“La Corrispondenza” è una creazione artistica della materia e dello spirito. La descrizione di una realtà sociale investita da una silenziosa accelerazione del tempo.
L’intenzione di rendere il film “La Corrispondenza” una sorgente d’ispirazione si radica nel senso stesso dell’opera. Infatti, la pellicola analizza poeticamente il rapporto con l’altro a tutto tondo, concentrandosi su una precisa modalità di comunicazione e sull’orizzonte del tempo.
L’attesa
Il tempo gioca in questa relazione romantica tra una studentessa fuori corso e il suo professore di astrofisica. Questo tempo si modella, si deforma, e i suoi personaggi si adattano alle sue dilatazioni e restrizioni. I due vivono lontani e poche volte si incontrano per una o qualche notte nello stesso hotel, da sempre. Lui ha una moglie e una figlia, mentre lei si porta avanti lavorando come controfigura in televisione. Tra l’altro, lo fa per delle motivazioni legate ad un evento traumatico del suo passato.
Insomma, il suo professore la aiuta a studiare per gli esami e a preparare la tesi di laurea. Si ritrovano tramite messaggi al telefono e soprattutto in videochiamata. Alle volte Ed, il professore, ricorda le consuetudini tradizionali facendole trovare a casa dei mazzi di rose o delle lettere. La conseguenza fondamentale di tutto questo si riassume in una frase:
Pensi che noi due ci siamo detti sempre tutto?
Ed pone ad Amy questa domanda con un tono molto preoccupato già all’inizio del film. E gliela rivolge perché avverte con profondità il trascorrere del tempo ed assieme ad esso le loro parole, pronunciate troppo spesso attraverso un dispositivo informatico.
Il corpo si fa un mezzo di comunicazione naturale che differenzia il loro approccio reale da quello virtuale, ma è ovvio che non è parte integrante del loro amore. Un amore comunque presente e che oltrepassa il confine della morte. Ed riesce a garantire la sua protettiva presenza ad Amy per un certo periodo di tempo. La sua compagnia, oltre la sua esistenza nel mondo. Un’idea sembra bastare. Un’idea dell’altro che vive nei nostri ricordi è sufficiente spesso per amare.
Ma in che modo?
La bellissima distanza
In una realtà veloce e travolgente come quella di oggi i rapporti sfumano nei loro contorni. Le mani, gli abbracci e gli sguardi senza finestre digitali sono rarità neanche troppo rimpiante. Ma deve essere così. «Deve» – diciamo a noi stessi – «perché la mia vita non è più accanto a te», ma in una città, in una casa, in una stanza distante.
Ci appare subitamente bellissimo partire, voltarsi altrove rispetto al luogo che ci stanca da una eternità. Però, poco dopo l’istinto sociale provoca la mancanza del prossimo, anche nel più solitario degli individui. E ci affidiamo ad uno strumento semplice e appetibile come un cellulare o un computer.
Dove siamo io e te in questa nuova dimensione? Numeri e stringhe compongono la nostra immagine riflessa, ma sembriamo sempre noi. Dopo tutto, cosa cambia?
Qui è come essere lì, solo che non posso toccarti.
Ed riconosce che è cosa non da poco e suggerisce un altro campanello d’allarme alla sua amata. Il tempo stringe, mia cara, e noi siamo ad un passo dal non essere più carne e sangue.
La corrispondenza del sesso
Nel senso comune, la gioventù si distingue dalla vecchiaia per la sfrontatezza e la pulsante sessualità. Ma quale corrispondenza esiste, se esiste, tra il sesso distante e il sesso concretamente vissuto? Tutto e niente. Nel secondo caso, perché per amor proprio posso toccarmi assieme a te, che tu sia lontano oppure no. Per il primo caso non c’è necessità di argomentazione.
Ma pare in effetti così scontato?
L’astrazione è un concetto che noi esseri umani tendiamo a non comprendere, specialmente nelle materie di studio, come la matematica o come qualche orientamento filosofico. Eppure, siamo astratti. Per alcuni, il corpo è divenuto pressocché superfluo. Immateriale è la loro esistenza, “giocattoli” sono i cibi che ingeriscono, sporadici i loro appuntamenti al bagno.
Come viaggiano le parole
Le parole viaggiano, sì. Si susseguono ininterrotte, impreziosite da disegni di facce rotonde gialle che esprimono un’emozione esasperata. Cattive. Fatali, anche. Il ciglio delle strade, i binari sporchi dei treni, le ringhiere metalliche (roventi d’estate) dei balconi delle case alte non sono mai stati contemplati così da vicino. E sono il veicolo della morte giovane, dolce e inaccettabile. Le parole viaggiano, e uccidono.
Sono brutto, sono brutta. Nessuno è qui con me perché sono stupido, sono stupida. Ho bisogno di aiuto, ma la mia voce è silenzio.
Una stella, miliardi di stelle
Ricordo esattamente l’istante in cui nel mezzo della folla annoiata mi sono accorto del tuo sguardo incantato. In quel momento ho capito cosa deve provare un’anima sperduta quando, tra tanti corpi, riconosce quello in cui sceglie di reincarnarsi.
Le anime belle si tramutano in stelle senza carne e sangue, ed è lì che raggiungono la completa forma d’astrazione. Loro sono lassù e noi ci troviamo quaggiù. A volte ci accorgiamo che per noi era ormai troppo tardi per rimediare in qualcosa.
Così desideriamo solo un loro ultimo contatto.
Ogni tanto, non dimentichiamo di toccarci.