La breve e triste fine dei resi dello shopping online

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Quando facciamo shopping online, il sito di e-commerce ci rassicura che, se l’oggetto non è di nostro gradimento, è possibile effettuare il reso. Il messaggio ci rasserena. Possiamo rispedire l’articolo senza troppi sensi di colpa. Siamo convinti che l’oggetto poi verrà nuovamente acquistato da qualcuno che saprà  apprezzarlo. Certamente non va a finire in una discarica. O forse sì.

Ecco cosa accade ai resi degli e-commerce

Contro ogni rosea aspettativa, molti degli oggetti comprati online che scwgliamo di restituire, finiscono nella discarica, anche se sono nuovi. Nessuno si aspetta che , solo negli Stati Uniti, ogni anno i resi generano 2 milioni di tonnellate di rifiuti. Il motivo di tale spreco risiede nell’assenza di tecnologie che permettono alle aziende di trattare gli oggetti con l’intento di reinserirli sul mercato. Oltre allo spreco in sé, bisogna tener conto anche del viaggio che il corriere compie per trasportare l’articolo. Distanze lunghissime, che vanno da un paese all’altro, generando emissioni di CO2 che superano la nostra immaginazione. L’alternativa è venderli a prezzi stracciati nei discount, ma è la scelta meno gettonata, per via della prevedibile perdita economica.



Neanche a dirlo, la situazione è peggiorata con l’arrivo del Covid19. Con i negozi fisici chiusi, quante volte ci  è capitato di fare shopping online? La noia e la voglia di uscire sono stati input che ci hanno spinto a passare le nostre giornate negli e-commerce, valutando questo o quel maglione. Le giornate che sembravano infinite ricevevano una svolta quando il corriere suonava il campanello. Aprivi il pacco e poi ti rendevi conto che l’oggetto non lo volevi più oppure non era come te lo aspettavi. Perciò il reso era l’unica via d’uscita per evitare lo spreco. Di denaro però, perché quello ambientale è già in atto.

Dipende anche (e soprattutto) da noi

Ovviamente la situazione cambia se l’e-commerce vende prodotti di lusso o economici. Per quando riguarda il settore del luxury, le aziende non sono inclini a mettere in vendita oggetti “usati” a prezzo scontato. I brand che vendono prodotti economici invece si trovano molto spesso a gettare l’oggetto nella spazzatura, proprio perché il suo costo di realizzazione è così basso che non merita di essere recuperato.

Ciò che dovrebbe far riflettere è proprio il valore che viene dato agli oggetti. Da anni parliamo di riciclo, upcycling, vintage e di cura della composizione del prodotto. Molte parole sono state spese per ribadire la cura che dobbiamo avere dell’ambiente. Gli anni passano ma la sensazione è che il messaggio non sia stato compreso, perciò acquistiamo senza riflettere sull’uso che potrebbe avere l’oggetto e le aziende non si impegnano a mantenere le promesse fatte. Come se il greenwashing caratterizzasse non soltanto i colossi, ma anche noi che promettiamo minor consumi e poi ci ritroviamo a fare acquisti compulsivi alle due di notte.

Le applicazioni che rivendono gli articoli usati ci sono, come potrebbero essere prese in considerazione anche altre vie, come ad esempio regalare oppure vendere l’oggetto che non desideriamo più. La famosa piattaforma di shopping online ASOS, ha stilato sei utili consigli su come evitare lo spreco una volta che effettuiamo un reso dei nostri acquisti online, dimostrando che l’azienda non getta i capi nella discarica, riuscendo così a vendere circa il 97% degli acquisti resi. Prendersi cura degli oggetti che acquistiamo è un gesto di responsabilità e di rispetto verso l’ambiente e le ore di lavoro che si celano dietro qualsiasi capo.

Giulia Poggiali

 

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