Anche Klubradio, l’ultima radio indipendente dell’Ungheria, si è scontrata con la censura di Orban. Ma la commissione europea non resta in silenzio
Quella dello scorso 15 Febbraio è stata una mattina insolita per il paese del governo Orban. La frequenza analogica 92,9 non ha infatti dato voce a Klubradio, l’ultima radio indipendente dal paese, sospesa dal primo ministro a partire dalla mezzanotte.
Formalmente si tratterebbe di un ritardo nella notifica dei contenuti programmati per la trasmissione, ma l’evidenza suggerisce un espediente con intenzioni ben diverse. Klubradio era infatti l’unica radio salva dal silenzio proibitivo che incombe sul panorama mediatico dell’Ungheria, sede di elezioni politiche nell’Aprile del 2022. Non si tratta di un caso isolato: secondo i partiti d’opposizione nel 2016 anche il quotidiano Népszabadság era stato vittima della nebbiosa censura del premier.
Mai ci lasceremo ammutolire da quelli che non sono d’accordo con noi.
Ironia della sorte, è stato il ministro stesso a pronunciare queste parole nel 2018 all’interno del Parlamento Europeo. Paradosso che Klubradio non ha mancato di sottolineare riportando la citazione poco prima della chiusura.
Ma la protesta non si è fermata nemmeno sul web, unica piattaforma che consente ancora alla radio di esprimersi liberamente: successivamente sul sito online è stato riprodotto l’Inno alla Gioia, inno ufficiale dell’Unione Europea. Un canto di libertà e unione per fronteggiare quella che secondo il direttore Andras Arato si è trattata di “un’esecuzione”.
A contestare la censura di Orban è la stessa Commissione Europea con una lettera: “rispettare la carta Ue dei diritti fondamentali, inclusi i diritti alla libertà di espressione, all’informazione e la libertà di condurre un’impresa”
La reazione della Commissione UE non si è fatta attendere: nella lettera si ha la viva richiesta di riammettere Klubradio tra le frequenze, evitando così una mancanza sulla libertà di espressione del Paese.
L’impatto è stato tale da spingere degli ascoltatori a salutare la radio presso la sede con un cartello e un mazzo di fiori, eppure Arato ci tiene a specificare:
Non è un funerale, ma la speranza di una sopravvivenza!
Un istinto di sopravvivenza costretto a lottare con un duro nemico, ma che condivide le stesse ambizioni di una considerevole porzione dei media ungheresi. E da lunedì, anche della Commissione Europea.
Katherina Ricchi