La bozza inedita di Valerio Rossi Albertini: l’intervista

Il celebre fisico italiano ci ha concesso un’intervista in esclusiva  sulla bozza del suo ultimo libro: un viaggio nel mondo affascinante della biomimesi. Andiamo a conoscere meglio l’autore e la sua opera in corso.

Valerio Rossi Albertini (-Tiranni) è un fisico nucleare italiano, primo ricercatore al CNR, nonché suo responsabile per il laboratorio di spettroscopia di raggi X dell’area di ricerca di Tor Vergata e docente incaricato di chimica e fisica dei materiali alla Sapienza di Roma.
Autore di oltre 120 articoli scientifici pubblicati su riviste internazionali, svolge anche attività di divulgazione in vari programmi delle reti nazionali ed è consulente scientifico della trasmissione Unomattina (Rai1).
Nel 2010 è stato incluso nel “Who’s who in the world”, prontuario delle personalità più rappresentative nei rispettivi campi d’attività.

Valerio Rossi Albertini ha scritto due libri, “Il futuro dell’energia”, con Mario Tozzi (2011, Edizioni Ambiente) e “Perché il touchscreen non soffre il solletico?”, con Federico Taddia, un libro per guidare i bimbi alla scoperta della scienza (2014, Editoriale Scienza).

Raccontaci di questo tuo ultimo lavoro in corso.

Il libro è in bozza già da qualche anno: il suo assetto finale prevede 15 capitoli, contro i 6 realizzati finora. Il tema è una scienza consolidatasi circa una decina di anni fa: la biomimesi, una disciplina che imita le soluzioni trovate in natura da piante ed animali, al fine di riprodurle nella tecnologia.
Il laboratorio naturale ha, infatti, molte riserve da cui si può attingere per risolvere molteplici problemi. Animali e piante hanno affrontato molte sfide nel corso della loro evoluzione per sopravvivere: la selezione della specie porta solo l’essere più adatto all’ambiente ad andare avanti nel processo. Per risolvere le nostre esigenze, per affrontare il nostro adattamento, abbiamo avuto solo qualche centinaio d’anni fino ad ora, mentre loro affrontano problematiche similari da centinaia di milioni di anni. Possiamo infatti attingere ad un intero patrimonio di soluzioni dalla natura e dalle varie specie viventi, che hanno avuto un laboratorio grande come il mondo. Soluzioni a cui uno scienziato arriverebbe solo dopo decine di laboratori e durante un orizzonte temporale di 40-50 anni.
Sono molteplici le scoperte che non sono altro che imitazioni di soluzioni già adottate alla natura.

Mi faresti qualche esempio pratico?

Esempi immediati sono il radar ed il sonar, che condividono la stessa tecnica per individuare gli oggetti: lanciano un impulso, acustico nel caso del sonar, elettromagnetico per il radar e calcolano la distanza in base al tempo di ritorno dell’eco. Un sistema analogo al sonar è sfruttato in natura dal pipistrello, che esplora lo spazio di volo ascoltando l’eco dei suoi squittii, potendo così cacciare gli insetti nel buio più fitto.

Altro esempio è il velcro, palesemente imitato dalla natura. Il velcro nasce da un ingegnere svizzero che, ai primi del ‘900, di ritorno dalla sua solita passeggiata nel bosco con il cane, nota dei semini attaccati al pelo dell’animale e alle proprie calze. Il seme aveva dei piccoli ganci che lo facevano impigliare a pelo e lana. Decise di riprodurne il meccanismo per fornire una chiusura alternativa alla lampo che, a fine ‘800, aveva maggiori svantaggi rispetto alla forma attuale. Nelle missioni spaziali si usa il velcro per le tute: una riproduzione che ha fatto la differenza.

Oltretutto, si è da poco scoperto che alcune formiche amazzoniche utilizzano le stesso sistema per catturare le loro prede: vivono su una pianta e ne scacciano i parassiti, in simbiosi con essa. Le foglie della pianta sono lisce nella parte superiore, ma pelose in quella inferiore. Le formiche hanno sviluppato un sistema per aggrapparsi a questa pagina vellutata con uncini molto fini nelle zampe, proprio come il velcro.

