La censura del nudo nelle opere d’arte, tra passato e social network

Capita non di rado che l’algoritmo di Facebook o Instagram censuri la visione di corpi nudi, senza riconoscere che si tratta di opere d’arte. Per dimostrare l’assurdità di questa pratica, ripercorriamo gli scandali nella storia dell’arte, fino a un artista contemporaneo che ha recentemente agito verso un’anti-censura.

I nudi nella storia dell’arte

Finché si trattava di Venere o di Gesù Bambino nessun problema: questi soggetti nelle opere d’arte non erano considerati scandalosi o inappropriati. Ma se i protagonisti erano persone comuni? Allora ecco la ribellione dell’opinione pubblica. 

Artisti come Francisco Goya, Gustav Courbet o Édouard Manet nell’Ottocento sfidarono il “buon costume” dipingendo donne nude, in atteggiamenti provocanti e con volti conosciuti. La Maja Desnuda di Goya (1790-1800) riprendeva il modello classico della fanciulla nuda, semi distesa e poggiata su alti cuscini, proprio come La Venere di Urbino di Tiziano (1528). A differenza di quest’ultima, però, non si trattava di una divinità ed è così che si urlò allo scandalo. censura del nudo nelle opere arte

Stessa sorte capitò all’Olympia di Manet (1863), che per giunta aveva come titolo il nome più diffuso tra le prostitute parigine; o La Colazione sull’erba (1863) con uomini borghesi in compagnia di donne svestite.

Passano i secoli e con il cambiamento della società cambia ciò che è considerato immorale, ma mostrare parti intime nei dipinti non è ancora ben accetto. Nel 2017, in occasione della mostra dedicata a Egon Schiele a Vienna, i manifesti esposti a Londra riportavano la scritta: “Scusate, dopo 100 anni ancora troppo audace”.

 

Censura del nudo e social network

Oggi è l’algoritmo dei social a impedire la pubblicazione di nudi, spesso non distinguendo tra opere d’arte e fotografie. Ad aggirare l’ostacolo è stato un artista contemporaneo emergente, conosciuto solo con lo pseudonimo di Michele Galli. Il suo lavoro consiste nell’oscurare con una sagoma nera le figure di dipinti celebri, ma lasciando visibili le parti intime. In questo modo ciò che è sempre stato oscurato viene evidenziato e l’algoritmo non riconosce più la nudità perché separata dal resto. 

Il titolo del progetto è “GLAUCOMA” in riferimento alla malattia degli occhi che limita sempre di più la vista. Queste opere sono pubblicate su Facebook e Instagram sul profilo “so.contemporary” con l’obiettivo di liberare l’arte dalla censura del nudo, ma recentemente hanno raggiunto la realtà venendo esposte per la prima volta alla fiera di Milano (Un)fair, dal 3 al 5 marzo 2023.

L’artista ci racconta:

Sono felice che Glaucoma abbia acquisito fisicità. Certo, il progetto esiste in funzione dei social nei quali è inserito, però uscendo dal digitale ha dato prova di esistere concretamente. […] Inoltre, molti visitatori fotografavano le opere pubblicandole sui social proprio per vedere se fossero in grado di eludere l’algoritmo. Quindi dal digitale si è passati al reale e dal reale sono tornate al digitale.

L’esposizione ha ripreso la forma quadrata dei post su Instagram per mostrare in serie le opere, dal soffitto al pavimento come se scorressero all’infinito, imitando lo scrolling tipico dei social. 

Dunque, come abbiamo visto, la censura del nudo esiste sia nel mondo virtuale che nella realtà e va combattuta di epoca in epoca. Ma sparirà mai il confine tra ciò che è morale o scandaloso nelle opere d’arte?

Maria Rosa Cottone

 

 

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