La Corea del Nord accusa Washington e Seoul: fanno «sforzi disperati per innescare una guerra nucleare»

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La Corea del Nord accusa Washington e Seoul parlando di «delirante confronto militare anticomunista» e paventando l’escalation nucleare nel caso in cui Washington non abbandoni «la sua anacronistica politica di ostilità». Il casus belli è da ricercarsi nelle esercitazioni militari svolte congiuntamente da Stati Uniti e Corea del Sud a 30 chilometri circa dalla zona demilitarizzata al confine con la Corea del Nord.

La Corea del Nord accusa Washington e Seoul: il rapporto del ministero degli esteri

A  distanza di un mese dal termine della più estesa  esercitazione congiunta tra Stati Uniti e Corea del Sud, il ministero degli esteri nordcoreano ha pubblicato un rapporto in cui accusa Washington e Seoul di spingere le tensioni nella direzione di una vera e propria guerra nucleare, avvertendo che una guerra tra Nord Corea e Stati Uniti e Corea del Sud «si espanderebbe rapidamente in una guerra mondiale e in una guerra termonucleare senza precedenti». 

Nel documento la Corea del Nord accusa Washington e Seoul, arrivando addirittura a paragonare lo stato di cose attuale alle fasi precedenti allo scoppio della Guerra di Corea del 1950-53, promettendo una «guerra di vendetta» nel caso in cui gli Stati Uniti proseguano con la propria condotta imperialista e con l’invio di «materiale strategico» nella regione del Sud Corea.

Manifestazione di massa a Pyongyang

Lo scorso 25 giugno, proprio in occasione del 73° anniversario dello scoppio della guerra di Corea, stando alla propaganda nordcoreana, sarebbero stati ben 120 mila i partecipanti riunitisi non solo per la tradizionale celebrazione, ma soprattutto per condannare la condotta militare di Washington e Seoul. Questi gli slogan principali della manifestazione: «Gli Stati Uniti imperialisti sono i distruttori della pace» e «L’intero continente americano e nel nostro raggio di tiro».

Il lancio del missile spia fallito

lo scorso 31 maggio, il paese di Kim Jong-un aveva lanciato un satellite spia, successivamente caduto nel mar Giallo a circa 200 chilometri a ovest dell’isola di Eocheong; l’allarme era stato diffuso a Seoul e in Giappone, a Okinawa.

In seguito al lancio fallimentare, il Nord Corea aveva riconosciuto l’insuccesso: il razzo “Chollima-1”, su cui si trovava il satellite da ricognizione militare “Malligyong-1”, era finito in mare a causa «dell’avviamento problematico del motore del secondo stadio». Kim Jong-un aveva poi annunciato che  il Nord Corea avrebbe effettuato un nuovo tentativo di lancio per la messa in orbita del satellite spia militare il prima possibile.

La reazione degli Stati Uniti era arrivata forte e chiara: il portavoce del del consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca, Adam Hodge, aveva definito il lancio del satellite come «una violazione di diverse risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’Onu che aumenta le tensioni e rischia di destabilizzare la situazione nella regione», sottolineando anche che «la porta non è chiusa per la diplomazia, ma la Corea del Nord deve immediatamente cessare le sue azioni provocatorie e scegliere di impegnarsi»; il Giappone si era accodato alla condanna degli Stati Uniti.

Vista la vicinanza di questi eventi e le recenti accuse mosse dalla Corea del Nord  a Washington e Seoul, non è strano che molti osservatori internazionali abbiano ipotizzato che a breve ci sarà un nuovo tentativo di lancio di un satellite spia da parte di Kim Jong-un per monitorare meglio le attività militari statunitensi.

Il posizionamento della Corea del Nord rispetto alla vicenda Wagner: il pericoloso asse strategico Russia-Corea del Nord

Risulta particolarmente preoccupante, in particolare nell’ottica di una possibile escalation nucleare, lo stretto rapporto che da sempre il Nord Corea intrattiene con la Russia di Putin, rimarcato recentemente nel contesto di un incontro tenutosi a Pyongyang tra il vice ministro degli Esteri della Corea del Nord, Im Cheon, e  l’ambasciatore russo, Alexander Matsegora.

In occasione di questo incontro il vice ministro degli Esteri della Corea del Nord ha assicurato «forte sostegno a qualsiasi scelta e decisione della leadership russa» in riferimento alla vicenda della brigata Wagner, dichiarando anche di avere «fiducia nel fatto che   l’esercito e il popolo della Russia supereranno sicuramente tutte le prove e le difficoltà e otterranno un’eroica vittoria nell’operazione militare speciale in Ucraina».

Vecchie contese, nuove minacce

Per avere una lettura adeguata di quello che sta succedendo e comprendere le motivazioni in base alle quali oggi La Corea del Nord accusa Washington e Seoul, pensiamo sia di fondamentale importanza tornare a studiare la pagina di storia della Guerra di Corea. Se da un lato è essenziale comprendere le dinamiche che allora condussero all’escalation del conflitto, in modo tale da riconoscere una continuità con le tensioni attualmente esistenti tra il Nord Corea e Washington e Seoul, dall’altro risulta ancora più importante ricordare la conclusione di quel conflitto.

Si può dire che la guerra di Corea non abbia mai visto un reale punto di fine, infatti tutto quello a cui si arrivò dopo tre sanguinosi anni di guerra fu una tregua e non un vero e proprio trattato di pace. Tenendo questo in considerazione, non  è difficile immaginare che dagli anni ’50 ad oggi il Nord Corea non abbia fatto altro che prepararsi, attendendo il momento giusto, l’occasione per rivendicare quei territori che non gli sono stati concessi. Allo stesso modo, non è difficile scorgere la finestra di possibilità offerta da un contesto internazionale come quello presente, in cui la guerra in Ucraina sta mettendo in dubbio il potere della NATO rispetto all’alleato storico del Nord Corea, la Federazione russa. La messa in dubbio del potere della NATO e la conseguente rivendicazione di potere di attori come Russia, Cina e Corea del Nord, al di là delle posizioni di chi applica ingenuamente a potenze dal carattere ugualmente imperialista le etichette di “buoni” o ” cattivi”, presenta una possibilità oggettiva: un aumento del rischio di una guerra atomica.

Virginia Miranda

 

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