Da quando i talebani hanno ripreso il potere nell’estate del 2021, le donne afgane hanno visto i loro diritti soppressi, uno dopo l’altro. Il 27 aprile, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si è mostrato deciso nel dire “basta”: l’ONU condanna i talebani per il divieto imposto alle donne di lavorare per le Nazioni Unite in Afghanistan.
Questo “divieto senza precedenti” nei quasi ottant’anni di storia dell’ONU è la goccia che fa traboccare (finalmente) il vaso.
L’ONU condanna i talebani e chiede un’immediata revoca dell’ordine. I quindici stati membri del Consiglio di Sicurezza non hanno avuto alcuna esitazione nel dichiarare colpevole il regime talebano di una terribile repressione dei diritti delle donne. Nel pomeriggio del 27 aprile hanno votato all’unanimità la bozza di testo redatta da Giappone ed Emirati Arabi Uniti riguardo un progetto di risoluzione sull’Afghanistan. Con questo progetto, le Nazioni Unite chiedono una “piena, equa, significativa e sicura partecipazione di donne e ragazze in Afghanistan”.
La riunione del Consiglio era diventata necessaria dopo che, ad inizio aprile, il governo fondamentalista aveva posto un divieto alle donne afghane di lavorare per le missioni umanitarie dell’ONU. Si tratta di una decisione che compromette fortemente l’efficacia delle operazioni umanitarie in un paese che ora più che mai ne ha estremamente bisogno. A New York, il Consiglio ha inoltre sottolineato il ruolo vitale che le donne svolgono in Afghanistan e chiede dunque ai talebani di revocare immediatamente le loro disposizioni. È necessario porre fine una volta per tutte all’estromissione delle donne dalla vita pubblica del paese che il governo porta avanti da quasi due anni.
I talebani non mantengono le promesse, l’ONU come reagirà?
Dovremo aspettare i primi di maggio per sapere quale sarà l’effettivo piano d’azione dell’ONU nei confronti dell’Afghanistan. Antonio Guterres, Segretario generale delle Nazioni Unite, convocherà a Doha un incontro internazionale volto a decidere come trattare con i talebani. L’ONU non vuole ancora abbandonare l’Afghanistan, è suo dovere proteggere i diritti umani e le libertà fondamentali dei cittadini degli Stati membri.
È tuttavia innegabile che quest’ultimo divieto posto dal regime rappresenta una rottura decisiva con la comunità internazionale. Non solo costituisce una violazione del diritto internazionale umanitario, ma viola il principio dell’immunità del personale ONU. Secondo quest’ultimo, le donne afghane erano protette dal diritto internazionale godendo di particolari privilegi e immunità come la libertà negli spostamenti.
Questa stretta sui diritti delle donne, ultima di una lunghissima serie, ha poi messo le Nazioni Unite in una posizione più che difficile. In un comunicato, la missione di assistenza ONU in Afghanistan (UNAMA) ha dichiarato:
“Con questo divieto, le autorità talebane de facto cercano di costringere le Nazioni Unite a fare una scelta spaventosa tra il rimanere e fornire supporto al popolo afghano e il rispettare le norme e i principi che abbiamo il dovere di difendere.”
Per il momento, si è optato per una revisione operativa che finirà il 5 maggio. Il personale delle Nazioni Unite è stato invitato a non presentarsi in ufficio tranne in alcuni critici casi. L’ONU condanna i talebani per aver oltrepassato il limite: la tutela dei diritti delle donne era la condizione posta per poter riprendere gli aiuti umanitari nel paese. Adesso, il futuro delle missioni UNAMA è incerto. Se questa frattura sia sanabile o meno è difficile dirlo allo stato attuale.
Il regime talebano vorrebbe fare a meno delle donne ma la verità è che non se lo può permettere
L’esclusione delle donne dalla vita sociale, economica e politica dell’Afghanistan rischia di innescare un pericoloso effetto domino che i talebani sembrano ignorare. A causa delle recenti disposizioni del regime che hanno vietato alle donne di lavorare per le ONG, numerose attività umanitarie si sono arrestate a causa della carenza di personale. Catherine Russell, direttore generale dell’UNICEF, ha affermato:
“Le donne afghane sono la linfa vitale della nostra risposta umanitaria. Sono altamente qualificate e si trovano in una posizione unica per raggiungere gli afghani più vulnerabili[…] Senza di loro, il disastro umanitario in corso in Afghanistan peggiorerà e altri bambini moriranno.”
Attualmente l’Afghanistan ha raggiunto la cifra record di 28.3 milioni di persone con bisogno di assistenza che si affidano agli aiuti internazionali per sopravvivere. A causa del colpo basso dei talebani l’intera popolazione afghana è ora in grave pericolo. Le autorità talebane de facto non possono negare la crisi umanitaria che il paese sta attraversando né possono permettersi di rinunciare alle operazioni umanitarie. Inoltre, un paese non può pensare di sopravvivere a lungo se metà della popolazione viene esclusa da ogni ambito della società a causa del suo genere. I talebani sceglieranno di mandare il paese nel baratro sulla base di principi immorali ed ingiusti?
In Afghanistan, i diritti fondamentali delle donne vengono violati da due anni
La comunità internazionale non può più restare a guardare, bisogna mettere fine a questo “sessismo istituzionalizzato” e restituire alle donne afghane le loro libertà fondamentali. Prima sono state escluse da scuole superiori ed università, poi è stato reintrodotto l’obbligo dell’hijab (anche se è preferibile il burqa), e negata loro la possibilità di viaggiare. Cosi’ il regime talebano sta erodendo progressivamente i diritti umani delle donne.
A giustificare questa grave violazione dei diritti sarebbe la sharia, la legge sacra islamica che stabilisce una serie di principi etici sulla base dei testi sacri. L’applicazione di tali principi è poi ovviamente tutta una questione di interpretazione. I talebani, l’ala più radicale perlomeno, sono pienamente convinti che il loro operato costituisca una semplice attuazione di ciò che la legge prescrive. Ironico se pensiamo che in arabo “sharia” significa “retta via”. Sopprimere i diritti umani in virtù del sesso sembrerebbe tuttavia quanto di più lontano dalla “retta via”.
Il Consiglio di Sicurezza si è espresso. L’ONU condanna i talebani una volta per tutte. Non si tratta di chiedere delle “concessioni” nei confronti delle donne, si parla di diritti che spettano loro in quanto esseri umani. In quanto Stato membro delle Nazioni Unite dal 1946, l’Afghanistan è tenuto a conformarsi alle decisioni prese e revocare immediatamente il recente e decisivo divieto. Il regime dovrebbe chiedersi: vale la pena rischiare di perdere il sostegno internazionale in nome di principi discriminatori ed antiumanitari? La risposta la scopriremo solo nei prossimi mesi. Nel frattempo, aspettiamo il summit di Doha sperando che la diplomazia possa essere l’arma vincente in questa battaglia per i diritti umani.