L’università delle Nazioni Unite a Bologna: possibilità e rischio

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Nasce l’università delle Nazioni Unite a Bologna: l’istituto, che sorgerà nel quartiere del Tecnopolo, al posto dell’ ex Manifattura Tabacchi in via Stalingrado, è orientato alla ricerca su Big data e Intelligenza artificiale per la gestione del cambiamento dell’habitat umano. La costruzione di questo istituto è sicuramente un passo avanti per la ricerca, ma se aggravasse il fenomeno di gentrification?

La presentazione del progetto

In questi giorni nel capoluogo emiliano si sta tenendo un workshop che, oltre a coinvolgere le realtà istituzionali che partecipano al finanziamento dell’università delle Nazioni Unite a Bologna,  ha visto l’ adesione anche di esperti  provenienti da tutto il mondo. Lo scopo?  Confrontarsi sugli obiettivi le  priorità e le ricerche da intraprendere  nel nuovo Istituto.

Nella giornata di ieri, 12 giugno,  in conferenza stampa, è arrivata la presentazione ufficiale del progetto: ad illustrare la dichiarazione congiunta e spiegare il progetto sono intervenuti  Tshilidzi Marwala, rettore dell’Università delle Nazioni Unite, Anna Maria Bernini, ministra dell’Università e della ricerca, Stefano Bonaccini, presidente della Regione Emilia-Romagna e Giovanni Molari, rettore dell’Università di Bologna. Erano presenti anche Matteo Lepore, sindaco di Bologna e gli assessori regionali allo Sviluppo economico e green economy, lavoro, formazione e relazioni internazionali Vincenzo Colla e a Scuola, università, ricerca, agenda digitale, Paola Salomoni. La sottosegretaria di Stato al Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione Internazionali, Maria Tripodi, è intervenuta tramite un videomessaggio.

Gli ambiti di studio e le modalità di ricerca dell’università delle Nazioni Unite a Bologna

Come emerge dallo stesso documento della dichiarazione, l’istituto, che aprirà entro il 2024, si concentrerà principalmente su tre macroaree di ricerca. la prima di queste aree riguarda lo studio dei cambiamenti dell’habitat umano indotti dalla crisi climatica, con una particolare enfasi sulle problematiche che questa crisi genera nel Sud del mondo. La seconda  riguarda la complessa sfera di trasformazioni sociali, economiche e culturali che si osservano come conseguenza di fenomeni come le grandi migrazioni interne e internazionali o il processo di urbanizzazione. La terza è la macroarea di studi utili ad inquadrare le sfide e le opportunità sociali ed economiche generate dall’innovazione tecnologica, che rivestirà un ruolo importante anche nello studio delle prime due macroaree, che verranno indagate con il prezioso ausilio di supercalcolo, Big data ed intelligenza artificiale.

Tali aree di interesse risultano perfettamente in linea con gli obiettivi dell’Agenda Onu 2030 per lo sviluppo sostenibile. In particolare l’Università delle Nazioni Unite a Bologna, in quanto primo istituto ONU in area mediterranea, assumerà un ruolo centrale nello studio di questo sistema ambientale unico a livello globale per le sue caratteristiche geografiche, il suo ambiente naturale, le sue società e le sue culture.

Perché proprio a Bologna?

La scelta del capoluogo emiliano per l’inaugurazione del primo Istituto Onu in Europa non è arbitraria. Ad attivarsi per la realizzazione di questo istituto è stata proprio la  Regione Emilia-Romagna, che, nel dicembre 2020,  insieme al Ministero degli Affari Esteri, portò avanti questa idea. La  proposta fu poi accolta e ratificata a fine 2022 nel contesto della 78esima seduta dal Consiglio dell’Università delle Nazioni Unite. La comunicazione ufficiale della ratifica da parte dell’allora rettore UNU, David M. Malone, arrivò poi  tramite una lettera indirizzata al presidente Bonaccini .

Come emerge sempre nella dichiarazione congiunta di tutte le realità istituzionali coinvolte, la scelta di Bologna come città  che accoglierà l’università è «voluta e strategica: il fiorente ecosistema di innovazione della regione, l’accesso a ricercatori illustri, strutture di supercalcolo e infrastrutture cloud offrono un ambiente ideale per il funzionamento dell’Istituto; sinergie dinamiche con le istituzioni locali, i partner del settore e la comunità amplificheranno l’impatto e l’influenza dell’Istituto»

Il riferimento del documento, quando definisce l’Emilia-Romagna come un «fiorente ecosistema d’innovazione», è sicuramente rivolto alla rete di 11  tecnopoli presenti sul territorio regionale. Ma cosa sono i “tecnopoli”? Si tratta di strutture o reti di strutture che «ospitano e organizzano attività e servizi specializzati a supporto dell’innovazione delle imprese, delle persone e del territori».  In particolare il tecnopolo di Bologna, che si estende a ridosso del quartiere Bolognina, si distingue per la presenza del Data Center del Centro Meteo Europeo per le previsioni a medio termine e del supercomputer europeo Leonardo, uno dei primi 4 al mondo per potenza di calcolo.

