Giovedì 3 agosto alla Camera è stata approvata una sospensione di 60 giorni nei confronti della proposta di legge sul salario minimo. Ma lo sfruttamento del lavoro non va in vacanza: l’opposizione di Governo vuole il salario minimo e per averlo raccoglierà le firme dei cittadini.
Con 168 voti favorevoli alla sospensione, la maggioranza del Governo Meloni a Montecitorio ha ottenuto il rinvio della discussione sul salario minimo: non se ne riparlerà prima di 60 giorni (anche se, a causa della necessità di stilare la legge di bilancio per il 2024, il periodo di stop potrà essere ancora più lungo). La destra non si è portata a casa l’abolizione della discussione ma ha sicuramente guadagnato tempo prezioso in merito. Tuttavia l’opposizione di Governo vuole il salario minimo e si mostra straordinariamente compatta, almeno a parole: dal Partito Democratico ad Azione, passando per il Movimento 5 Stelle e l’Alleanza Verdi e Sinistra c’è la volontà di mantenere alta l’attenzione sul tema e di fare pressione sul Parlamento tramite una campagna di raccolta firme nelle prossime settimane.
Il salario minimo nelle piazze e sulle spiagge
Nonostante la ferma opposizione del Governo, la volontà di presentare un progetto di legge sul salario minimo vivrà al di fuori dell’Aula, almeno per il momento. Sarà realizzata una campagna di raccolta firme su scala nazionale per dimostrare quanto effettivamente il tema sia sentito dall’opinione pubblica. Sono già stati allestiti alcuni gazebi (ad opera Pd) in alcune realtà della penisola per raccogliere le adesioni: in alcune località turistiche – in Versilia, a Bari, per esempio – ci sono già. Si auspicano grandi adesioni (anche online, ovviamente) e il fronte di opposizione sembra essersi temporaneamente compattato (sono necessarie 50.000 firme per presentare un disegno di legge in Parlamento, secondo l’articolo 71 della Costituzione). C’è ottimismo.
Alcune uscite infelici durante il dibattito
Dopo lo stop all’erogazione dei sussidi da parte dell’Inps nei confronti di 160.000 nuclei familiari è scoppiato un acceso dibattito intorno alla questione (resa ancora più delicata dal fatto che la comunicazione alle famiglie della sospensione del Rdc è avvenuta tramite sms).
Nel frattempo, non sono mancate dichiarazioni di dubbio gusto da parte di alcuni esponenti politici.
La ministra per il lavoro e le politiche sociali Marina Elvira Calderone, nel ribadire, secondo la linea della maggioranza, che il Reddito di cittadinanza sia stato uno spreco di denaro pubblico (25 miliardi di euro spesi), ha dichiarato che l’unico strumento efficace contro la povertà è il lavoro stesso (inteso come attitudine del singolo a fare la propria parte all’interno della società e del mercato). Tralasciando l’impossibilità concreta (per i motivi più disparati) di alcuni percettori del Rdc a lavorare e ignorando il fatto che non tutto il lavoro offerto sul mercato garantisce “dignità”, Calderone lascia intendere che la volontà del singolo può sopperire alle mancanze dell’intero sistema. Se fosse così, sarebbe davvero troppo facile.
9 euro come salario orario minimo?
Il salario minimo rappresenta un tema spinoso: non si tratta solamente di schierarsi con il “sì” o con il “no”, la questione riguarda soprattutto la costruzione di una proposta di legge seria e coerente con l’intero apparato fiscale italiano. I 9 euro orari sono una bandierina, una semplificazione della questione: il salario orario va fissato senza creare profonde distorsioni nel mercato del lavoro, che potrebbero per esempio disincentivare i datori di lavoro (soprattutto le realtà più piccole e fragili) ad assumere, comportando così più problemi che soluzioni.
In Europa i paesi senza un salario minimo per legge (che adottano quindi un meccanismo di esclusiva contrattazione sindacale) sono pochi: insieme a noi, Austria, Cipro, Danimarca, Finlandia, Svezia.
Ben venga dunque il dibattito su come costruire il salario orario minimo. Una legge, però, è più che mai necessaria.
Luca Oggionni