La Corte Suprema americana potrebbe polverizzare il diritto all’aborto in 23 Stati. È quanto emerge da una bozza circolata nelle scorse settimane, resa nota in esclusiva da Politico. Se così fosse, tra la fine di giugno e l’inizio di luglio, la storica sentenza Roe v. Wade del 1973 verrebbe clamorosamente revocata, impedendo a quasi metà della popolazione femminile statunitense di scegliere l’interruzione di gravidanza per vie legali.
La bozza, tra Stati blu e rossi
È stato il giudice conservatore Samuel Alito a dichiarare guerra alla Roe v. Wade. Nella bozza si legge che «è ora di dare ascolto alla Costituzione e restituire la questione dell’aborto ai rappresentanti eletti del popolo». Un attacco diretto alla sentenza che, da cinquant’anni e nonostante le frequenti polemiche, garantisce costituzionalmente, in base al quattordicesimo emendamento, la possibilità di interrompere la gravidanza fino alle 23 settimane di vita del feto.
Di fatto, rimettendo ai singoli Stati il diritto di pronunciarsi sul tema dell’aborto ed eliminando la larga protezione della Roe v. Wade, diventa ancora più netta la linea – spiccatamente politica – tra Paesi blu (democratici) e rossi (repubblicani). I primi sono notoriamente “Pro Choice”, ossia a favore della libertà di scelta individuale, California in testa, rifugio per le donne americane grazie a un esteso sistema di aiuti; i secondi, circa 23, sono invece “Pro life”, paladini della contraccezione e contrari all’aborto in ogni sua forma. Tra questi spicca il Mississipi, dove vige una regolamentazione granitica in materia. Ed è proprio al Mississipi che Alito guarda come modello di riferimento.
Se la proposta dovesse passare, l’America diventerebbe uno dei luoghi con la legislazione più severa al mondo sul tema, dopo la Polonia, in controtendenza rispetto alla maggior parte dei Paesi che in tempi vicini hanno adottato politiche più aperte. Tra i fattori scatenanti di una posizione tanto dura, d’altra parte, non può essere ignorato il peso del mandato dell’ex Presidente Donald Trump, che ha determinato l’elezione di tre giudici conservatori al tavolo della Corte Suprema, cambiandone il volto.
Preparativi e conseguenze
La bozza, dunque, estremizza la polarizzazione già presente negli Stati Uniti e prepara il terreno a una serie di rivolgimenti. Così, mentre i Paesi democratici, come il Colorado (oltre al già citato “Golden State”), reagiscono ampliando gli interventi a tutela delle donne che cercano un porto sicuro per abortire, prevedendo un flusso in arrivo dagli Stati conservatori, questi ultimi si apprestano a un ultimo giro di vite. Il Texas, tra gli altri, attende la decisione finale della Corte Suprema per bandire definitivamente la libertà di scelta sull’argomento, come già disposto da una legge “trigger” del 2021, vale a dire preconfezionata e pronta a entrare in vigore.
La partita dei conservatori si gioca nell’indifferenza nei confronti degli studi recenti, che dimostrano gli effetti deleteri – fisici, psicologici, economici e sociali – delle gravidanze indesiderate. A risentirne sarebbe, in particolar modo, la popolazione femminile appartenente alle fasce più disagiate, con un picco nelle minoranze etniche.
Negli Stati Uniti, il tasso di mortalità infantile è alto rispetto ad altri Paesi di pari sviluppo. E ad abortire sono, nella maggioranza dei casi, donne con poche risorse, per le quali l’annullamento della Roe v. Wade avrebbe conseguenze disastrose. I costi di un viaggio – senza contare le restrizioni – verso una meta accogliente per interrompere la gravidanza non sono sostenibili per tutte, con ripercussioni evidenti sul divario preesistente tra ricchi e poveri.
Mentre l’allarme è massimo, i cortei di protesta scendono in strada. Sperano di fermare una bozza che pare voler tingere la bandiera a stelle e strisce con i colori dell’ineguaglianza.