Altro esempio che riporto nella bozza è quello della vernice delle auto: composta da vari strati, uno separato dall’altro, producono un’interferenza nella luce riflessa, che conferisce una iridescenza analoga a quella di un maggiolino.

Perché hai deciso di occuparti di questo tema?

Perché credo che sia molto affascinante che le innovazioni della scienza moderna possano ispirarsi direttamente alla natura, rintracciandovi le proprie origini: d’altronde la scienza non è che la nipote della natura.

Quando i ricercatori cercano delle soluzioni, non tengono in considerazione che molte sono già state sperimentate in natura. Certi insetti e piante hanno delle capacità di adattamento insospettabili e incredibili e molte sono state scoperte casualmente.

Un capitolo dell’attuale bozza si occupa proprio di questo parallelo: l’evoluzione darwiniana, dovuta, oltre che alla mescolanza dei geni di padre e madre, anche ad errori casuali che generano mutazioni nella prole. Se favorevoli, possono essere trasmesse alla discendenza, migliorando la capacità di adattamento della specie. Per fronteggiare nuove sfide, dovremmo prendere spunto da questa flessibilità.

Faccio un esempio pratico: se ti chiedessi di trovare il punto più alto di un monte, come faresti? Il metodo più semplice sarebbe di incamminarsi lungo la linea di massima pendenza. Nel punto in cui, dopo essere salita, cominciassi a scendere, quella sarebbe la vetta. Se però la superficie del monte non fosse liscia, ma accidentata? Il metodo non sarebbe più applicabile, perché non si farebbe altro che salire , scendere per poi risalire di nuovo… Dove l’algoritmo tradizionale sarebbe incapace di trovare la soluzione, gli algoritmi genetici, basati su varianti (“mutazioni”) del percorso, arrivano rapidamente al risultato.

Qualche altra curiosità?

Mi hanno sempre colpito le radici d’erba così intricate: se guardate da vicino ricordano la rete internet. Ho subito pensato che dovesse esserci una convergenza evolutiva. Quando mi sono documentato, ho scoperto che già qualcun altro ci aveva riflettuto: la somiglianza è tale perché entrambe soddisfano la stessa richiesta. Internet nasce durante la Guerra Fredda negli USA, per evitare che un possibile attacco sovietico isolasse il Pentagono dai comandi periferici. Se la comunicazione fosse stata affidata ad un singolo cavo, recidendolo si sarebbe ottenuto lo scopo. Ma se il cavo si sostituisce con una fitta rete, non è più possibile interrompere la comunicazione recidendo qualche maglia. Cosa analoga per l’erba: Le radici, nel caso di attacco di un predatore come una talpa, sono concepite in modo che il cespo non possa essere isolato da tutte le radici, riuscendo quindi a sopravvivere benché danneggiato.

Quando credi verrà pubblicato?

Alcuni capitoli della bozza sono ancora in embrione. Sto ancora valutando con l’editore i casi da inserire. Per non parlare della grossa difficoltà in cui mi sono imbattuto, ossia la mancanza di materiale fotografico. Non è facile trovare certi animali e le foto che saranno pubblicate non possono essere coperte da copywright. Probabilmente farò preparare tutto da un disegnatore.

A chi è rivolto il libro?

Il libro è rivolto ai ragazzi, ma anche agli adulti. Di certo non ai bambini.
Di loro mi sono occupato già recentemente con un altro libro.

Teniamo sempre conto che è ancora tutto in fase di progettazione…La definisco ancora una bozza per tale motivo. La mia idea era quella di indicare i capitoli con colori diversi e mostrare così in maniera più semplice, a chi siano destinati.
La gestazione è durata diversi anni e ritengo che i 15 capitoli che ne sono usciti siano i più interessanti. Credo lo saranno anche per il pubblico, di qualsiasi fascia.

Valerio Rossi Albertini – Wikipedia




Biomimesi – la scienza che ruba idee alla natura

 

Isabella Rosa Pivot

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