Il nuovo rapporto di Human Rights Watch porta con sé notizie allarmanti: la Cina censura e minaccia la libertà accademica nelle università australiane che ospitano studenti cinesi
Il governo cinese è diventato più audace nei suoi sforzi per interferire nei campus universitari stranieri, influenzare le discussioni accademiche, monitorare gli studenti cinesi. La Cina censura persino indagini accademiche.
Il rapporto “Non capiscono la paura che abbiamo” esamina le minacce alla libertà accademica nelle università australiane derivante da pressioni dirette e indirette del governo cinese.
Sono presenti casi di molestie, intimidazioni, autocensura e censura di studenti cinesi e accademici. Chiunque critichi il partito comunista cinese o esprima sostegno ai movimenti democratici corre dei rischi, anche se si trova in una democrazia.
Gli studenti democratici della Cina continentale e di Hong Kong subiscono sorveglianza e minacce di violenza. La minaccia di essere denunciati alle autorità cinesi comporta grossi rischi per sé e per i familiari a casa.
L’evento più frequente è il giudizio/condanna da parte di propri colleghi di studi cinesi sulle piattaforme online.
Il rapporto evidenzia come l’autocensura sia diventata comune tra gli accademici. Questi ultimi si sentono spesso insicuri nel discutere argomenti controversi in Cina come Hong Kong, Xinjiang, Taiwan e Tibet.
La maggior parte degli studenti ha affermato di essersi autocensurata mentre studiava in Australia. “Devo censurare me stesso”, ha detto uno studente del continente. “Questa è la realtà, vengo in Australia e ancora non sono libero. Non parlo mai di politica qui».
“La maggior parte degli studenti che hanno subito molestie non lo ha segnalato alla propria università”, ha detto McNeill, autrice del report per Human Rights Watch. “Credono che le loro università si preoccupino di più di mantenere le relazioni con il governo cinese e di non alienare gli studenti che sostengono il PCC”.
Le testimonianze degli studenti
Human Rights Watch ha riscontrato tre casi in cui la polizia in Cina ha visitato o chiesto di incontrare le famiglie degli studenti in merito alle loro attività in Australia.
Le autorità cinesi hanno minacciato di punire con la prigione uno studente dopo che questo ha aperto un account Twitter mentre studiava in Australia, nel quale pubblicava messaggi a favore della democrazia.
Un altro studente, che ha espresso sostegno alla democrazia di fronte ai compagni di classe, si è visto confiscare il passaporto dalle autorità cinesi al rientro a casa.
Zhang Xiuying (nome fittizio), una studentessa cinese che ha partecipato a una manifestazione a favore della democrazia a Hong Kong in Australia:
Verso le 2 del mattino ho ricevuto un messaggio da un compagno di classe dalla Cina continentale. Era tipo “Ti sto guardando”. Personalmente, mi sentivo davvero spaventata. Sono andata dallo psicologo dell’università perché ero molto stressata. L’ho bloccato [il compagno di classe] su Facebook. Ero in un corso con il 98% di studenti del continente. Gli studenti parlano male di me, dicono che non sono fedele al mio paese.
Xiuying ha detto che non si sentiva a suo agio nel segnalare la minaccia alla sua università perché non l’avrebbero presa sul serio. La ragazza ha riferito di percepire la solidarietà dell’università con gli studenti cinesi pro-Pechino.
Non va ignorato, infatti, l’impatto degli studenti cinesi sui ricavi delle università australiane. Prima della pandemia di COVID-19, il 40% di tutti gli studenti internazionali in Australia proveniva dalla Cina. Quasi un terzo delle entrate del settore universitario è stato generato dalle tasse degli studenti internazionali.
La Cina censura anche i professori
Gli studenti pro-Pechino hanno anche sottoposto alcuni accademici delle università australiane a molestie, intimidazioni e doxing -pubblicare le loro informazioni personali su internet– quando questi fossero percepiti come critici nei confronti del PCC.
Nel 2020, alcuni studenti hanno maltrattato, molestato e perseguitato un accademico che descriveva Taiwan come un paese e parlava in difesa di un suo studente taiwanese. Per porre rimedio, l’università australiana ha dovuto temporaneamente rimosso il profilo di insegnamento dell’accademico dal sito web dell’università.
L’accademico “P” ha detto che un funzionario universitario gli ha chiesto di offrire una versione “igienizzata” della sua unità di studi cinesi:
Quando tutto il nostro insegnamento è andato online, ho ricevuto un’e-mail dalla dirigenza IT, dicendo che avevano impostato una VPN in Cina, c’era qualche preoccupazione riguardo al contenuto dell’insegnamento. Un altro accademico, che insegnava un’altra unità di studi cinesi, aveva offerto una versione “ripulita” di quel corso per gli studenti cinesi. È qualcosa che sarei disposto a prendere in considerazione per il mio corso? Ho detto: “No, non sono disposto a farlo.
Le responsabilità dell’Australia e il pericolo per l’Europa
La Cina censura nel suo territorio ma sembra voglia farlo ovunque i loro studenti paganti possano arrivare.
Il governo australiano e le università dovrebbero parlare a sostegno della libertà accademica per studenti e studiosi da e per la Cina e adottare procedure standard per migliorare la loro sicurezza e protezione.
Le soluzioni suggerite sono due:
- pubblicare annualmente un rapporto che documenti gli episodi di molestie, intimidazioni e censura che colpiscono gli studenti internazionali e le misure intraprese da quelle università per contrastare tali minacce.
- stabilire un meccanismo in modo che gli studenti delle università australiane possano riferire molestie, intimidazioni, pressioni di censura o autocensura e atti di ritorsioni che coinvolgano governi stranieri.
L’Unione Europea dovrebbe trarre un’importante lezione da questo rapporto. In Ue infatti gli studenti cinesi sono 303.000 e le nazioni che ne ospitano di più sono Francia, Germania e Italia.
Lo scambio culturale e la diversità sono certamente una ricchezza per qualsiasi istituzione che si occupi di istruzione. Questo, però, non dovrebbe mai intaccare le garanzie di sicurezza e libertà di studenti e professori.
Francesco Maria Trinchese