La barbarie della guerra di Troia: le gesta più turpi degli eroi

La barbarie della guerra di Troia

Quando pensiamo al conflitto tra Greci e Troiani, ci vengono in mente gesta di grande eroismo e incredibili astuzie. Tuttavia, questo scontro tra popoli divenuto leggendario nasconde un lato oscuro. Ne parleremo in questo articolo, in cui si racconta proprio la barbarie della guerra di Troia.

Altro che eroismo, altro che bellezza morale di uno scontro tra pari: si devono ancora vedere gli umani che una guerra elevi sul piano morale. Certo, uno scontro può essere corretto, può costituire una forma di riconoscimento reciproco. Nell’Iliade, per esempio, è il caso del duello tra il principe troiano Ettore e l’acheo Aiace Telamonio. Questo scontro, però, costituisce più l’eccezione che la regola, e gli antichi lo sapevano bene. Non a caso, esiste una messe piuttosto ricca di episodi variegati per natura che raccontano la barbarie della guerra di Troia.



La barbarie della guerra di Troia: lo scempio dei corpi dei nemici

Se di guerra si tratta, quantomeno nel mondo antico, c’è poco da fare: vince chi stermina più nemici. Non è faccenda per i deboli di cuore, né per chi si fa prendere dagli scrupoli una volta giunti al dunque. Tuttavia, è pur sempre un gioco con delle regole ben precise. Tra queste, ce n’è una che, almeno sulla carta, sarebbe sacra: non infierire. Ossia, una volta abbattuto il nemico, si può senz’altro spogliarlo delle armi e dell’armatura, che spesso valgono molto. Fatto questo, però, bisognerebbe lasciare integro il cadavere: durante apposite tregue, i compagni lo recupereranno per dargli degna sepoltura. Così dovrebbe andare, in teoria. In pratica, però, la barbarie della guerra di Troia è testimoniata da svariati racconti di efferatezze compiute sui cadaveri.

Stando all’Iliade e ad altri racconti paralleli, è un vizio soprattutto acheo. Ad abbandonarvisi spesso è volentieri era Aiace di Locride, il più brutale e detestabile tra i combattenti greci. Qualche esempio? Quando Ettore uccide in duello il greco Anfimaco, vendicando il troiano Imbrio appena ucciso da Teucro, Aiace s’intromette con un gesto orrendo. Si abbassa sul cadavere ancora caldo di Imbrio, lo decapita con la spada e calcia la testa ai piedi di Ettore in segno di disprezzo. Qualcosa di ancora peggiore fa con la testa di Ilioneo, ucciso da Peneleo. Aiace la raccoglie, infatti, la impala su una picca e la posiziona sotto le mura di Troia, perché tutti possano vederla.

Del resto, nemmeno Achille si astiene da gesti del genere. Si abbandona a un atto di necrofilia sul cadavere di Pentesilea, la regina delle Amazzoni, appena dopo averla uccisa. A discolpa dell’eroe, però, va detto che questo forse fu il volere del fato, a causa di una maledizione che gravava sulla donna. Al contrario, deliberato e feroce è il trattamento che Achille riserva al cadavere di Ettore dopo averlo sconfitto in battaglia. Mentre gli altri Greci lo colpiscono e lo trafiggono, Achille fora i talloni di Ettore, li lega con la cintura che gli aveva donato Aiace. Poi lo lega dietro il proprio carro e lo trascina intorno in mezzo alla piana affinché il popolo troiano possa vedere Ettore morto e oltraggiato.

Le violenze carnali

La barbarie della guerra di Troia trova espressione, però, anche nel racconto di diversi episodi di violenza carnale. Particolarmente inauditi per il sentimento religioso dell’epoca erano gli stupri compiuti all’interno dei templi o ai danni di sacerdotesse. Queste ultime, infatti, erano ritenute compagne delle dee e spose degli dei, dunque inviolabili. Gli altari, del resto, in quanto spazi consacrati non dovevano essere contaminati dallo spargimento di sangue o da gesti di violenza. Proprio per questo, chi rischiava di essere ucciso poteva rifugiarvisi e invocare il rispetto della legge divina.

In diversi casi, gli Achei non si fecero scrupolo di ignorare questa norma, finendo peraltro per pagare cara la loro empietà. Si può ricordare, per esempio, il rapimento di Criseide, figlia del sacerdote di Apollo Crise e a sua volta cara al dio. La sua mancata restituzione al padre e gli insulti a quest’ultimo da parte di Agamennone costarono all’esercito acheo lo scoppio di una terribile pestilenza. Ancora più evidente, del resto, è lo stupro di Cassandra, sacerdotessa di Apollo, ad opera di Aiace d’Oileo. Costui addirittura avrebbe strappato la donna dalla statua di Atena, nel cui tempio si era rifugiata, violentandola prima ancora di uscire dalla cella sacra. Un gesto che, scatenando l’ira della dea, dopo non molto tempo ad Aiace costò la vita.

La barbarie della guerra di Troia: uccidere un vecchio con un bambino

La la barbarie della guerra di Troia, lo abbiamo visto, non risparmia né i morti né le donne. Ma c’è una scena nel racconto di questo conflitto che penso riesca a superare i vertici dell’orrore immaginabile. Si tratta di una delle versioni della morte di re Priamo e di suo nipote, Astianatte/Scamandrio, il primogenito di Ettore.

La morte di Priamo e Astianatte non si trova nell’Iliade, ma nelle Troiane di Euripide e nell’Eneide di Virgilio. Qui, il vecchio finisce trafitto da Pirro, figlio di Achille, mentre si trova con le donne presso un altare sacro. Il bambino, invece, viene scaraventato giù dalle mura di troia dallo stesso Pirro su consiglio di Ulisse, affinché la stirpe reale troiana si interrompa.

Esistono però alcune raffigurazioni pittoriche su vasi del VI-V secolo a.C. (al Louvre e al British Museum, per esempio) che attestano una versione più terrificante. In esse, Pirro è ritratto mentre uccide Priamo percuotendolo a morte con il cadavere di Astianatte, usando il bambino morto come una clava.

Tanto dovrebbe bastare a chiedere a chi considera la guerra come “fisiologica”, se non proprio la “sola igiene del mondo”, di che diavolo stia parlando.

Valeria Meazza

 

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