Le autorità di Mosca annunciano la chiusura del Museo di Storia del Gulag
Nella giornata di mercoledì 14 novembre, le autorità di Mosca hanno annunciato la chiusura temporanea del Museo di Storia del Gulag per la presunta violazione delle norme antincendio. Secondo la nota che si legge sul sito ufficiale del Museo, l’ispezione da parte di specialisti del Centro per consulenza, ricerca e sperimentazione nell’edilizia ha identificato violazioni che mettono a rischio il soggiorno e la sicurezza dei visitatori. La comunicazione non fa alcun riferimento circa la durata del periodo di chiusura e le autorità non hanno fornito dettagli al riguardo.
Secondo gli osservatori, motivazioni politiche risiedono dietro la decisione di sospendere le attività del Museo e dubbi rimangono sulla sua futura riapertura. L’annuncio della chiusura è arrivato due settimane dopo che la struttura ha deciso di ospitare senza autorizzazione la commemorazione del Giorno del ricordo delle vittime di repressione politica. L’evento, che si celebrava annualmente il 30 ottobre, non riceve l’autorizzazione da parte delle autorità moscovite dal 2020.
Il Museo di Storia del Gulag è stato fondato nel 2001 su iniziativa di Anton Antonov-Ovseyenko, storico e scrittore russo nato nel 1920, che all’età di venti anni è stato inviato nei campi di lavoro, dove è rimasto prigioniero per tredici anni. Nel giugno del 2021, il Museo ha ricevuto il premio del Consiglio europeo in virtù del lavoro svolto nel raccontare uno dei lati più oscuri della repressione sovietica e mantenerne viva la memoria. Le stime ritengono che, tra il 1920 e il 1960, circa venti milioni di persone siano state rinchiuse nel sistema di campi di lavoro forzato conosciuto, per l’appunto, con il nome di Gulag.
Non è la prima volta che le autorità russe citano preoccupazioni circa le misure antincendio come motivazione ufficiale per spiegare la chiusura di istituzioni e organizzazioni. È il caso dell’Università Europea di San Pietroburgo nel 2007, la quale aveva ricevuto fondi europei per implementare un progetto per monitorare le elezioni in Russia, e del Centro per i Film Documentari nel 2022. Va fatto notare, tuttavia, che entrambi hanno in seguito ripreso le loro attività dopo essere stati effettivamente chiusi in maniera temporanea.
Revisione della storia e riabilitazione di Stalin
Secondo gli esperti, la decisione di chiudere il Museo di Storia del Gulag fa, però, parte di un più ampio processo di rivisitazione del passato sovietico e riabilitazione della figura di Iosif Stalin promosso dal governo di Vladimir Putin. Secondo The Moscow Times, testata russa indipendente che oggi ha la propria sede all’estero, ufficiali di alto rango e membri dei servizi di sicurezza avrebbero esercitato pressioni sul Governo di Mosca affinché il Museo interrompesse le proprie attività.
Da qualche anno, infatti, le autorità russe stanno compiendo sforzi per ripulire l’immagine dell’Unione Sovietica, tentando soprattutto di spostare l’attenzione dai crimini commessi dal regime al contributo per vittoria finale degli Alleati contro la Germania nazista. Negli ultimi anni, il Cremlino ha adottato una serie di leggi volte a colpire quella parte di società civile che si occupa di diritti umani e sfida la versione della storia sovietica promossa dal governo russo.
Nel 2021, Memorial, il primo centro per i diritti umani in Russia, che già nel 2014 era finito nel registro degli agenti stranieri, ha terminato le proprie attività nel paese in seguito a una decisione della Corte suprema russa. Anche Memorial si occupava dei crimini del regime sovietico e la preservazione della memoria delle vittime del cosiddetto Grande Terrore, la vasta repressione degli anni Trenta promossa dal dittatore georgiano. Una sorte identica è toccata ad altre organizzazioni attive nel campo dei diritti umani, tra cui il Gruppo Helsinki di Mosca e il Centro Sacharov. Entrambe hanno cessato le proprie attività nel 2023.
A settembre di quest’anno, il Procuratore generale Igor Krasnov ha inoltre ordinato la revisione della Legge sulla riabilitazione delle vittime della repressione politica, un documento chiave che delinea le misure statali per compensare gli individui che sono stati ingiustificatamente perseguitati e repressi durante l’Unione Sovietica. A seguito della proposta del Procuratore, lo status di 4.000 individui riabilitati è stato revocato e le vittime nuovamente classificate come traditori della patria.
Da anni, il regime di Putin sta tentando di cambiare la percezione nei confronti del passato sovietico della Russia e di Stalin, e promuovere una versione che evidenzi i successi del regime omettendone gli aspetti più controversi. Dopo la caduta dell’Unione Sovietica, l’esaminazione critica della storia della repressione nel Paese era stata promossa e incoraggiata dalle autorità. Con l’arrivo di Vladimir Putin al potere, il governo russo ha deciso di riprendere in mano la narrazione degli eventi e rimodellare la memoria storica del paese, ottenendo peraltro un certo successo.