Quello sulla cannabis è un dibattito complesso che spesso coinvolge una serie di pregiudizi culturali e sociali, tali da influenzare la percezione di questa sostanza: lo stigma che la circonda non permette una valutazione oggettiva degli effetti e dei benefici.
L’obiettivo, oggi, è quello di costruire un dialogo aperto sulla cannabis, fondato su basi scientifiche e non speculazioni: tra pregiudizi culturali e potenziale economico, una riflessione su legislazione, salute e opportunità.
Di cosa si tratta?
La Marijuana, colloquialmente erba o ganja dall’Hindi, è una sostanza psicoattiva che si ottiene dalle infiorescenze essiccate delle piante femminili di cannabis. Ciò che rende la pianta illegale in molti paesi sono le diverse sostanze psicoattive tra cui, la principale, il delta-9-tetraidrocannabinolo, conosciuto come THC.
Attualmente la cannabis è identificata come Cannabis Sativa L. con tre sottospecie: sativa, indica e ruderalis che si differenziano per la dimensione, le concentrazioni dei principi attivi e di conseguenza gli effetti che inducono. Ovviamente come ogni sostanza psicoattiva può causare dipendenza.
In Italia è un discorso che da alcuni anni ha assunto una rilevanza specificamente politica caratterizzando partiti politici e schieramenti. La novità più recente riguarda il nuovo codice della strada, promosso dal vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, oppostosi radicalmente alla cannabis, prevede l’utilizzo di test salivari per rilevare il THC, che possono risultare positivi fino a tre giorni di distanza dal consumo. Ciò implica che se, ipoteticamente, si è fatto uso nel weekend, il consumatore può vedersi ritirare la patente il martedì.
Sul piano legislativo la situazione è complessa e in continua evoluzione: attualmente il consumo è regolato da un quadro normativo che distingue tra scopo terapeutico e ricreativo, con leggi che si sono modificate nel tempo in risposta alle pressioni politiche, sociali ed economiche.
Cannabis terapeutica
In Italia, il consumo terapeutico della cannabis è legalmente consentito, ma con varie restrizioni: la legge che regola l’uso della cannabis per scopi medici è la legge n. 94/1999, che consente l’utilizzo di preparazioni a base di cannabis per trattare malattie come il dolore cronico, la sclerosi multipla, alcune forme di epilessia, e altre condizioni per cui si dimostra che questa offre un grande beneficio terapeutico.
La cannabis terapeutica è prescritta solo da medici specialisti e può essere comprata tramite farmacie autorizzate. La produzione, invece, viene gestita dallo Stato, in particolare dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA).
Cannabis per uso ricreativo
La cannabis per uso ricreativo in Italia è ancora illegale: la legge che ne regola il possesso e il traffico è la legge n. 309/1990, con il Testo Unico sulle droghe, secondo cui il possesso di cannabis è illegale persino per piccole quantità, e comporta sanzioni amministrative per il possesso sotto i 5 grammi o penali sopra questa quantità. Se la quantità di cannabis supera quella destinata al consumo personale (quindi i 5 grammi) può scattare una denuncia penale per traffico di sostanze stupefacenti.
Nel 2016 è stato introdotto un nuovo decreto che consente la coltivazione della cannabis con un contenuto di THC inferiore allo 0,6%: questa, considerata legale, è spesso commercializzata come cannabis light, per gli effetti rilassanti, ma non alteranti, indotti dall’alta quantità di CBD.
Cannabis light
La cannabis light (THC inferiore allo 0,6%) è diventata piuttosto diffusa in Italia negli ultimi anni: un prodotto privo di effetti psicoattivi di rilievo, e viene venduta da soggetti specializzati ed è destinata principalmente al consumo per scopi ricreativi. Le autorità italiane hanno messo sotto analisi la regolamentazione dei negozi che vendono cannabis light, con alcuni tentativi di vietare la sua vendita per via dell’ambiguità legale legata al contenuto di THC.
Meglio legale
Il tema della legalizzazione per uso ricreativo è oggetto di discussione da parecchi anni: nel 2021 è stata presentata una proposta di referendum, ma la Corte Costituzionale ha respinto la proposta.
Per certi aspetti la legalizzazione della cannabis costituirebbe una risorsa economica significativa per l’industria legale, per il pubblico riguardo la tassazione e per l’opportunità di sottrarre un grande potere alle organizzazioni criminali. Come accaduto in diversi Paesi, la sua legalizzazione e dunque la conseguente produzione e vendita, ha creato numerosi posti di lavoro, dalla coltivazione alla distribuzione, che, regolamentata, evita di mettere a rischio venditori e consumatori e permette di sottrarre alla colpevolezza chi, sfruttato dalle organizzazioni criminali, è esposto ad una tempesta mediatica non indifferente: si ricordi Brumotti, che a Striscia la Notizia, inseguiva gli spacciatori di piazza pubblicamente.
Oltre a ciò, riguardo la legalizzazione, le organizzazioni criminali perderebbero una delle principali fonti di guadagno, visto che l’erba illegale è una delle merci più trafficate a livello globale. Questo ridurrebbe il potere delle mafie, migliorando la sicurezza e permettendo controlli sanitari e fiscali su un mercato che ad oggi rimane ancora nelle mani della criminalità.
Verrebbero, peraltro, ridotti i costi per la giustizia, spesso coinvolta nella persecuzione di reati, tendenzialmente giovanili, legati al possesso e al traffico di questa sostanza, sottraendo risorse che potrebbero essere destinate ad altri di maggiore gravità.
In sintesi, è più il pregiudizio che non permette di considerare in maniera approfondita la “questione marijuana”: la cannabis, come molte altre sostanze naturali, ha delle qualità positive e alcune negative. Sicuramente se la classe politica, in generale, fosse più interessata a promuovere l’informazione della ricerca piuttosto che una visione semplicistica e riduttiva, l’utilizzo di questa sostanza sarebbe più consapevole e molto probabilmente, ridotto.