Chi finanzia l’università delle Nazioni Unite a Bologna

Il finanziamento dell’istituto è stata garantito dal Governo e dalla Regione. In particolare, il Governo italiano si è adoperato per stanziare, a seguito della ratifica parlamentare dell’Accordo per la sede ospitante, 40 milioni di dollari per il Fondo di dotazione UNU. Questo assicurerà la sostenibilità a lungo termine dell’Istituto e faciliterà iniziative future. Inoltre, durante il primo decennio di attività dell’istituto, sarà versato, in maniera congiunta tra Governo e Regione, un contributo annuo di 2,5 milioni di euro. Infine, la Regione ha già stanziato ben 5 milioni di euro, necessari per l’avvio della struttura e per il triennio 2023 – 2025, insieme a 6 milioni che si aggiungono ai 40 milioni stanziati dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale per realizzare il complesso dell’edificio dell’Università ONU che è attualmente in costruzione sul sito dell’ex Manifattura Tabacchi, proprio all’interno del quartiere del Tecnopolo.

Come dichiarato dal sindaco di Bologna, Matteo Lepore, questo ampio finanziamento è possibile grazie ai fondi del PNRR. Nella stessa intervista il sindaco del capoluogo emiliano ha dichiarato che questi fondi dovrebbero essere stanziati in futuro anche per la creazione di residenze universitarie, che ospiteranno gli studenti dell’istituto ONU.

Gentrification e posti letto: un appunto critico

Purtroppo, in tempi recenti, Bologna non si è distinta soltanto per il «fiorente ecosistema d’innovazione» di cui dispone, ma anche per l’avanzamento di una piaga che coinvolge molte città italiane negli ultimi anni: la “gentrification”. Il fenomeno di “gentrification”, definibile in maniera riassuntiva come la «produzione di spazio urbano per utenti progressivamente più ricchi», consiste nell’insieme di politiche urbane volte a controllare le aree considerate “degradate” di una città. Alla cosiddetta “riqualificazione” di queste aree, che di solito corrispondono a quartieri periferici delle città (spesso ex-quartieri operai), corrisponde un aumento del prezzo degli affitti e della vita nel quartiere in generale. In questo modo, le fasce di popolazione più povere vengono di fatto escluse da queste aree e sono costrette a spostarsi sempre più fuori dal perimetro cittadino. Negli ultimi tempi, il fenomeno sta venendo particolarmente a galla anche a causa all’ulteriore aumento dei prezzi generato dal caro affitti e del caro vita connessi alla recente crisi pandemica e alla guerra in Ucraina, che sta aumentando l’impoverimento delle classi meno abbienti.

In particolare, negli ultimi mesi in Italia c’è stata un’ ondata di proteste studentesche che si sono scagliate contro i prezzi insostenibili degli affitti nelle maggiori città universitarie d’Italia. Bologna non fa eccezione, infatti, sono anni che nel capoluogo emiliano gli studenti non trovano posti letti a prezzi accessibili a causa della gentrification e della svendita di edifici pubblici ad investitori privati che ne fanno costosissime residenze studentesche di lusso. Il fenomeno della gentrification su questo territorio ha interessato in particolar modo l’ex quartiere operaio della Bolognina . La nascita del Tecnopolo in questa zona, per quanto questo istituto di ricerca possa essere ritenuto prezioso, rappresenta sicuramente uno dei passaggi chiave di questo processo. L’arrivo dell’Università delle Nazioni Unite, proprio a ridosso di questo quartiere, appare quindi come un ulteriore passo in questa direzione; particolarmente se si nota che, parlando di questo progetto, il sindaco Matteo Lepore a usato proprio la parola “riqualificazione”. Bisogna certo considerare che il sindaco ha fatto anche riferimento ad un investimento di fondi del PNRR per la creazione di residenze universitarie nel quartiere. Tuttavia, questa appare come una magra consolazione se si considera che questi stessi fondi sono già finiti più volte proprio nelle tasche di imprese private come Camplus, che offrono posti letti a prezzi a dir poco da capogiro.

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