La comunicazione come una “macina da mulino” secondo Francesco

Tra informazione e comunicazione c’è una differenza significativa, paragonabile alla stessa differenza che c’è tra un organismo vivente che “mangia” continuamente trattenendo tutto e un altro che invece come avviene nell’organismo umano digerisce, assimila, espelle e trattiene ciò che è buono. L’informazione ha il diritto e il dovere di denunciare ciò che non va, senza cadere nella giostra della spettacolarizzazione del dolore e della banalizzazione del male percepito come un effetto “virtuale”, poco reale e slegato dalla libertà umana. E ancora, la comunicazione può aprirsi all’orizzonte della speranza, senza scadere in un ottimismo mieloso, ma superando rassegnazione e apatia e “ispirando un approccio propositivo e responsabile” ai destinatari.

Sono alcune piste di riflessione tracciate da Papa Francesco in vista della 51esima Giornata delle Comunicazioni, nel messaggio pubblicato colme ogni anno nel giorno della festa di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti e degli operatori della comunicazione.

Ancora una volta Papa Francesco mostra di essere un comunicatore “professionista”, partendo da un dato tecnico, che spesso sfugge ai non addetti al mestiere: la differenza tra informazione e comunicazione. L’informazione ha a che fare con un trasferimento di dati che aumenta la conoscenza del destinatario, anche a un livello superficiale; la comunicazione ha a che fare con la relazione, con l’atto di mettere in comune. Ed è qui che si gioca la sfida lanciata dal Papa: la comunicazione che promuove la cultura dell’incontro, che rifiuta i pregiudizi verso l’altro, costruttiva e propositiva.

L’immagine della macina da mulino, che può macinare grano o zizzania a seconda di ciò che noi decidiamo di fornire, sintetizza un altro superamento di quel modello di comunicazione “matematica” conosciuto come modello di Shannon e Weaver: il messaggio codificato e inviato al ricevente attraverso un trasmettitore, il canale attraverso cui passa il messaggio dal trasmettitore al ricevitore, la codifica e la decodifica. Se tutti gli autori successivi, a cominciare da Jakobson con le sue funzioni del linguaggio, avevano messo in evidenza gli altri elementi che possono stravolgere il senso di una comunicazione che essendo “umana” non può essere riducibile a un modello matematico, Papa Francesco ne indica due: la fiducia in Dio e la fiducia nell’uomo.

La fiducia in Dio come “Buona Notizia”, che Papa Francesco chiama “l’occhiale giusto per decifrare la realtà”. Riceviamo il mare magnum delle informazioni e delle comunicazioni di ogni giorno con lo sguardo evangelico della Buona Notizia della vita che vince la morte, dell’amore che vince sempre in Cristo. Questo – scrive il Papa – per “spezzare il circolo vizioso dell’angoscia e arginare la spirale della paura, frutto dell’abitudine a fissare l’attenzione sulle cattive notizie” che, a differenza di quanto si possa pensare, non scuotono le responsabilità personali ma al contrario “gettano nell’apatia, ingenerando paure o l’impressione che al male non si possa porre limite”. La fiducia in Dio rende capaci di vedere oltre il titolo urlato, lo spam della disperazione e della polemica, ma anche oltre la comunicazione “patinata” ed enfatizzata e l’apoteosi dell’immagine. La fede ci fa decifrare il bello e il buono, ci fa comunicare “non un’informazione su Gesù, ma piuttosto la buona notizia che è Gesù stesso”.

E poi il Papa mostra fiducia nell’uomo. Nel comunicatore come nel destinatario. Nel comunicatore che sceglie se mettere a macinare “grano o zizzania”, falsità o verità, calunnie o parole di misericordia. Nel destinatario e nella sua capacità di discernere ciò che riceve.

Tanto come fruitori quanto come operatori della comunicazione, non siamo in balia di un fenomeno tecnologico. Ci è affidata una grande responsabilità: quella di “offrire un pane fragrante e buono a coloro che si alimentano dei frutti della comunicazione”. Per saziare una fame che, prima che di scoop e di scandali, è fame di verità, di amore e di speranza.

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