Morire dal ridere: l’umorismo e la dittatura sovietica

l'umorismo e la dittatura

La caratteristica principale dell’umorismo è il suo saper mostrare, all’improvviso, una nuova prospettiva sul mondo. Quando si vive in una società dove il controllo sulla vita dei cittadini è portato ai massimi livelli, come nel caso dei totalitarismi, lo scherzo viene perciò guardato con sospetto: la sua natura sovversiva lo rende inviso al potere, con conseguenze spesso pericolose per chi lo racconta.

Un caso di particolare interesse è stato quello sull’umorismo e la dittatura nell’URSS, dove nei decenni si formò un nutrito repertorio di barzellette a sfondo politico a dispetto di repressioni e propaganda.

L’umorismo come forma di difesa

Il totalitarismo è una forma di governo in cui le istituzioni statali cercano di esercitare un’influenza su ogni aspetto della vita delle persone, compreso il pensiero, attraverso una propaganda capillare, la repressione di massa e la mobilitazione dell’intera società. In questo contesto, l’umorismo diventa una forma di sopravvivenza, un modo per le persone di difendersi contro i meccanismi di prevaricazione del governo e contro l’ideologia dominante, mantenendo così la propria individualità e uno spazio di pensiero indipendente. Scherzare in queste situazioni, però, non è privo di rischi, come insegnano le esperienze del secolo scorso. Soprattutto per quanto riguarda lo stalinismo, infatti, furono numerosi i casi di persone arrestate in seguito a una denuncia per aver raccontato una barzelletta politica. Non che questo riuscisse ad arginare il problema: nei vari periodi della storia sovietica, le battute a sfondo politico erano estremamente diffuse, tanto da andare a formare negli anni un vero e proprio corpus che mostra il rapporto tra l’umorismo e la dittatura.

Il Grande Terrore

Gli anni Trenta in Unione Sovietica furono caratterizzati dalle purghe staliniane e dal terrore di massa, che raggiunse il suo apice nel biennio ‘37-’38. Gli arresti avvenivano sulla base di denunce, ma anche per raggiungere le quote di “nemici della Rivoluzione” che dovevano essere arrestati in ogni città, la cui quantità era a volte stabilita dallo stesso Stalin, e nessuno era al sicuro dall’arresto o dalla deportazione. In un clima di repressione violenta di qualsiasi forma di dissenso, scherzare spesso aveva conseguenze molto serie: le barzellette politiche potevano essere considerate attività controrivoluzionarie ed essere perciò punite secondo l’articolo 58 del Codice Penale sovietico, che prevedeva lunghe condanne, ma anche la pena di morte, per che era giudicato colpevole.

Un giudice esce ridendo dalla sala del tribunale. Gli chiedono perché, e lui risponde che ha sentito una barzelletta divertente.

Raccontala!

Non posso: quello da cui l’ho sentita l’ho appena condannato a dieci anni.

In una società dove la tutela della propria incolumità fisica era di fatto impossibile e dove le persone vivevano in un perenne stato di tensione, l’umorismo divenne un meccanismo di autodifesa che metteva in luce l’assurdità della vita quotidiana, rendendola così più sopportabile: è forse per questo che, nonostante i rischi, le barzellette a sfondo politico erano diffuse e venivano raccontate nelle cerchie di amicizia più ristrette e fidate.

Gli anni post-staliniani

Con la salita al potere di Chruščëv, si assistette a un processo di de-stalinizzazione dell’URSS, con la fine degli arresti di massa e un’iniziale indebolimento della censura. Questa fase, il Disgelo, terminò bruscamente all’indomani della crisi di Cuba del 1962: nel periodo successivo si tornò a una chiusura della società sovietica, che perdurò anche durante la stagnazione brežneviana che seguì.

In questi anni, le barzellette politiche restarono un’importante forma di dissidenza, anche se il rapporto tra l’umorismo e la dittatura si era modificato: non si rischiava più la vita raccontandole, ma lo scherzo continuava a colpire lo scollegamento tra l’onnipresente propaganda statale e la realtà quotidiana sovietica, andando così a rompere l’autocensura – una funzione già sottolineata da Freud – che i cittadini dovevano imporsi nella vita pubblica. Un famoso esempio sono gli anekdoty di Radio Armenia (conosciuta anche come Radio Erevan), delle battute con uno schema fisso in cui gli ascoltatori ponevano una domanda alla radio.

Hanno chiesto a Radio Armenia: «Che cos’è un duo musicale?»

La risposta: «È un quartetto sovietico dopo una tournée all’estero».

Negli anni di Brežnev si sviluppò la tradizione del “mollare barzellette”, ovvero di raccontarle una di fila all’altra durante i ritrovi tra amici, che spesso avvenivano nella minuscola cucina di un bilocale o nell’unica stanza di proprietà in un appartamento in coabitazione: questi luoghi assunsero così una valenza simbolica di vicinanza e intimità, diventando il simbolo di un’intera epoca. La tradizione dell’aneddoto umoristico influenzò anche la letteratura e venne ripresa nelle opere di alcuni scrittori underground di quel periodo, per esempio in quelle di Sergej Dovlatov.

I risvolti più recenti

La tradizione dell’umorismo a sfondo politico non ha avuto fine con il crollo dell’URSS: con l’invasione dell’Ucraina, complice l’uso di internet, in Russia si sono diffusi molti nuovi esempi di dark humour “alla sovietica”. Con la stretta dei controlli del governo sui social media, però, scherzare su certi argomenti nell’era di Putin sta diventando sempre più pericoloso. Come si dice, c’è poco da ridere.

Martina Bassanelli

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