L’intricata relazione tra la mafia nigeriana e Cosa Nostra a Palermo rappresenta un oscuro capitolo nella storia della criminalità organizzata italiana. La complessità di questa connessione criminale che emerge dalle testimonianze di ex membri delle organizzazioni coinvolte e dalle relazioni investigative delle autorità. Mentre Cosa Nostra ha affermato il suo dominio per decenni nel panorama criminale siciliano, la mafia nigeriana ha guadagnato terreno, portando a una convergenza di interessi che solleva importanti questioni sulla sicurezza pubblica e sull’ordine sociale a Palermo.
Le parole di Samson Alaye Obas, un 38enne con una condanna di 14 anni di carcere e nuovo collaboratore di giustizia, hanno chiarito diversi aspetti della criminalità organizzata a Palermo. Secondo le sue testimonianze, l’80% dell’eroina che entra nella città è gestita dai nigeriani, mentre solo il 20% è di provenienza diversa. Questa dichiarazione rivela un quadro allarmante di Palermo, un luogo dove sembra che ci siano maggiori opportunità di integrazione nella criminalità organizzata che nell’economia legale.
La presenza della mafia nigeriana è un elemento sempre più significativo nella scena criminale palermitana. Questa realtà, purtroppo, si intreccia con una serie di sfide economiche e sociali che affliggono la città. L’alto tasso di disoccupazione, che colpisce in particolare i giovani, pone Palermo ai vertici delle classifiche europee relative alla disoccupazione giovanile. Questa situazione offre un terreno fertile per l’espansione delle organizzazioni criminali.
Nonostante le affermazioni del “povero” ex generale Mario Mori, che ha dichiarato la mafia come morta, la realtà a Palermo ci mostra un quadro diverso. Le mafie sono proliferate e Cosa Nostra continua a mantenere il controllo su molte aree. Questo è un fatto non trascurabile e si combina con le testimonianze di Obas.
Un aspetto ancora più inquietante emerso dalle dichiarazioni di Obas è l’impennata dei consumi di crack a Palermo, soprattutto tra i giovani. Questo è il risultato di un accordo tra le organizzazioni criminali nigeriane e i boss palermitani, che mira a gestire le piazze di spaccio. Obas ha spiegato che gli italiani di Ballarò vengono riforniti per primi quando sono a corto di droga, anche a costo di tagliare le forniture ad altre piazze di spaccio gestite dai nigeriani.
Inoltre, la testimonianza di Obas ha rivelato differenze significative nelle preferenze dei consumatori. Mentre gli italiani cercano la cocaina “perlata,” conosciuta come “Crystal white,” i nigeriani offrono una qualità inferiore conosciuta come “gessata.” Questo perché la cocaina “perlata” è più semplice da trattare per produrre il crack, che sta diventando sempre più popolare tra i giovani consumatori.
Obas ha anche fornito dettagli sulle varie organizzazioni nigeriane che operano a Palermo. “Biafra,” ad esempio, offre supporto ai compaesani per la vendita di droga. Altre organizzazioni come i “Viking” forniscono protezione ai trafficanti di droga o richiedono pagamenti per il loro supporto.
Le rotte della droga descritte da Obas rivelano la complessità del traffico di droga internazionale. La droga arriva in Sicilia da paesi come l’Africa, l’Uganda, la Tanzania, l’Olanda e la Spagna. Attraversa Francia e Belgio prima di raggiungere Napoli in Italia. Per portarla in Sicilia, i corrieri utilizzano varie strategie, tra cui l’ingestione della droga o l’utilizzo di valigie speciali progettate per eludere i controlli dei cani antidroga. Molte di queste valigie farebbero tappa anche a Messina.
Le parole di Obas si collegano alla recente relazione della Dia, che ha esaminato la gestione delle piazze di spaccio a Palermo, le estorsioni contro gli esercizi commerciali e il radicamento della mafia nigeriana in relazione a Cosa Nostra. La sentenza emessa a marzo del 2022 dalla Corte d’Assise d’Appello di Palermo nell’ambito dell’operazione “Black axe” ha rivelato come i membri della mafia di Ballarò impiegassero i nigeriani come “picciotti” per il traffico di droga. Questa collaborazione sembra basarsi sulla comune propensione al controllo territoriale, sull’omertà e sull’assoggettamento delle vittime, rivelando un alto livello di pericolosità che è stato giudizialmente riconosciuto come “mafioso.”
Le testimonianze di Samson Alaye Obas e la relazione della Dia rivelano una realtà complessa e inquietante a Palermo, dove la presenza della mafia nigeriana e il suo rapporto con Cosa Nostra rappresentano una minaccia significativa per la sicurezza pubblica e la stabilità della città. La lotta contro il crimine organizzato in questa regione richiede sforzi congiunti delle autorità italiane per affrontare questa sfida in modo efficace e proteggere la comunità locale.