e scritta in una lingua che non capisce.
Scaduto il termine, il lavoratore dovrà ritornare nel proprio paese di origine a spese del datore di lavoro.
Quanto è realistica la possibilità di entrare nel paese a queste condizioni?
In questo modo l’unica alternativa percorribile rimane quella della pericolosa e mortale traversata nel mediterraneo con i barconi, entrando direttamente come clandestini.
La fase successiva in ordine temporale è stata l’introduzione nell’ordinamento giuridico del reato di clandestinità.
La fattispecie consiste nel sanzionare un individuo che entra e/o si trattiene sul territorio italiano senza seguire le regole e le modalità stabilite dalle Bossi-Fini e del Testo Unico sull’Immigrazione (TUI).
Occorre dire che si tratta di un reato punito esclusivamente con ammenda che va dai 5000 ai 10000 euro; parliamo quindi di un reato contravvenzionale, che non prevede la limitazione della libertà personale.
È importante ricordare che secondo l’attuale TUI, se al momento del rinnovo del permesso di soggiorno non si hanno i requisiti necessari (solitamente un contratto di lavoro) si passa da una situazione di assoluta regolarità ad una di irregolarità e clandestinità, e questo indipendentemente dagli anni di vita che un individuo ha passato in Italia, pagando le tasse e contribuendo al sistema.
Un reato che in questo specifico caso punisce non un atto illecito, bensì uno semplice stato d’essere, per di più del tutto involontario.
La conseguenza è che (si può) si deve essere espulsi secondo la legge.
Tuttavia, non è questo ad avere tenuto banco durante le discussioni sull’immigrazioni.
Il messaggio veicolato in questi anni è che le persone scelgano volontariamente la via clandestina, venendo dipinti quest’ultimi come criminali che infrangono la legge.
In quanti sceglierebbero la clandestinità se avessero la possibilità di entrare in maniera pacifica e legale senza rischiare la vita? Sicuramente staremmo parlando di un numero decisamente ridotto di sbarchi e di morti nel mediterraneo.
Negli ultimi anni l’aumento della disinformazione e delle fake news ha portato alla nascita di un vero e proprio sentimento di ostilità e odio nei confronti degli immigrati clandestini in primis, e di quelli regolari poi.
Una ricerca dell’AGCOM (L’Autorità per le Garanzie delle Comunicazioni) pubblicata nel 2018, condotta su 14 mila utenti, mostra come in realtà la diffusione delle fake news sia più efficace ed ottenga molta più visibilità rispetto alle notizie veritiere.
Queste informazioni, quando riguardanti gli immigrati contengono notizie tendenti a criminalizzare il nero senza alcuna distinzione, e questo ha alimentato in maniera determinante l’equazione nero = criminale.
Stando ai dati raccolti nel 2016 dall’European Social Servey, l’Italia è il terzo paese in cui gli immigrati vengono visti in maniera più negativa.
Alla domanda posta agli italiani se secondo loro gli immigrati rendono il paese un posto migliore o peggiore dove vivere, le risposte sono state le più negative di tutta l’Europa, fatta eccezione per Ungheria e Russia.
L’aumento dei flussi migratori nel mediterraneo, dovuto innanzi tutto alla mancanza di vie legali per entrare nel paese per colpa della Bossi-Fini, è stato colto come occasione per fare propaganda, arrivando, appunto, ad ottenere il risultato che per una parte consistente degli italiani l’immigrazione e l’immigrato (soprattutto africano e nero) è di fatto un problema legato alla sicurezza.
Secondo i dati Istat del 2018 in Italia ci sono circa 5,25 milioni di stranieri regolari, di cui solo 3,6 proveniente da paesi extra UE; eppure ormai si sente parlare di richiedenti asilo, rifugiati, clandestini ed immigrati come se non ci fosse alcuna distinzione tra queste categorie di persone, finendo per mettere nello stesso calderone chiunque abbia la pelle scura.
Ne è la prova ultima, il fatto che ormai “immigrato” sta avendo sempre più un’accezione negativa e legato solo alle persone dell’Africa sub-shariana, al pari di extracomunitario, e questo dimostra quanto è forte ed efficace la criminalizzazione dello straniero e del nero.
tutto giusto e condivisibile.
MA,
se un popolo non accetta una società multirazziale con tutte le rogne che comporta,
perchè deve essere costretto ad adattarsi a forza?
è la maniera migliore di essere odiati.
quando vi si dice,”state a casa vostra”
oppure,”venite qui come turisti,o anche a lavorare….se a casa vostra non c’è lavoro. ma quando avete finito,ve ne ritornate nel vostro paese”
cosa c’è di sbagliato?
vi piacerebbe se noi italiani venissimo in casa vostra ad imporre una convivenza che non volete,e per giunta facendo gli aggressivi e arroganti,come fate voi?
pretendendo che si cambino le leggi,
che si rispetti la nostra religione,
che si trattino le donne come diciamo noi,
che a scuola si insegni quello che vogliamo noi?
no,vero?
non vi piacerebbe,
e non piace nemmeno a noi:
quando vi si dice,
“siete nel NOSTRO paese:quindi dovete essere VOI ad adattarvi alla nostra lingua,cultura,leggi,religione…
intendiamo ESATTAMENTE QUESTO.
se volete restare nel nostro paese,dovete UNIFORMARVI…
fino a diventare invisibili,altro che rompere le scatole da mane a sera con i vostri diritti,con il nostro razzismo,con le vostre pretese,
e con la vostra criminalità.
se non lo fate,non stupitevi se vi vediamo come fumo negli occhi…
e cerchiamo di espellervi dalla nostra società:
ci stiamo soltanto difendendo.
e,già che ci siamo…
io non ho mai sfruttato,schiavizzato,maltrattato,oppresso NESSUNO.
quindi NON vi riconosco alcun diritto di pretesa in casa mia,
e non risarcisco nè riconosco alcunchè a NESSUNO.
chiaro?