L’ordine dell’assedio totale a Gaza e il silenzio internazionale

Gaza (Palestina), 25 de septiembre (Andes).- Granja de Gaza. Foto: Luis Astudillo C. / Andes

Una decisione senza precedenti del ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant,  solleva domande inquietanti sulla situazione negli scontri tra Israele e la Palestina. Gallant ha emesso un decreto che prevede l’assedio completo a Gaza. Le conseguenze di questa mossa saranno profonde e generano una serie di preoccupazioni a livello umanitario e politico.


Yoav Gallant, ministro della Difesa israeliano

Il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, ha emesso recentemente un decreto che solleva preoccupazioni, suscitando però sorprendentemente una mancanza di condanne da parte della comunità globale. In un annuncio senza precedenti, Gallant ha ordinato “l’assedio completo” della Striscia di Gaza, una zona densamente popolata che ospita circa 2,3 milioni di palestinesi, già provati da condizioni di vita estremamente difficili.

Ho dato istruzioni per l’assedio totale: niente elettricità, niente cibo, niente benzina. Tutto sarà bloccato“, ha dichiarato con fermezza Gallant. È importante sottolineare che tale mossa costituisce una chiara violazione del diritto internazionale umanitario e delle Convenzioni di Ginevra, che vietano di affamare deliberatamente delle popolazioni civili.

Ciò che rende ancor più inquietante questa decisione è l’uso delle parole del ministro per descrivere i residenti della Striscia di Gaza:

“Stiamo combattendo animali umani e ci comporteremo di conseguenza”

Gallant li ha definiti “animali umani”, un termine inaccettabile che non solo calpesta la dignità umana, ma chiarisce le motivazioni dietro le azioni, passate e presenti, di Israele in questa regione. Questa retorica non solo alimenta ulteriormente le tensioni già esistenti, ma rende anche più difficile la ricerca di una soluzione pacifica agli scontri.

In aggiunta, Israele ha annunciato il ripristino del controllo su tutte le cittadine lungo il confine con Gaza. Il portavoce dell’esercito, Daniel Hagari, ha riferito che gli scontri tra le forze israeliane e i miliziani di Hamas si sono verificati in modo “isolato”. Tuttavia, è stato confermato che 13 miliziani sono stati uccisi in diverse località, mentre l’esercito israeliano ha avviato un ampio processo di reclutamento dei riservisti.

La situazione riflette una crescente intensificazione delle ostilità tra Israele e Hamas. L’esercito israeliano sta conducendo attacchi su larga scala contro obiettivi chiave di Hamas nella Striscia di Gaza. Nel frattempo, ci sono state segnalazioni di razzi lanciati dalla Striscia verso il centro di Israele, contribuendo ad aumentare ulteriormente il livello di tensione nella regione.

È essenziale, però, mantenere una prospettiva equilibrata su questa situazione. La mancanza di condanne internazionali al decreto di Gallant è certamente motivo di preoccupazione, che può essere interpretata come un appoggio generalizzato alle azioni intraprese. È importante continuare a sollevare preoccupazioni legittime riguardo alle azioni e alla retorica utilizzata e cercare una soluzione pacifica per questo conflitto duraturo.

La deumanizzazione di un intero popolo è inaccettabile e non favorisce la ricerca di una pace stabile. Mentre si condannano, giustamente,  le azioni di Hamas, è altrettanto cruciale riconoscere il diritto dei palestinesi a vivere senza paura sotto un cielo di pace. La questione della Palestina è complessa e richiede un approccio che tenga conto delle sfumature politiche, sociali e umanitarie coinvolte.

Nel frattempo, i media internazionali devono impegnarsi a presentare una narrazione equa e imparziale, evitando di contribuire alla demonizzazione di qualsiasi parte o di alimentare ulteriormente il conflitto, perché se nei resoconti delle vittime, i media utilizzano l’espressione “israeliani uccisi” e “palestinesi morti”, dando l’impressione che le morti siano avvenute in modo casuale e senza responsabilità, emerge una problematica che evidenzia un’evidente contraddizione e suggerisce che ci sia ancora molto da affrontare nell’ambito dell’ipocrisia e delle questioni irrisolte.

Solo attraverso il dialogo, il rispetto dei diritti umani e una visione inclusiva del futuro si potrà sperare di avanzare verso una soluzione duratura per questa regione tormentata da decenni di conflitti.

Andrea Umbrello
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